La notte prima di scrivere questo pezzo ho ripreso in mano la raccolta di poesie “Guardami: sono nuda” di Antonia Pozzi. Un gesto istintivo, che è venuto da sé, quello di andare con la mente all’inquieto languore della capigliatura e alla carne pallida inguainata in un color d’avorio di cui scrive la poetessa, proprio mentre facevo scorrere davanti agli occhi le immagini di Alice Spito diretta dalla video artista e regista Francesca Lolli. Una comunione di intenti e di sentire, la loro, che ha accompagnato le tappe salienti dell’indagine di questa artista alla quale sono legata da stima profonda e un sodalizio che ha più i tratti di una sorellanza, la stessa che in qualche modo ci unisce tutte. Dico anche di me, in fondo, quando dico di questo incontro e della molteplicità della scoperta che ne è conseguita.
Francesca Lolli, Om mani padme hum - frame
Amante della danza contemporanea, studiosa di Lettere, Alice consegue la Laurea in Storia del Cinema e poi in Storia della Musica, con una tesi che approfondisce il rimaneggiamento dei soggetti letterari nei libretti d’opera del primo Ottocento. Poi il lavoro in banca “facevo progetti culturali con gli enti pubblici, per quattro anni…quelle cose senza un apparente senso…” e infine il teatro “sai, le circostanze semplici della vita per cui uno ti dice: andiamo? E io sono andata e mi è piaciuto tantissimo! Ma adesso che mi hai chiesto della mia biografia non chiedermi chi sono, perché questo non lo so” ti dice sorridendo, guardandoti dritto negli occhi.
Francesca Lolli, Ode for my funeral - frame
Francesca: Va bene, non ti farò questa domanda però come è avvenuto l’incontro con Francesca Lolli questo si lo voglio sapere!
Alice: Non ho mai avuto grandi ambizioni o aspettative rispetto al mio percorso di recitazione, mi sono sempre goduta le cose, questo sì. Poi Francesca Lolli. Siamo dello stesso paese in realtà, tutte due cresciute a Tavernelle (frazione del comune di Panicale, PG ndr). Da qualche parte nella memoria ho questa immagine di lei dentro una pizzeria con indosso degli occhiali a punta bianchi mentre parla a uno di quei telefoni a gettoni attaccati al muro, ed è bellissima. Ci siamo rincontrate qualche anno dopo a una festa paesana e abbiamo iniziato a parlare di Fausto Paravidino, così mi pare di ricordare, perché io avevo letto delle cose di lui mentre Francesca aveva recitato in una sua pièce. Accade poi un giorno che Francesca abbia bisogno di un’attrice e che le venga suggerito il mio nome. È iniziata così, con me in canotta e coulotte – nota che non mi metto in costume da qualcosa come quindici anni – che cerco di afferrare dei soldi attaccati in cima ad un albero nella video performance Honey Money. Ecco, da quell’esatto momento abbiamo sempre lavorato insieme. La prima volta che ho potuto visionare alcuni dei suoi lavori è stato come se mi avessero strappato l’esistenzialismo dagli occhi, e me lo avessero poggiato davanti dicendomi: non parliamone soltanto, facciamolo.
Francesca Lolli, Honey Money - frame
Francesca: Lavori solo ed esclusivamente con Francesca Lolli oppure hai fatto o fai anche altre cose con altri registi?
Alice: Da qualche anno a questa parte i progetti in teatro sono sempre più rari per via del tempo che manca, e a parte le bellissime parentesi delle pièces lirico-teatrali prodotte da Théatron Musikè, ho mantenuto solo Francesca nella mia vita creativa. Mi sono state chieste anche da altri autori delle partecipazioni in ruoli diversi, ma sinceramente spesso non ho aderito per il semplice motivo che non mi interessa fare l’artista o l’attrice nel senso lato del termine. Quello che faccio con Francesca lo faccio perché non solo scopro lei o cerco cose che vorrei sapere di lei, ma anche perché scopro me stessa e mi interrogo riguardo a cose troppo importanti per non essere indagate, soprattutto riguardo al mondo umano, alle sue rappresentazioni. L’Io nella sua immensa piccolezza può spesso essere tralasciato, nella ricerca. È solo l’inevitabile punto di partenza che natura e cultura hanno forgiato. E siccome la vita può essere soltanto questo godere insieme di ciò che non abbiamo ancora capito, perché non dovrei privilegiare il nostro sodalizio? Questa è la mia risposta.
Francesca Lolli, Till Death Do Us Part - foto di scena E. Antolini
Francesca: Cosa hai scoperto di te in questo percorso?
Alice: In questa fluidità che purtroppo ci perseguita e ci caratterizza come individui esistenti che non si possono fermare, a meno che non vogliano morire, dobbiamo per forza sempre auto-scoprirci. Ad esempio anche semplicemente scoprire la mia nudità in una collettività di persone è stato un trauma conoscitivo. Ho scoperto con Francesca, per la prima volta, di essere in grado di sopportare senza terrore il fatto di essere e sentirmi nuda al cospetto di qualcun altro.
Francesca Lolli, Fausto - frame
Francesca: Memorabile la tua partecipazione a “Orgia o Piccole Agonie Quotidiane”, il corto ispirato all’opera teatrale di Pier Paolo Pasolini, in cui la riduzione del linguaggio a puro gesto rende visibile in immagine ciò che era già insito nella parola pasoliniana nella quale ogni moto psicologico finisce per attualizzarsi nella carne del corpo biologico.
Alice: Un atto che definirei di “eroismo” collettivo, quello che ha accomunato sette persone che quasi non si conoscevano. È stata un’esperienza meravigliosa che mi ha confermato una volta di più il valore di Francesca. Abbiamo iniziato a fare delle prove per capire cosa dovevamo tirare fuori a livello di esplorazione dei sentimenti, annullando teoricamente la nostra sessualità, che però rimaneva in noi come una sorta di pudore dal quale non ci eravamo ancora liberati. È stato interessante il momento in cui abbiamo fatto questa prova con i vestiti addosso perché avevamo tutti un imbarazzo sconvolgente, eravamo terrorizzati da noi stessi. Poi, nel momento in cui si è manifestato l’atto magico dell’essere diretti, tutto ha preso la strada che doveva prendere con naturalezza, in un’atmosfera particolarmente catartica. Eravamo in teatro e ci siamo dimenticati di essere nudi, ci siamo dimenticati di essere individui, del doverci schermare dagli occhi di qualcun altro. Per cui siamo diventati veramente dei vermi sofferenti e striscianti che sentivano solo la fatica di quello che stavano facendo: la conquista di una vetta che non arrivava mai perché rimanevamo schiacciati sulla nuda terra. Un’esperienza che esemplifica il tipo di nudità che ho scoperto con Francesca e che chiaramente non è soltanto questione di vesti, ma è questione di altri tipi di nudità. Perché fare qualcosa di fronte a una macchina da presa non è come farlo in teatro. Ti senti molto più nudo, c’è un oggetto inanimato davanti a te che ti scruta: un occhio insensibile, inerte, esterno, meccanico, tecnologico. E di per sé non è una cosa che ispira molta fiducia.
Francesca Lolli, Orgia o piccole agonie quotidiane - frame
Francesca: Non posso non concludere questa breve chiacchierata senza menzionare l’ultimo cortometraggio di Francesca Lolli dal titolo “Dentro la casa” in cui ancora una volta la presenza tua, carica di pathos e suggestione, dà una straordinaria forza allo spaccato di una giornata all’interno di una famiglia estremamente disfunzionale. La porta che si chiude. Le parole prigioniere. Quelle che battono furiosamente alla porta dell’anima. Perfetta aderenza tra l’intenzione e la sua rappresentazione.
Alice: Qualsiasi cosa avvenga avviene perché dentro la casa, alla regia, c’è Francesca Lolli che ha sempre e comunque accolto il mio lato luminoso e il mio lato oscuro. Per cui mi sono sempre sentita colma di fiducia, fiduciosa di poter essere strumento, di diventare, ricordare o poter esplorare qualunque cosa io sia stata o non sia mai stata. Ed è questa fiducia che mi porta a voler continuare a scoprire, gaudente di poter parlare di Dio, di dio, dell’inevitabile Ingiustizia che permea ogni cosa, delle gocce di splendore che volontariamente o meno possiamo far cadere intorno a noi.
Francesca Lolli, Dentro la casa - frame