A2BYMATIN, MADE IN TEHERAN

Made in Teheran è la cifra di un brand che potrei definire perfetta sintesi di questo nostro presente contaminato e transculturale e che prendendo spunto dai dettami della tradizione del vestire orientale si apre a una contemporaneità multisfaccetatta e globalizzata. Un laboratorio creativo che, unendo l’heritage della cultura iraniana con i fondamentali dell’esperienza sartoriale italiana, sa parlare un linguaggio universale.

Dopo aver lanciato durante gli anni dell’università il brand MatinDesign, nel 2016 le sorelle Anahita e Aida fondano un altro marchio: A2bymatin, un’appendice in chiave moderna del primo progetto, una sorta di melting pot di stimoli eterogenei.

A2bymatin, Ph. Alberto Nidola

Francesca Interlenghi: Qual è il concept che sottende il più recente A2bymatin? 

Anahita Matin: Direi che in questo progetto, proprio perché ora non avverto più la necessità di urlare il mio essere iraniana, il concept sono io, nient’altro che me stessa. Sono nata e cresciuta a Teheran dove ho studiato arte e architettura all’università e poi sono venuta in Italia per proseguire i miei studi allo IUAV di Venezia. Sono una donna iraniana, ma anche un’immigrata, una commistione di Italia e Iran perché non appartengo né totalmente a un mondo né totalmente all’altro. Sono una contaminazione e A2bymatin rispecchia tutto questo. Cerco di creare abiti che siano rispettosi anche delle regole del mio Paese, che possano adattarsi ed essere indossati dai ragazzi iraniani facendoli sentire a loro agio tanto per strada quanto nelle feste private. E li definisco Made in Teheran, non nell’accezione di luogo produttivo, ma per dire che tutto ciò che dell’Iran mi ha culturalmente e socialmente influenzata io lo porto con me, ne faccio tesoro e lo traduco nel vestire. E’ un brand giovane, molto moderno, forse in qualche modo rivoluzionario, che parla esattamente dei ragazzi della mia terra fotografandoli in questo momento storico: persone legate alla loro identità culturale, che non intendono rinnegarla ma anche loro ormai con uno sguardo proteso verso fuori.

A2bymatin, Ph. Alberto Nidola

Francesca: Come nasce la tua passione per la moda? E, al di là e oltre gli abiti tradizionali, quali sono stati i tuoi riferimenti estetici?

Anahita: In realtà, è proprio dalle limitazioni e dalla mancanza di riferimenti che è nata la mia urgenza di essere creativa. Durante gli anni dell’università mi ricordo che ancora non esisteva un vero e proprio mercato della moda in Iran, non venivano importati brand stranieri e nemmeno dopo la cosiddetta primavera araba circolava una grande varietà di capi di abbigliamento. Noi donne siamo sempre obbligate a indossare un soprabito quindi l’outfit in voga all’epoca era niente altro che un soprabito a manica lunga, non troppo aderente perché non era concesso, con un bottone sul davanti e dei pantaloni larghi da abbinare sotto. Ma non si vedevano forme o volumi diversi, al massimo potevano variare i colori. Allora io e mia sorella abbiamo iniziato a farci realizzare capi su misura da alcune sarte, cose semplici ma che ci piacevano e che magari eravamo riuscite a vedere grazie alla tv satellitare – Fashion tv – che comunque era illegale. Guardavamo ogni tanto le sfilate senza nemmeno capire bene cosa stesse succedendo lì dentro lo schermo.

A2bymatin, Ph. Alberto Nidola

Francesca Interlenghi: Dagli esperimenti degli esordi alla nascita del primo brand MatinDesign il passo è stato piuttosto breve e il successo che ne è seguito forse perfino inaspettato. Tutto è avvenuto in maniera molto spontanea e naturale, giusto?

Anahita: Ho iniziato ad andare all’università con indosso il primo capo che avevo ideato: un soprabito che ricordava nelle forme il New Look di Dior, semplice in realtà ma con una gonna a ruota che era già molto fuori dagli schemi e che aveva suscitato tra le studentesse tanta curiosità. Tutte chiedevano se potevano copiarlo e allora un giorno, parlando con mia sorella, ci siamo dette: ma perché non lo vendiamo? Ecco allora l’idea di creare cinque modelli differenti, di cui uno in jersey con manica a kimono, incrociato davanti e una gonnellina stretta che ha avuto così grande successo da essere diventato a un certo punto la divisa delle ragazze dell’università. Abbiamo iniziato con poche varianti, abiti che potevano essere indossati in pubblico ma che erano diversi, nei dettagli o nei colori, da quello che si vedeva per le strade. A poco a poco il progetto è cresciuto, in maniera spontanea e grazie al passaparola perché non esisteva la pubblicità e nemmeno i social network: semplicemente organizzavamo degli eventi in cui invitavamo i nostri amici che a loro volta invitavano i loro amici e quindi a cascata arrivava moltissima gente. Ad un certo punto siamo diventate due sorelle famose, abbiamo registrato il nostro marchio MatinDesign e iniziato a lavorare dal nostro showroom. Era tutto ancora molto sperimentale ma era così divertente, pura gioia, del tutto inconsapevole e inatteso!

A2bymatin, Ph. Alberto Nidola

Francesca: Come è stato il tuo approccio con una cultura così distante dalla tua come quella italiana?

Anahita: Ho faticato molto all’inizio, era tutto nuovo, diverso, difficile imparare la lingua, insomma…non riuscivo a trovare la mia strada. Avevo scelto Venezia perché avevo degli amici qui e perché sapevo che allo IUAV accettavano fino a cinque stranieri. Per cui ho fatto il test di ammissione e sono entrata, ma confesso che è stata dura. Mi ricordo che i primi anni lavoravo in continuazione senza riuscire a conseguire i risultati sperati. E’ stato poi, quando ho deciso di frequentare il corso di laurea magistrale, che ho avuto le idee più chiare e mi si sono aperte molte prospettive. Sono finalmente riuscita a esprimermi e a emergere tanto che ho vinto il premio come miglior tesi in ambito moda. Avevo scoperto un mondo nuovo venendo in Italia, avevo visto cose di cui prima ignoravo l’esistenza e avevo tantissime idee. Così mia sorella continuava il lavoro con MatinDesign dal punto di vista operativo mentre io le davo da qui gli input dal punto di vista creativo.

A2bymatin, Ph. Alberto Nidola

Francesca: Pensi che il fatto di aver in qualche modo metabolizzato lo stile di vita italiano, gli usi e costumi del nostro Paese, aver trovato un tuo modo di essere nello spazio di intersezione tra le due culture, possa aver dato nuovo slancio ai tuoi proposti creativi? Che sia stato un arricchimento?

Anahita: Certamente! E proprio da questo arricchimento, come fosse una nuova visione di me stessa, è nato A2bymatin con le sue sfaccettature, il suo sapore contemporaneo ed estremamente attuale. MatinDesign rimane in un certo senso più legato ai temi della cultura iraniana, all’architettura e alla letteratura, si esprime in lavorazioni costose come ad esempio le stampe a rilievo su tessuto delle poesie di Rumi o quelle dei tappeti persiani. Ha un posizionamento diverso anche, è un prodotto destinato a un pubblico di nicchia che ha un potere di spesa maggiore. Ma io sono entrambe, sono molteplicità e contaminazione. Sono, certamente, evoluzione.

A2bymatin, Ph. Alberto Nidola

A2bymatin, Ph. Alberto Nidola

A2bymatin, Ph. Alberto Nidola

Desidero ringraziare per la cortese intervista Anahita Matin co-founder di A2bymatin, FacebookInstagram

Foto di Alberto Nidola

 

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