Più di un luogo fisico. Più di un perimetro che delimita uno spazio. Più di una superficie piana che accoglie le opere dei grandi maestri della moda giapponese. Più di tutto questo. Apres Paris è un viaggio nel futuro che esige il superamento di sistemi noti e delinea mondi ignoti. Da una prospettiva diversa si intravedono allora altri cieli, costellati della genialità illuminata di Comme des Garcones, Yohji Yamamoto, Issey Miyake. Da una lettura differente della realtà emergono dunque altre visioni, costruite intorno al pensiero profondo di una donna che nel 1992, qui dentro, si è inventata il futuro.
“Ecco quello che potrei fare mi sono detta a un certo punto della mia vita. Fare un negozio e fare i miei abbinamenti. Mettere insieme le cose alla mia maniera perché non c’è nessuno che lo sappia fare.”
Inizia così Diana Molin, con semplicità quasi disarmante, a raccontare un percorso di ricerca e creatività lungo quasi una vita.
“Che poi la scelta di Comme des Garcons, Yamamoto e Miyake è venuta in maniera naturale perché quello era il mondo dal quale ero affascinata. Sceglievo gli abiti senza guardare l’etichetta, ed erano sempre i loro che sceglievo. E così mi sono inventata questo luogo, strutturato in nicchie e ogni nicchia è diventata la dimora di uno stilista: il suo mondo, il suo linguaggio, la sua poesia. Gli ho come creato una casa. All’inizio ero molto rigida, non mescolavo nulla, come dire…nessuno abitava lo spazio di nessun altro. Poi, con il tempo, ho cercato di restituire a questi maestri un valore forse più corretto. E’ stata la mia crescita personale ma potrei dire che siamo cambiati insieme. Io ora mi diverto molto di più a mescolare cose diverse, vivo quasi di contaminazioni. E anche loro negli anni si sono trasformati, per esempio Rei Kawakubo non fa più vestiti ma vere e proprie opere d’ arte e Yohji Yamamoto è diventato così costoso da essere quasi inaccessibile.”
Alla prosa stringata e asciutta del quotidiano l’esigenza di contrapporre le regole ritmiche proprie della poesia giapponese con la sua vibrante innovazione, il suo radicale processo creativo e i suoi tagli irregolari, gli squarci, i volumi asimmetrici, i materiali inediti, le cadenze monocromatiche. Una scelta coraggiosa e temeraria quella di circoscrivere un pezzo di futuro in una piccola e borghese cittadina veneta. Nel centro storico di Treviso un negozio senza vetrine che bisogna scoprire, il cui accesso suggerisce la magia di certe installazioni artistiche. Che aspira a arricchire immaginario e sensibilità in un percorso suggestivo che si snoda tra le creazioni della cosiddetta “triade giapponese”.
“Non è stato facile. E’ stato uno spendere l’anima, è stato un percorso in salita perché ho vissuto nella difficoltà di far capire, di spiegare una filosofia di pensiero e non solo un abito, una forma o un tessuto. Ma così facendo ho costruito il mio pubblico e l’ho fatto crescere insieme a me.”
Qui non si impara solo a vestirsi. Qui si impara a sentirsi. Ad ascoltarsi. Ad assecondare le proprie personali esigenze più che quelle dettate dal ritmo vorticoso dell’industria della moda. A capirsi. A dare priorità a sé stessi. A essere aderenti alla propria identità. A interpretare un abito. A rendere viva e unica una costruzione sartoriale con la propria personalità, il proprio carattere, il proprio umore anche. A scalzare da quel podio immeritato le voci, a torto autorevoli, che pretendono di decidere al posto nostro cosa indossare, come indossarlo, quando indossarlo.
“Ma che cos’è la moda? E cosa è il nuovo? E il vecchio? Io non so definirli. Sono le esigenze del mercato a stabilirlo, dinamiche alle quali io non intendo piegarmi. E se qualcuno mi fa la fatidica domanda: cosa va di moda quest’anno? Io rispondo: ma a me lo chiede? Si guardi i giornali perché io non sono in grado di dare risposte del genere. Per me la moda non è mai esistita, non so cosa sia di moda. Io compro delle cose che mi piacciono, che mi emozionano. Per me non esistono nemmeno le stagioni, non esiste nulla: fa caldo ci si scopre, fa freddo ci si copre. Tutto qui. Certo guardo le sfilate perché mi piace essere informata, quando sono a Parigi giro a destra e a manca come una forsennata ma io con la moda non c’entro niente.”
In uno scenario in cui il prodotto sembra essersi svuotato di contenuto e sembra essere sempre meno caratterizzante e differenziante, in un sistema moda che consuma tutto in fretta e seduce con la stessa velocità con cui respinge, Apres Paris è ancora, dopo tutti questi anni, un passo oltre. Oltre la superficialità contingente che ci governa.
“Il segreto del mio esserci? Direi tre cose: gusto, umiltà, emozione. Fortunatamente madre natura mi ha dotata del gusto, l’unica cosa che ho probabilmente e che negli anni ho coltivato e affinato. Poi, non smetto mai di mettermi in discussione. Mi pare di non sapere mai niente. Non sapere mi impone di prepararmi sempre per ogni incontro e mi sprona ad ascoltare le persone per capire quello che vogliono. Infine l’emozione, perché io vendo per emozione non perché ci sia un effettivo bisogno. Sta a me riuscire ad emozionare. E a me emoziona quel qualcosa che non ho visto, che era sfuggito allo sguardo magari nella stagione precedente, forse solo perché non avevo gli occhi per guardare.”
Essere una voce fuori dal coro esige una grande forza di volontà e altrettanto grande determinazione. Quella stessa che serve a tradurre i propri sogni in realtà. E’ così che vengono alla luce le cose migliori, assecondando le proprie inclinazioni, facendo dialogare pensiero e emozione per riscrivere la propria storia.
Ho sempre fatto quello che ho voluto e il meglio di me è stata quella cosa lì, fare quello che volevo. Perché se la mente si incontra con il cuore allora è davvero alchimia. E Apres Paris è questo, è la mia alchimia.
Desidero ringraziare per la cortese intervista Diana Molin titolare di Apres Paris, Treviso (Italy) Via Barberia 34 – www.apresparis.it
La foto di copertina è di Gabriella Gelisio
Le foto qui di seguito sono di Giulia Rubert