Mi piacerebbe indagare la pratica di Ettore Pinelli (Modica, 1984) muovendo da quelle che Calvino definiva le sei proposte per il nuovo millennio: Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molteplicità e Coerenza. Provando ad addentrami nel labirinto della sua poetica – che predilige pittura e disegno come metodi di restituzione dell’idea – e a misurarmi con l’enigma che sempre caratterizza la scoperta dell’altro, avvalendomi di queste poche, sapienti Lezioni. Traslandole dalla letteratura alla pittura. Perché? Che c’entra Calvino con la pittura? Si potrà obiettare. Calvino c’entra con tutto, dico sempre. Perché tutto, la letteratura come la pittura, è spazio, mondo, universo. Tutto, in fondo, appartiene all’unica grande sfera della vita.
Francesca Interlenghi: Invitato dall’Università Harvard a tenere le Charles Eliot Norton Poetry lectures, Calvino rifletteva sul millennio che stava per chiudersi e che aveva visto nascere ed espandersi le lingue moderne dell’Occidente e le letterature che di queste lingue avevano esplorato le possibilità espressive, cognitive e immaginative. Apprestandosi a tenere il ciclo di conferenze raccolte postume nelle Lezioni americane, egli si interrogava sulla sorte della letteratura e del libro nell’era tecnologica cosiddetta industriale. E scriveva: “Nell’universo infinito della letteratura s’aprono sempre altre vie da esplorare”. Mi chiedo se la stessa interrogazione possa essere rivolta oggi alla pittura, medium che sembra essere tornato di gran moda. Se, come per la letteratura, ci siano cose che solo la pittura può dare con i suoi mezzi specifici e che forse ne giustificano il suo essere di nuovo sotto i riflettori della scena artistica contemporanea.
Ettore Pinelli: Mi piace molto l’idea di iniziare la nostra conversazione con questo quesito, e vorrei letteralmente traslarne il contenuto da una disciplina all’altra: “Nell’universo infinito della pittura s’aprono sempre altre vie da esplorare”, ed aggiungerei, “intorno ed attraverso il quadro”, come a volerne ridefinire i confini fisici, ed allo stesso tempo eliminarli. La pittura è un medium con una grande capacità di trasformazione, in grado di tradurre l’immagine in immaginifico, di plasmare lo spazio che la accoglie, trasformandolo in ogni suo aspetto, un mezzo capace di scandagliare con sensibilità ogni aspetto della nostra vita. Forse è per questo potere, versatile ed ancestrale, dalla connotazione che definirei alchemica, difficile da inquadrare e categorizzare, nelle sue infinite declinazioni, che la pittura si è sempre guadagnata un palcoscenico speciale.
Ettore Pinelli, Image denied (diptych) 2021 olio su tela 30x20 cm 30x42 cm 30x62 cm dim. totali, Courtesy Traffic Gallery, Ph. Zoe Rigante
Calvino, sulla Leggerezza: «La mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso; ho cercato di togliere peso ora alle figure umane, ora ai corpi celesti, ora alle città; soprattutto ho cercato di togliere peso alla struttura del racconto e del linguaggio.»
Francesca: La tua ricerca si basa sull’osservazione antropologica degli aspetti relazionali della natura umana quando questa viene condotta al suo limite. Ma l’opacità del mondo, come la definisce Calvino, il limite della natura umana per dirla con le tue parole, è una qualità che si attacca subito alla scrittura – alla pittura allo stesso modo – e che la appesantisce se non si trova il modo di sfuggirle. Ti chiedo allora se il tuo negare l’immagine, se toglierle peso, struttura, se in altri termini lavorare in quella linea sottile che separa astratto da figurativo, possa essere letto come un tentativo di leggerezza alla maniera di Calvino, utile a sfuggire alla lenta pietrificazione del mondo.
Ettore: Quando ho iniziato a negare le immagini che dipingevo, lo facevo in base a un obiettivo ben preciso, ovvero precludere la possibilità di una lettura completa della scena rappresentata, sviando percettivamente il fruitore, attraverso livelli addizionati di colore e geometrie, capaci di catturarne l’attenzione e la curiosità. Come se, negando la possibilità più ravvicinata e rassicurante, ne offrissi in cambio una nuova, interpretabile in autonomia. Non mi ponevo ulteriori obiettivi, né riflessioni. Il tempo e il fluire del lavoro attraverso nuovi tentativi, mi ha restituito altre domande e ho realizzato che tutte le operazioni che compivo sull’immagine, ne alleggerivano il carico strutturale, scaricando di fatto il quadro dal peso della scena. Questa lenta transizione che si compie, capace di smaterializzare l’immagine, restituisce effettivamente un forte senso di leggerezza, una vittoria vera e propria nella battaglia tra forma e contenuto.
Ettore Pinelli, Hands of parliament (image denied twice in payne grey), olio su tela, 80x60 cm, Courtesy l’artista, Ph. Daniele Cascone
Calvino, sulla Rapidità: «Io trovo molto più forte la suggestione dello scarno riassunto, dove tutto è lasciato all’immaginazione e la rapidità della successione dei fatti dà un senso di ineluttabile.»
Francesca: Ripensavo a queste parole quando la mia attenzione si è spostata sui tuoi monocromi: espressione densa e concisa della tua pittura. Una riduzione agli elementi primari del tuo linguaggio, che lascia tutto all’immaginazione. Non lo leggerei come tentativo analitico di una pittura che tende al massimo dell’insignificanza, attraverso l’annullamento di ogni possibile stimolo figurativo o astratto. E nemmeno direi pittura come pura sensibilizzazione cromatica del supporto. Eppure, una sintesi di forma e contenuto che mi ha restituito un senso di ineluttabile, come di qualcosa che doveva essere in quel modo. Mi puoi parlare della genesi e dello sviluppo di questi lavori?
Ettore: Ho lavorato ai miei monocromi con l’intenzione di volerli intitolare “epilogo”, definendoli come la parte conclusiva di una vicenda, o di un racconto. Il mio doveva essere un tentativo di spingermi oltre, nella sottrazione dell’immagine, tale da dare la percezione di un dipinto monocromo ad un primo impatto, ma che ad un’osservazione prolungata e da angolazioni diverse, avrebbe svelato tutta la propria ricchezza costruttiva. Come se fosse l’ultimo lavoro della mia carriera, capace di coniugare alla perfezione figurazione ed astrazione, ad un livello in cui tornare indietro sarebbe stato impossibile.
Ettore Pinelli, Epilogue (how to meet your ghosts) payne grey, 2021, olio su tela, 100x70 cm, Courtesy Traffic Gallery, Ph. Zoe Rigante
Calvino, sull’Esattezza: «L’universo si disfa in una nube di calore, precipita senza scampo in un vortice d’entropia, ma all’interno di questo processo irreversibile possono darsi zone d’ordine, porzioni d’esistente che tendono verso una forma, punti privilegiati da cui sembra di scorgere un disegno, una prospettiva. L’opera letteraria è una di queste minime porzioni in cui l’esistente si cristallizza in una forma, acquista un senso, non fisso, non definitivo, non irrigidito in una immobilità minerale, ma vivente come un organismo.»
Francesca: Indeterminatezza ed esattezza sono i due poli tra cui da sempre oscillano le congetture di tanti scrittori, poeti, filosofi e pensatori. Anche gli artisti, dal canto loro, provano a mettere ordine nel Chaos. Tendono al Kosmos, alla costruzione di un mondo ordinato, imprimendo forme provvisorie agli oggetti, creando segni fluidi. Mi ha sempre affascinato il rapporto tra l’idea di infinito come spazio assoluto e tempo assoluto e la nostra cognizione empirica dello spazio e del tempo. Per questo, vorrei chiederti come raggiungi, nel tuo lavoro, un equilibrio tra la necessità dell’opera d’arte di essere “finita” e le caratteristiche “infinite” del pensiero creativo?
Ettore: È la necessità concreta del fare, o meglio, la volontà che la visione diventi fisica, che interrompa i lunghi tempi di riflessione e di sedimentazione delle idee. Questa, secondo me, è l’unica via perseguibile per raggiungere un equilibrio tra pensiero ed azione. Che l’opera possa considerarsi finita, o meglio, compiuta, lo decreta solo il grado di autonomia che essa raggiunge, ed è semplice da intuire, perché deve coincidere quanto più possibile con l’immagine che abbiamo in mente.
Ettore Pinelli, An eventful session, Taipei (green edge) 2021 olio su tela 130x100 cm, Courtesy Traffic Gallery, Ph. Zoe Rigante
Calvino, sulla visibilità: «Oggi siamo bombardati da una tale quantità di immagini da non saper più distinguere l’esperienza diretta da ciò che ci è passato davanti agli occhi per pochi secondi. La memoria è ricoperta da strati di frantumi di immagini come un deposito di spazzatura, dove è sempre più difficile che una figura tra tante riesca ad acquistare rilievo.»
Francesca: Calvino ci parla del pericolo, che stiamo tutti correndo, di perdere una facoltà umana fondamentale, quella di mettere a fuoco visioni a occhi chiusi, di far scaturire colori e forme dall’allineamento di caratteri alfabetici neri su una pagina bianca, di pensare per immagini. Ti chiedo allora, quale pensi potrà essere il futuro dell’immagine nella civiltà dell’immagine?
Ettore: Vorrei risponderti con una mia immagine ricorrente, che possa far intuire la mia posizione in merito e diventare un invito ad intraprendere un percorso a ritroso: nei giorni in cui tutto sembra più occlusivo, in cui la televisione incalza con notizie terrificanti ed eventi catastrofici, in cui lo smartphone diventa un fardello, e Instagram continua a divulgare i nostri contenuti senza sosta, saturando la mente con immagini invasive, mi ricordo di alzare la testa, osservare il cielo e i movimenti delle nuvole, lasciando che tutto il superfluo possa dissolversi in poco tempo.
Ettore Pinelli, Hands of parliament, Taipei (payne grey), 2021, olio su tela, 200x150 cm, Courtesy l’artista, Ph. Daniele Cascone
Calvino, sulla Molteplicità: «Chi siamo noi, chi è ciascuno di noi se non una combinatoria di esperienze, di informazioni, di letture e di immagini? Noi siamo un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario di oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili.»
Francesca: Fare e disfare l’immagine, in modo quasi ossessivo, è un tratto peculiare del tuo processo creativo. Calvino ci invita, quando scriviamo, a uscire più possibile al di fuori del self, a uscire dalla prospettiva limitata di un io individuale. Ed è come se questa operazione tu la concepissi in riferimento all’immagine, che smette di essere univoca e vive di dualismi, opposizioni, contrapposizioni. Una grammatica che tutto rimescola e riordina in tutti i modi possibili.
Ettore: Credo che tutto ciò abbia a che fare con una mia attitudine, alla scelta ben precisa di non voler chiudere mai il discorso, di far sì che non si esaurisca attraverso una sola opera, rilanciando continuamente la sfida con la stessa immagine, che diventa una sfida con me stesso. Riflessioni, tentativi e ragionamenti sul fare pittura, convergono e si diramano attraverso un ventaglio di possibilità che reputo fondamentali nel mio procedere. Così nascono opere come vasi comunicanti, che attraverso una singola immagine riescono a porre punti interrogativi differenti. Ho realizzato interi progetti a partire da una singola immagine, e ad oggi sono certo che potrei tranquillamente lavorarci ancora, trovando sempre qualcosa di nuovo da dire.
Ettore Pinelli, Negare una visione personale (payne gray), 2016, olio su tela, 120x100 cm, Courtesy l'artista, Ph. Franco Noto
Francesca: La sesta lezione, quella sulla Coerenza, Calvino la progetta solamente: la morte lo coglie il 6 settembre 1985 prima che possa concludere questo suo scritto. Vorrei azzardare io una conclusione e chiederti se, in riferimento al tuo lavoro, la questione della coerenza possa in qualche modo legarsi al tema dell’informazione. Se essere artisti coerenti possa significare essere immersi nel mondo, non tangenti ad esso, raccontando attraverso la manipolazioni delle immagini mediatiche i fatti di cronaca, anche quelli volenti e drammatici. Quelli che caratterizzano la nostra contemporaneità. In uno dei tanti significativi passaggi del suo libro “La violenza e il sacro”, René Girard afferma che: “Si può ingannare la violenza soltanto nella misura in cui non la si privi di ogni sfogo, e le si procuri qualcosa da mettere sotto i denti.” Mi piace pensare che, sotto i denti, anche con questa nostra conversazione, le abbiamo messo il tuo lavoro. E così vorrei concludere.
Ettore: La coerenza di fronte alla complessità del mondo e dell’informazione è un falso problema. Preferisco incarnarmi nelle immagini più disparate che mi trovo di fronte, anche le più distanti ed eclettiche, in fondo gli occhi e le mani sono sempre le mie.
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Cover story: Ettore Pinelli, Two variations of grey for a multiple image denied (hands of parliament) diptych, 2020, olio su tela, 80x120 cm, Courtesy Traffic Gallery, Ph. Franco Noto