Si intitola ‘Aqui e Agora’ la terza personale di Anna Maria Maiolino inaugurata lo scorso dicembre a Milano presso Galleria Raffaella Cortese che celebra così il decimo anno di collaborazione con l’artista italo-brasiliana.
Nata a Scalea, in Calabria, nel 1942 ed emigrata all’età di dodici anni insieme alla famiglia prima in Venezuela e poco dopo in Brasile, Maiolino è un’autrice poliedrica il cui lavoro è stato profondamente segnato dall’esperienza della dittatura brasiliana (1964-1984) oppressiva e censoria. Irrompe infatti nella scena artistica in un momento caratterizzato dalla radicalizzazione sperimentale e dalla riflessione politico-sociale, un momento in cui la condizione politica è la condizione dell’arte e l’arte, la politica, la società formano un unico blocco. (1)
Al contempo però, attraversata dal tema dell’amore – quello per le sue origini, la sua terra, la sua famiglia – indaga i rapporti umani e le difficoltà comunicative che li regolano realizzando opere che trasudano grande energia vitale e fondono insieme la creatività italiana con la sperimentazione delle avanguardie brasiliane.
“Qui e ora”: a significare un punto nel tempo, un presente, in cui la pratica pluridecennale dell’artista si (ri)compone in un vocabolario ricco di espressioni: la fotografia, le installazioni video, la scultura, il disegno. Linguaggi visivi simultanei e potenti in egual misura.
Nello spazio centrale di Via Stradella 7, in una dicotomica alternanza di bianco e nero, opere storiche convivono con opere di recente produzione. Vi ritroviamo, al centro, una coppia di sculture in ceramica raku – uno dei suoi materiali di elezione insieme a cemento e metallo – installate su tavoli di metallo nero: forme organiche che privilegiano il processo di costruzione più che l’oggetto della costruzione in sé e in cui sono evidenti i gesti primari impiegati per dare ordine alla materia, come impastare, stendere, tagliare, arrotolare.(2) Il gesto modellatore produce opere dinamiche, in fieri, e in questo sta tutta la loro forza generativa: nella forma che è, come scrive l’artista stessa, “in cerca di un’identificazione che non ha mai fine, e che richiede quindi l’azione di un altro gesto ancora, che dia sostentamento al desiderio.”(3)
Alle pareti dialogano tra loro le fotografie della celebre serie Fotopoemaçao. I quattro scatti intitolati Aos Poucos (Little by Little), da serie Fotopoemaçao (1976), sono espressione di un’arte che manifesta il proprio dissenso contro la limitazione della libertà individuale e politica seguita al golpe militare del 1964 e alla dittatura.(4) La sequenza delle immagini descrive gli stadi successivi di una benda nera che scivola sul volto dell’artista, nello stesso modo in cui di solito sono documentate le fasi di un’eclissi: simbolo dell’impedimento che caratterizzava il contesto dell’epoca.(5)
Di fronte, la serie più recente Corpo/Paisagem (Body/Landscape), (2018) segna invece un passaggio dall’uso dichiaratamente politico del proprio corpo ad uno più marcatamente poetico in cui i lineamenti del viso dell’artista diventano come una sorta di paesaggio e ogni dettaglio si trasforma in un elemento geografico da esplorare. Un corpo ambivalente che vive nella duplice dimensione di sociale ed esistenziale.
Chiudono l’esposizione in questo spazio il video Um Tempo (uma vez), [One Time, (once)] (2009/2012), un lavoro raramente esposto, narrato in portoghese, che nel tema del viaggio declina la relazione dell’artista con il paesaggio. La telecamera si muove disordinatamente e velocemente, pretesto per parlare di finito e infinito, della parte e del tutto, del dentro e del fuori, della relatività dello spazio, dei temi cari all’artista che in una recente conversazione con Diego Sileo, che ha curato la sua prima grande retrospettiva italiana al PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano nell’estate 2019, ha affermato: “Con i nuovi media sono passata a incorporare nella mia opera un nuovo alfabeto di immagini totalmente slegato alla produzione parallela che continuo a portare avanti nell’atelier. Quando dico che ho dato inizio a un nuovo alfabeto, intendo dire che con le performance, i video e i lavori sonori sono giunta a formulare un nuovo discorso […] creando immagini che, per quanto forti ed espressive, non raccontano storie lineari, ma vanno a formare immagini-segni di metafore multiple.”(6)
Infine, un’opera del 2012 realizzata dopo aver preso visione del catalogo di una mostra al Museo d’Orsay di Parigi. L’immagine è quella di un cranio suddiviso in aree secondo la ormai desueta dottrina della frenologia per la quale tutte le funzioni psichiche avrebbero una ben definita localizzazione cerebrale, cui corrisponderebbero dei rilievi sulla teca cranica, che consentirebbero la determinazione della loro esistenza, del loro sviluppo, e conseguentemente dei caratteri psichici dell’individuo.
Al civico 1 di via Stradella due vetrine racchiudono un indice enciclopedico dell’opera fotografica e filmica dell’artista: le immagini compongono due collage digitali che offrono un’opportunità unica e immersiva dentro la ricerca di Maiolino. Vi ritroviamo alcuni dei topoi dell’artista: l’uovo per esempio, incarnazione del mistero che si chiude nel silenzio. Esso è evidenza della vita e della sua fragilità, una forma perfetta, un guscio in apparenza simile alla pietra, che rischia di rompersi in ogni momento.(7)
Poi la parola scritta, evocata da due sculture realizzate in metallo e ceramica raku e installate lungo le pareti della galleria. Un linguaggio costruito di pochi segni da un’artista che sulla diaspora degli emigrati ha fondato gran parte della sua poetica. “Mi ritrovai immigrata, senza parlare portoghese e sentendomi come sulle sabbie mobili, sentimento che mi ha sempre accompagnata per tutta la vita da quando ho abbandonato la mia terra natale, l’Italia.”(8)
E intanto nello spazio risuona, profonda e ininterrotta, la voce di Maiolino che nel video Sotto Voce (2016) legge una poesia in portoghese mentre le parole della traduzione inglese attraversano lo schermo. Una riflessione che muovendo da sé e dalle proprie esperienze di vita riesce a farsi universale. E dolorosamente attuale.
…Living in impotence
There are men, women and children walking along the horizon.
One; none; one hundred thousand…
They are immigrants.
Anna Maria Maiolino, Aqui e Agora
Galleria Raffaella Cortese, Milano Via Stradella 1, 4, 7 – web site – Facebook – Instagram
Fino all’ 8 febbraio 2020 | martedì – sabato, h. 10:00–13:00 / 15:00–19:30 e su appuntamento
Abiti Elle Venturini
Foto di Elisabetta Brian
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(1)Màrcio Doctor, Atti per la trasparenza, in Diego Sileo (a cura di), Anna Maria Maiolino, O amor se faz revolucionàrio
(2)Anna Maria Maiolino, Rio de Janeiro, in Diego Sileo (a cura di), Anna Maria Maiolino, O amor se faz revolucionàrio
(3)Catherine de Zegher, Anna Maria Maiolino: opere di terra o arte in-nutrimento in Diego Sileo (a cura di) Anna Maria Maiolino, O amor se faz revolucionàrio
(4)Màrcio Doctor, Atti per la trasparenza, in Diego Sileo (a cura di ), Anna Maria Maiolino, O amor se faz revolucionàrio
(5)Paulo Miyada, Il respiro interminabile. Politiche dell’essere nell’opera di Anna Maria Maiolin, in Diego Sileo (a cura di), O amor se faz revolucionàrio
(6)Diego Sileo, Io e Anna, in Diego Sileo (a cura di), O amor se faz revolucionàrio
(7)Màrcio Doctor, Atti per la trasparenza, in Diego Sileo (a cura di), O amor se faz revolucionàrio
(8)Diego Sileo, Io e Anna, in Diego Sileo (a cura di), O amor se faz revolucionàrio