Dietro di me ho lasciato qualche traccia. Ci vorrebbe un segugio per ritrovarla.
Ogni tanto qualcuno la trova.
A partire dal 17 maggio, la Galleria Corraini di Mantova dedica un’importante retrospettiva ad Adriano Altamira (Milano, 1947), artista attivo sin dagli anni Settanta nell’ambito della fotografia concettuale.
Il progetto espositivo intitolato “I vari volti di Adriano Altamira” e visibile fino al 28 giugno 2024, dà nuovo impulso ai suoi lavori sul Caso, che l’autore così definisce: “Le ricerche sul Caso nascono dal riconoscimento della singolarità estetica di oggetti in cui mi sono imbattuto fortunosamente (o da agglomerati di due o più oggetti); come se la loro natura, o la loro connessione, li facessero diventare (come capita con certi sogni) elementi di una simbolizzazione o condensazione di significati che, se li si considera singolarmente, non sembrerebbero poter esprimere. Quello che m’interessava non era tanto l’incontro casuale con oggetti in qualche modo per me rappresentativi, ma le modalità di questo incontro, che doveva risultare contemporaneamente fortuito e ricco di valenze metaforiche per chiunque”. Gli oggetti raccolti dall’artista – piccoli reperti e objets-trouvés – sono messi in dialogo con fotografie di grandi dimensioni che li ritraggono ingigantiti, così da assumere una nuova e ambigua natura.
L’esposizione mette insieme anche opere tratte dalla serie Area di coincidenza, quella più nota di Altamira, che concentra la sua indagine sugli accostamenti, le variazioni, la presentazione in sequenze ordinate e lineari. Una scelta di campo concettuale netta e un modo di indagare le infinite possibilità di vita e trasformazione delle immagini. Muovendo dal riconoscimento automatico delle somiglianze tra lavori di autori diversi, l’artista indagava il rapporto fra iconografia e significato, rivelando così che opere d’invenzione, assolutamente personali, appartenevano in realtà ad un orizzonte collettivo (e condiviso), che era quello delle costanti culturali della loro epoca.
La mostra, che dà conto dei diversi processi di ricerca dell’artista, raccoglie anche l’installazione Leda e il cigno, ispirata all’opera perduta di Leonardo da Vinci e alle tante copie, interpretazioni e repliche che ne sono state fatte nel corso dei secoli. Per evidenziarne le caratteristiche comuni, Altamira ha realizzato per ognuna di esse dei rilievi su acetato che ha poi sovrapposto. “L’immagine che ne risulta mostra che tutte hanno in comune il gruppo centrale dei personaggi, mentre gli sfondi sono tutti diversi. La conferma più autorevole di questo stato di cose viene dal disegno che Raffello trasse dall’opera, che registra il gruppo centrale senza paesaggio. Questo evidentemente non era ancora stato progettato da Leonardo, e non era quindi abbozzato nel cartone o nella tela non finita vista dagli allievi e dall’Urbinate. Il mio personale contributo è quindi una Leda derivata dalla sovrapposizione dei tre rilievi, ottenuta con l’ibridazione dei modelli secondo il metodo dell’Ars Combinatoria”.
L’installazione dedicata a Leda e il cigno e le altre ricerche di Altamira sono inoltre lo spunto per una serie di connessioni con la rassegna di Palazzo Te di Mantova dedicata alle Metamorfosi di Ovidio.
In occasione della mostra esce il libro Quidquid latet apparebit una rilettura dei documenti ritrovati durante il trasloco del deposito/studio dell’autore alla vigilia del lockdown del 2020. Dal disordine di pagine e pagine emergono appunti, lettere, documenti di ogni genere, che a loro volta risvegliano ricordi diversi. Per Corraini sono usciti dello stesso autore Conceptual Rigoletta, Istampita Ghaetta, e il libro a quattro mani Un saggio e due interviste di Flaminio Gualdoni e Adriano Altamira.
Cover story: Combustione (foto su tela + reperto), 2023 & Turner (foto su tela + reperto), 2023, Cortesia di Galleria Corraini e dell’artista