L’approccio rigoroso del design. Lo sguardo sempre rivolto ai grandi maestri della sobrietà. Il coraggio della semplicità, che diceva bene Vico Magistretti “è la cosa più complicata del mondo.” La metodologia del progetto capace di trasformare la maglia in scultura dalle armoniche proporzioni. E’ la geometria variabile di Sartoria Vico quella che corre sul filo di lana della creatività di due donne, Cristina Del Buono e Stefania Casacci, che hanno riformulato il rapporto tra corpo e abito tracciando una linea retta nello spazio che intercorre tra il design e la moda. Distanza che nei loro intenti si annulla e diventa una sorta di orizzonte unico, senza soluzione di continuità.
“Per noi un progetto è sempre un progetto e allo stesso modo si può progettare un abito, un materiale, perfino una ricetta” ti dicono con naturalezza, quasi fosse un teorema inconfutabile che preso a prestito dalla matematica diventa buono anche per i vestiti. Dalle loro mani che toccano le rocche, scelgono i filati e li lavorano fino a ottenere dei melange anche molto elaborati, nasce un prodotto versatile che si presta a molteplici, personalissime, interpretazioni.
“Un prodotto interamente Made in Italy perchè questo è l’unico modo in cui immaginiamo di fare il nostro lavoro. Significa stare in Italia, avere il controllo della catena produttiva e garantire una base etica. Significa creare rapporti di prossimità e aver cura di gestire in prima persona tutti i passaggi che separano il pensiero dalla costruzione.”
E per contro la donna che abita le loro forme è una donna trasversale, senza troppi schematismi o regole pre-costituite. Quasi senza metodo verrebbe da dire. Una donna che sa mettere dentro certe maglie dette Nuvola, la propria storia, la propria personalità, la propria identità. Che non sente il bisogno di trovare definiti a priori i contorni di un’immagine rassicurante forse ma costruita in serie.
“Potremmo definirci un’azienda in stile anni ’50 perché per noi vengono prima di tutto e sopra tutto le caratteristiche reali del prodotto. Non vogliamo proporre un immaginario di riferimento. Il nostro racconto nasce dal prodotto e non viceversa, non è che sulla scorta di un racconto di marketing plasmiamo il nostro prodotto.”
Una storia italiana. Una storia di creatività. Una storia di donne. Una storia di amicizia. Una storia di intrecci. Quelli del cuore che rendono complementari l’istintività dell’una e la razionalità dell’altra. Quelli del cervello che mescolano stimoli e cultura e ne fanno bellezza.
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