Bisogna aspettare che il sarto francese Paul Poiret commissioni al giovane autore di stampe Paul Iribe il disegno dei suoi abiti d’avanguardia, inaugurando così un nuovo approccio modernista fatto di immagini vivide e stilizzate che suggerivano nuovi modelli di bellezza femminile, perché le illustrazioni di moda siano riconosciute come forme d’arte. Era il lontano 1908, e da allora quella tradizione è stata raccolta e sublimata da diversi artisti tra cui l’olandese Edland Man che con le sue donne dalle linee fluide e la figura allungata ha saputo abilmente illustrare la mutevole idea della moda.
Ph. Credit Gaia Dallera, Edland Man, Long Legged Lady "Iris" on view at Luxury Distribution Showroom, Milan Via Della Spiga 15
Francesca: Nato a Utrecht, sei cresciuto a Groningen una piccola città olandese in cui, agli inizi degli anni Sessanta, non credo fosse usuale per un giovane ragazzo interessarsi alla moda o alla fotografia e tanto meno all’illustrazione. Come si è sviluppata la fascinazione per questo mondo?
Edland: Sono cresciuto in una piccola famiglia tutta al femminile, insieme a mia madre e mia sorella. I giornali di moda hanno sempre occupato uno spazio importante in casa, mi ricordo che a un certo punto mia sorella ha iniziato a comprare delle riviste francesi, Paris Match per esempio, ed è stato uno dei primissimi stimoli a intraprendere la mia carriera. E’ lì che ho scoperto un tipo di fotografia diverso rispetto a quella che ero abituato a vedere in Olanda, una visione del tutto nuova. Avendo sempre avuto grande passione per il disegno ho deciso, in realtà senza averne troppa consapevolezza, di iscrivermi all’accademia d’arte sebbene avessero stabilito per me un futuro da ingegnere. Una volta lì, a poco a poco, mi è stato sempre più chiaro che la moda e l’illustrazione sarebbero diventate la mia strada e il mio linguaggio estetico.
Edland Man, Fashion Image, Flavia Cavalcanti costumes
Francesca: Sei diventato famoso per aver unito alla fotografia questa particolare tecnica del collage, in un’epoca in cui ancora non si parlava di post produzione delle immagini. Sei stato, da questo punto di vista, un pioniere. Come è nata l’intuizione?
Edland: Dico sempre, in maniera un po’ scherzosa, che la mia tecnica è stata il frutto della pigrizia. Perché realizzando le illustrazioni mi ritrovavo a ridisegnare esattamente gli indumenti così com’erano e allora un bel giorno ho pensato: perché non fotografarli, tagliarli e poi incollarli nell’illustrazione? Un esperimento che si è rivelato poi di grande successo.
Edland Man, Gioia mag. "Famous Paintings" Otto Dix
Francesca: Consapevole di aver creato qualcosa di nuovo e desideroso di conoscere il tipo di risposta che potevi avere dalle redazioni di moda, al quarto anno di accademia decidi di venire a Milano. Che realtà hai trovato in Italia?
Edland: Erano gli anni Ottanta, un periodo straordinariamente creativo in tutti gli ambiti. Così, senza aver fissato nessun appuntamento ho preso un volo per Milano. Impensabile adesso, ma allora le redazioni dedicavano un giorno della settimana per valutare i portfogli dei vari fotografi. La grande sorpresa è stata che ho iniziato praticamente subito a lavorare come illustratore per la rivista Vanity fondata da Anna Piaggi: un giornale pieno di disegni anziché di fotografie. Il mio stile si è affinato proprio qui in Italia. Vivevo in una piccola stanza e quindi, mentre in Olanda lavoravo su grandi formati, qui in Italia ho iniziato a utilizzare il formato A4 scoprendo che funzionava benissimo. Disegnavo su cartoncino nero e giocavo molto con la luce, andando a colpire zone diverse, ottenendo il risultato di una luce quasi fotografica.
Edland Man, Fashion illustration for Vanity, 1986
Francesca: Viene abbastanza spontaneo, guardando il tuo lavoro, l’associazione con quell’avanguardia artistica che è stata il Surrealismo. Le donne allungate sono forse l’esempio più evidente della tua inclinazione a sovvertire l’ordinario posizionandolo all’interno di un contesto nuovo e diverso.
Edland: Direi che non è stata una scelta intenzionale ma sicuramente artisti come Man Ray o Dalì sono in qualche modo entrati nel mio lavoro, così come di grande ispirazione è stata l’opera dell’illustratore Tony Viramontes. Ancora una volta, questa figura di donna dalle gambe esasperatamente lunghe, che poi è diventata iconica, è nata quasi per gioco. Proporzioni assurde, stivali lunghissimi, tacchi particolari – che il designer Jean Paul Gaultier ha voluto riprodurre per davvero – sono state tutte invenzioni frutto della mia volontà di sperimentare. E’ successo poi che quando ho iniziato a inserire quelle immagini nel mio portfolio, verso la fine degli anni Ottanta, la gente è come impazzita. E io dicevo: “si ma è uno scherzo”. E tutti mi rispondevano: “no, vogliamo tutta la campagna pubblicitaria così!” Non sono mancate le proteste dei gruppi di femministe che mi accusavano di trattare la donna come un oggetto ma io mi sono sempre difeso dicendo la verità, spiegando che le mie immagini erano soltanto frutto della mia fantasia ed erano così estreme da non poter alludere, in nessun modo, a qualcosa di reale. Tra l’altro ho sempre interpretato il femminile con un immaginario di donne forti e indipendenti, quasi dominanti.
Edland Man, Dutch Top Model Marpessa, Advertising Campaign for Chiara Boni, 1989
Francesca: Quello delle illustrazioni di moda è stato un periodo vivace dal punto di vista creativo, eppure relativamente breve.
Edland: Si, vero. Tutto era iniziato in Italia con Anna Piaggi e il suo Vanity ma dopo soli due anni lei stessa aveva lasciato. Successivamente il giornale è stato condotto da Alberto Nodolini, allora art director di Vogue Italia, che aveva avuto la brillante intuizione di chiamare a raccolta una serie di fumettisti di Bologna per fare i disegni di moda. Ma anche la sua permanenza è stata breve e a partire dal 1987-1988 le riviste hanno cominciato a dimostrare sempre meno interesse per le illustrazioni.
Francesca: A quel punto, siamo sul finire degli anni Ottanta, e ancora una volta in maniera casuale – se mi è concesso dire – cominci a esplorare la fotografia sviluppando una tecnica molto personale che tu stesso definisci fotomontaggio.
Edland: E’ stato in occasione di un lavoro per Vogue Spagna. Era estate, ero a Milano e faceva molto caldo e io che disegnavo con il pastello sfumando poi il colore con il dito mi trovavo nell’impossibilità di portare a termine il lavoro perché il colore si scioglieva. Allora ho deciso di scattare le foto degli abiti e trattarle come facevo di solito con i disegni: scontornandole e ri-fotografandole. Così nasco come fotografo, con questa tecnica che è una sorta di fotomontaggio. Ma siccome era impegnativa e richiedeva tempi lunghi di esecuzione ho iniziato ad affiancare la fotografia pura per eseguire quei lavori che richiedevano meno creatività o nei quali non avevo piena libertà di espressione.
Edland Man, Vogue Espania 1989, Christmas Issue with model Violeta Sanchez
Francesca: Illustratore, fotografo e anche, nella tua poliedrica carriera, l’esperienza di art director in quella che allora era una rivista innovativa come Sportswear o per clienti del calibro di Fiorucci.
Edland: Per Sportswear avevo lavorato come fotografo e poi, quando si è presentata l’occasione, ho assunto il ruolo di direttore creativo e l’ho ricoperto per cinque anni. Un periodo molto stimolante che mi ha permesso di confrontarmi con diversi fotografi e sperimentare molto. Tante cose interessanti sono nate anche dalla collaborazione con Marina Fausti, capo redattrice della rivista Donna e poi di Moda, che mi chiamava quando aveva voglia di fare qualcosa di diverso come ad esempio interpretare la moda attraverso le carte da gioco. E poi ci sono stati incontri significativi come quello con Elio Fiorucci che nel 1995, in pieno rilancio del brand, mi ha cercato per interpretare e rinnovare il suo stile. Con la massima libertà creativa di cui godevo ho accostato le loro classiche pin-up ai manga giapponesi e alle Barbie.
Edland Man, 1996-96, Fiorucci Wonderland, 4 Catalogues and publicity campaigns for Fiorucci
Francesca: L’evoluzione digitale entra prepotentemente, in quegli anni, nella fotografia e costringe un po’ tutti a misurarsi con una rivoluzione che è ancora in atto, nella misura in cui le migliorie tecniche e gli automatismi si susseguono con grande velocità.
Edland: Avevo iniziato in quel periodo un progetto in Olanda lavorando con le stazioni di computer grafica Quantel Paintbox. Davvero assurde a ripensarci adesso: grandi come degli armadi, costosissime, mi costringevano a stare ore, perché la procedura era lunghissima, seduto a fianco all’operatore per creare i miei fotomontaggi. Davvero frustrante, al punto che verso gli inizi degli anni Duemila mi sono convinto che dovevo essere io a imparare a usare il computer per poter continuare a dare sfogo alla mia inventiva.
Francesca: Il digitale, la globalizzazione, il mutato scenario socio-economico, l’avvento di web-magazine e social media, sono tutti elementi che hanno contribuito a ridefinire i contorni dentro i quali si muovono la moda e i modi di raccontarla. Posso chiederti se e come hai ridefinito anche tu i tuoi contorni?
Edland: Tutte queste novità hanno fatto venire meno, dal mio punto di vista, la parte del sogno. Sembra ora che l’unico interesse sia per il prodotto, e solo per quello, quando io invece mi considero uno di quei fotografi che fa ancora un po’ sognare con immagini romantiche o surreali, uno di quelli il cui lavoro va guardato sfogliando pagine di carta. Un peccato, perché il sogno è anche un po’ educativo e proprio grazie all’insegnamento, parte integrante della mia carriera, e grazie anche alla reazione degli studenti riuscivo a capire se quello che stavo facendo aveva un senso, se aveva un senso sognare. Dopo il ritorno in Olanda, dove ho aperto un mio studio fotografico, e dopo anni spesi in lavori più “commerciali” ho deciso a un certo punto che sarei dovuto tornare nuovamente a divertirmi.
Edland Man, 2014 Art Series "Yesterdays Papers"
Francesca: Da qui la virata nel mondo dell’arte, una grammatica fatta di miraggi, di nudi, di volti, di paesaggi, che sconfina spesso nell’onirico di un’energia che tutto unisce e travolge.
Edland: Ho sempre portato l’arte e la mia personale visione sia nel mondo della moda che in quello della pubblicità e fin dall’inizio i miei lavori sono stati considerati, da musei o gallerie, anche come forme d’arte. Oggi che la fotografia è riconosciuta a tutti gli effetti come espressione artistica, io porto la mia creatività nell’arte. Le mie serie pongono sempre al centro il tema del cambiamento. Ci sono opere che si focalizzano sul passaggio dalla carta stampata al digitale, come Yesterdays Papers o Pagine Strappate o ancora i Ripped Portraits. Altre come You-Wells, Liquids e Metals che indagano l’ossessiva attenzione alla bellezza e la sua ostentazione attraverso brand, gadget o interventi estetici. Uno dei miei ultimi lavori invece, dal titolo Glamorous Death, ha per oggetto la natura ridimensionata nella sua sopravvivenza attuale. Sono serie minimaliste in cui, nonostante le apparenze, l’intervento in post produzione è davvero ridotto e mi avvalgo ancora molto della tecnica del collage.
Edland Man, 2018 Art Series "Glamorous Death"
Francesca: Concludendo, che tipo di linguaggio ti piacerebbe portare oggi nella moda?
Edland: Mi piacerebbe poter lasciare un po’ da parte la questione della tecnica perché per me non è mai stata importante, io stesso non ho mai veramente studiato fotografia, a parte i primi rudimenti di bianco e nero appresi in accademia. E’ un po’ la mia protesta contro quello che succede oggi nella fotografia di moda dove tutto sembra ruotare intorno alla tecnica. Invece bisognerebbe lasciare spazi aperti all’improvvisazione, ai tentativi, agli sbagli, perché anche dagli errori si impara. E io, che non mi sento un fotografo ma uso la fotografia, voglio continuare sulla via della sperimentazione perché ancora adesso mi tiene vivo, mi stimola e permette il nascere e fluire continuo di nuove cose.
Ph. Credit Gaia Dallera, Edland Man & I at Luxury Distribution Showroom, Milan Via della Spiga 15
Edland Man, Fashion Illustration for Vanity, 1986
Edland Man, 1986 first photomontages Campbells
Edland Man, 1993 The Fashion Placards, Deck of 56 Big Size Playing Cards, First Series Made for Moda mag. in collaboration with marina Fausti, Model Naomi Campbell
Desidero ringraziare per la cortese intervista Edland Man – web site – blog – Facebook – Facebook – Instagram
Grazie anche a Gaia Dallera per le foto realizzate durante l’intervista
Crediti:
Location Courtesy of Luxury Distribution Showroom, Milano Via della Spiga 15
Io indosso top Lucio Costa, gonna Elle Venturini, Orecchini Elena Brasa