Arriva da una laurea in Ingegneria Civile conseguita presso il Politecnico di Milano Giuseppe Buccinnà, da un mondo di forme e numeri, di fredda strutturalità e rigorosa ritmicità seriale. Un mondo completamente diverso da quello che abita ora. Un esito, la moda, frutto del desiderio di andare incontro a un’estetica più immediata, rapida, diretta.
“Non ho mai voluto frequentare nessuna scuola d’arte, mi hanno sempre un po’ spaventato a dire il vero. Temevo potessero inculcarmi nella testa un’idea o peggio un giudizio e io credo che nulla nell’arte possa essere sottoposto a giudizio oggettivo. Volevo essere completamente libero di sentire e sperimentare ciò che provavo. Per questo ho scelto una formazione tecnica, per avere in mano gli strumenti e poi giocare con gli stessi a mio modo, senza regole, solo assecondando la mia creatività.
Una dimensione di derivazione matematica, di stampo riduttivo e analitico, che trasla le regole della geometria, quelle delle dighe e dei ponti per intenderci, sugli abiti.
Dall’ingegneria porto nella moda l’amore per l’estetica dei numeri che ha un fascino tutto particolare per me. Si vede nelle forme che creo, tendono all’armonia perché la matematica è questo. Armonia pura che io cerco di applicare alla forma dei miei abiti.
L’ingresso nell’industria della moda avviene quando inizia a lavorare nel fashion retail alla corte di Antonioli, in Svizzera, frangente in cui ha modo di conoscere quelli che lui definisce i suoi primi maestri, Yohji Yamamoto e Ann Demeulemeester per esempio, per i quali nutre sincera ammirazione al pari di quella che si può nutrire per un pittore o uno scrittore, figure di riferimento dell’arte in senso lato.
“Ricordo che in quel momento guardavo con estrema attenzione tutti gli abiti che mi capitavano tra le mani per capire come fossero stati realizzati, per capire cosa ci fosse nel percorso che dal tessuto piatto conduceva alla costruzione di un capo finito.”
Quando Giuseppe, lo scorso anno, decide di intraprendere la propria strada creando l’omonimo brand, l’approdo è, come conseguenza naturale, un lavoro intriso di suggestioni culturali e riferimenti concettuali. Dalla fascinazione per le culture orientali, alla psicologia, alla moda, alla pittura, tutto gioca un ruolo determinante, collegamenti essenziali che non trascurano gli aspetti funzionali del vestire. Il diploma in modellistica conseguito presso l’Istituto Secoli gli permette di far proprie le regole dell’anatomia, quelle che da un foglio di carta bianco danno vita a un cartamodello e poi a un abito tridimensionale punto di armonico equilibrio tra estetica e vestibilità.
“Capi portabili e femminili, direi che questi sono i due elementi dai quali non prescindo mai. Una femminilità contemporanea, per come la intendo io, totalmente aderente al qui e ora. Perché io vivo il momento, a me quello interessa e non mi sono mai curato di ciò che stava prima né dopo. Lo so, ho un’idea sgarbata del tempo ma non amo essere uno spettatore esterno, devo potermi sentire totalmente dentro l’attimo. Citandoti Majakovskij: il minimo granello di polvere d’un vivo vale più di quel che farò e che ho fatto”
La collezione FW/17, seguendo il filo conduttore delle due precedenti, continua a sviluppare l’idea di una forma in movimento e si focalizza sulla scelta di materiali che sono strettamente connessi alla specifica identità del lavoro: colori, superfici e volumi risultano perfettamente integrati in riflessi di luce più o meno evidenti. Tessuti che vengono utilizzati sfruttando sia la parte interna che quella esterna, accoppiamenti di panni di cotone con panni di lana, maglieria calata e jersey di lana per un total look che include abiti, pantaloni, giacche, cappotti, giacconi.
“Questa collezione in particolare trae ispirazione dal lavoro degli artisti Nicola Samorì e Alberto Burri. Il primo, nello studio della sua opera “Pretesto per splendore” da cui sono stato rapito fin dalla prima visione e grazie alla quale ho sviluppato alcune tonalità di colore. Di Burri, sono rimasto affascinato dalle sue sperimentazioni con la plastica, i buchi neri, un’arte molto affine alla matematica ma, al tempo stesso, di grande violenza artistica.”
Un amore per l’abbigliamento che nasce da lontano e che si discosta dai canoni tradizionali, dai cliché atti a definire. Una propensione che devia da rotte più o meno standard per seguire una linea propria, netta, personale. Nell’animo un impulso alla vita così prepotente da farsi ossessione e un desiderio di sconfinamento spaziale e formale.
“Sento che tutte le cose che osservo, in molteplici campi di sperimentazione, sono indissolubilmente collegate tra loro ed ho capito che forse sono io stesso la ragione di quel collegamento. Mi ossessiona questa cosa, a tal punto d’aver deciso che la mia unica maniera d’agire, nel mondo moda così come nella mia vita privata, è abitare quei luoghi, quelli delle mie connessioni, delle mie ossessioni alla maniera di Kafka. Più è ampio lo spazio che mi si prospetta davanti e più diventa grande la mia volontà di occuparlo, questo m’inquieta e ossessiona allo stesso tempo. In più, c’è anche il senso di responsabilità che ciò comporta, io amo profondamente il mio Paese perché è anche grazie alla cultura che mi ha attraversato qui se questo progetto ha preso forma. Una sorta di Rinascimento, culturale e sociale, di cui percepisco il bisogno e del quale vorrei essere partecipe.”
Desidero ringraziare per la cortese intervista Giuseppe Buccinnà – sito web – Facebook – Instagram
Le foto dell’intervista sono di Elisabetta Brian
Location Cube Show Room
Giuseppe Buccinnà - Look book FW/17 collection
Giuseppe Buccinnà - Look book FW/17 collection
Giuseppe Buccinnà - Look book FW/17 collection
Giuseppe Buccinnà - Look book FW/17 collection
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