Sono tornata a Parigi dopo tanti anni, come fosse la prima volta, senza sapere che all’arrivo sarei stata la prima ad incontrarmi. Immaginavo lontano ciò che in realtà era vicino perché una porta era rimasta aperta, sempre aperta, sulla vita. Come quando intimamente sai che arriverà qualcosa di meraviglioso e che rimarrai senza parole davanti all’acqua che goccia a goccia segna i rivoli delle strade. E dentro ci vedrai i sentieri e i volti e i muri e il vento.
Le cose intraviste con gli sguardi del sogno hanno preso la forma dei vestiti di The IOU Project e dei cappelli di Ana Lamata. Abiti che nascono dalla convinzione della designer, Kavita Parmar, che sia necessario preservare e coltivare l’amore per la manualità educando il consumatore finale al rispetto del lavoro degli artigiani locali e dei valori di cui si fanno portatori. Una catena di prosperità che si alimenta di autenticità, trasparenza, unicità e responsabilità sociale e ambientale.
Cappelli che nascono su misura, uno diverso dall’altro, sulla misura dei pensieri e dell’anima di ciascuno. Fatti con devozione da una donna che dopo aver conseguito il dottorato in Storia dell’Arte Contemporanea ha deciso di volare a Londra per imparare a creare autentiche opere d’arte sotto la guida di Mrs. Rose Cory, la modista di Sua Maestà la Regina Elisabetta. Rivisitazioni in chiave contemporanea delle forme tradizionali fatte con il feltro, la paglia, la lana, il cotone e la seta.
A Parigi anche l’aria trasparente ti disegna addosso armonia e proporzione. E tutto, perfino il tempo, ha la sua luce.
Abiti, The IOU Project FW/17 Collection – web site – Facebook – Instagram
Cappelli, Ana Lamata – web site – Facebook – Instagram
Interpreti, io e Ana Lamata
Foto, Elisabetta Brian