CATERINA NOTTE. La caduta dell’osservatore nella pratica della debolezza

Artista multimediale che si esprime attraverso la fotografia, il video, la performance e la scrittura, Caterina Notte (Isernia, 1973) indaga il tema della fragilità della condizione umana, della donna in particolare, quello dei legami che regolano le dinamiche spesso distorte delle relazioni interpersonali e quello della libertà intesa come tensione verso la ricostruzione di un primigenio stato esistenziale scevro da condizionamenti e sovrastrutture sociali. 

Il suo nuovissimo libro La caduta dell’osservatore nella pratica della debolezza (Vanilla Edizioni, italiano e inglese, 344 pp.) indaga in profondità la questione della fragilità, che nel lavoro dell’artista è indissolubilmente legata all’osservazione come parte di un ciclo di ri-osservazione. “Nel senso che io come soggetto, soprattutto come soggetto femminile, osservo la realtà, mi osservo, gli altri mi osservano, io mi ri-osservo nuovamente, in un ciclo che è molto limitante e ingabbiante. Il mio scopo è quello di provare a liberarmi da questo ciclo”.

Oltre alle riflessioni dell’autrice, il volume raccoglie i contributi di 14 studiosi nazionali e internazionali (antropologi, fisici, sociologi, filosofi) tra cui Laurie Ann Paul, David Le Breton e Don Kalb e si arricchisce di un apparato iconografico con immagini di opere di  artiste del calibro di Shirin Neshat, Cindy Sherman e Vanessa Beecroft. 

Caterina Notte, Predator #450

Caterina, mi puoi raccontare la genesi di questo libro? Da quale urgenza è nato?

Una gestazione lunga devo dire, durata tre anni. L’idea era quella di fare un sunto di tutto il mio lavoro e dare una dimostrazione rigorosa della mia ricerca visiva. Trascorsi 14 anni da quando ho iniziato la serie Predator, ho pensato che fosse arrivato il momento giusto per dare sostegno scientifico alla mia indagine. Volevo inoltre che il libro fosse uno strumento utile per accedere ad un pubblico sempre più esteso, per arrivare il più possibile vicino alle bambine e alle donne. Non posso salvare una donna adulta che subisce violenza, ma dentro una bambina posso lasciare delle direzioni, delle tracce. 

Nel titolo menzioni la caduta dell’osservatore. Mi puoi spiegare cosa intendi?

Mi ha influenzata il mio interesse per la fisica quantistica. Alcuni esperimenti hanno evidenziato che l’elettrone o il quanto di luce si comportano in maniera diversa quando sono osservati, per il semplice fatto di essere osservati. Questa è stata una specie di illuminazione per me. L’osservazione è la causa del nostro atteggiamento verso l’altro, la causa anche della nostra perdita di libertà. Perché, come dice Heidegger, “siamo gettati nel mondo” ma fortunatamente, come dice Arendt, siamo gettati in un grande atto di libertà, che è la nascita. Purtroppo, a causa dell’osservazione, questa libertà viene progressivamente frammentata, man mano che cresciamo e diventiamo adulti. Il fine del mio lavoro è sempre quello di eliminare l’osservazione, per quanto possibile, per recuperare la libertà primordiale con la quale siamo nati. Questo è lo scopo del mio libro e gli autori che vi hanno partecipato mi hanno coadiuvata nel raggiungerlo.

C’è un messaggio, una sorta di morale che si fa largo tra le pagine di questo lavoro?

Certamente il messaggio è riconoscere il proprio dolore. Il nostro corpo è stato troppo spesso mortificato. Penso sia il momento di attribuirgli nuovamente importanza, prendendo atto che esso non è un oggetto a sé stante, ma costituisce insieme a noi un tutt’uno che è una forma identitaria. Dobbiamo riconoscere il dolore che coviamo dentro, dare valore a questo dolore che ci apre alla nostra libertà. E questa è anche la mia libertà, come artista e come donna innanzitutto. 

Caterina Notte, La caduta dell’osservatore nella pratica della debolezza, Vanilla Edizioni, italiano e inglese, 344 pp., 36 euro

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Cover story: un ritratto di Caterina Notte

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