Nata a Havana, Cuba, nel 1948 e morta giovanissima all’età di 37 anni a New York, Ana Mendieta è una tra le più celebri artiste cubane nota soprattutto per la sua straordinaria abilità nel trovare un punto di raccordo, personale e originale, tra Body e Land Art.
Se da un lato la sua poetica è caratterizzata dal legame, fisico e spirituale, che instaura con la Terra, frutto di un graduale spostamento di attenzione verso la dimensione dello spazio ambientale che diventa esso stesso parte dell’elaborazione creativa, dall’altro il rapporto io/tu, il tema dell’emancipazione femminile, l’essere donna in tutte le sue declinazioni, specialmente quella generativa, ricoprono un ruolo altrettanto centrale nell’impianto concettuale del suo lavoro.
Muovendo dalla pratica pittorica, nella sua breve eppure prolifica carriera, Mendieta spazia dalla produzione di film e fotografie a quella di disegni e sculture, manifestando così una versatilità che accompagna la transizione dall’uso del corpo umano, esplicitato nelle sue prime azioni, alla sostituzione del corpo con la terra e la natura nei lavori successivi.
Se nelle prime performance, quella del 1973 per esempio, rimetteva in scena lo stupro perpetuato ai danni di una studentessa a lei nota invitando il pubblico in una stanza dell’Università dello Iowa e china sul tavolo mostrava i fianchi nudi e imbrattati di sangue, in quelle successive si copriva di terra, immergeva il suo corpo nella natura, quasi a identificarsi con la Dea Madre.
La nascita, la maternità e la presenza del corpo – o l’impronta che ha lasciato dietro di sé – all’interno di diversi elementi e ambienti naturali sono i temi intorno ai quali verte la mostra dal titolo “Source” che Galleria Raffaella Cortese di Milano dedica a questa artista presentando una selezione di film, uno dei quali è esposto per la prima volta in Italia, frutto del restauro e della conversione digitale dei film Super‐8mm e 16mm intrapresa dall’Estate of Ana Mendieta.
Una serie di partiture di azioni gestuali, messe in relazione con lo spazio e l’ambiente circostante, creano nuove esperienze percettive, nuove atmosfere visive e sonore. A cominciare da Mirage (1974) girato durante un’escursione al Lake Macbride Field Campus dell’Università dello Iowa. La macchina da presa indugia sul riflesso di Mendieta che appare in uno specchio incorniciato e appoggiato a un albero. Seduta sull’erba alta, apparentemente incinta, lei abbraccia una grande pancia dalla quale fuoriesce una misteriosa sostanza magica, bianca e simile a piume. Un ritorno alla fonte materna, un tentativo di ristabilire i legami con l’Universo, spiegherà la stessa artista segnata dall’abbandono della sua terra natale a causa della dittatura di Fidel Castro e dalla condizione di esule che la farà sempre sentire come orfana.
L’altro lavoro, Source (1975), per la prima volta esposto in Italia, mostra da vicino un seno femminile che, continuamente manipolato, diventa fonte di latte, di nutrimento primario. Filmato nello studio Intermedia dell’Università dell’Iowa, il video marca una tonalità cromatica alterata di blu, aggiunta in post produzione, a testimonianza della vivida sperimentazione di questa artista e della sua grammatica composita.
Infine Birth (Gunpowder Works) (1981) è un’opera strettamente legata alla serie Silueta (Silhouette) in cui Mendieta ha creato forme del corpo femminile scolpendole nella roccia, lavorando la sabbia o impiegando materiali come fiori, rami, polvere da sparo e fuoco. Le immagini ritraggono una silhouette femminile di fango asciutto e screpolato in una secca lungo il fiume Iowa che a un certo punto genera del fumo bianco che fuoriesce dalla fessura simile a un grembo materno e si dissipa, lasciando dietro di sé terra bruciata, come fosse energia emessa da un corpo terreno.
L’esito del suo lavoro pare come riconducibile a una energia invisibile dentro la quale corrono valenze poetiche e metafisiche. E’ un micro universo organico della propria avventura creativa. E’ “[…] un’energia universale che attraversa tutto: dall’insetto all’uomo, dall’uomo allo spettro, dallo spettro alla pianta, dalla pianta alla galassia” (Ana Mendieta, 1983).
Ana Mendieta, Source
Galleria Raffaella Cortese, web site – Facebook – Instagram
Fino al 15 febbraio 2020 | martedì – sabato, h. 10:00 – 13:00 / 15:00 – 19:30 e su appuntamento
Foto di Lorenzo Palmieri