CATERINA VERARDI, THE ART ADVISOR

La prima opera che sono riuscita a vendere? Un Mirò, negoziando le condizioni con Sotheby’s Londra. Si lo so, inusuale per una che ha solo 26 anni.

“E paura ne avevo, a dire il vero tremavo, però io sono fatta così vado avanti nonostante tutto e non mi fermo. Quando sono entrata in casa di questa cliente e ho visto questa gouache bellissima non ho avuto dubbi sulla sua destinazione. Si certo, un incontro preparato nei minimi dettagli, si tratta di studiare proprio il caso, non è che ti presenti da Sotheby’s così. Ci vuole competenza, preparazione, attenzione, cura nel relazionarsi. Perché quello dell’arte è un mercato in cui il fattore reputazione è importantissimo.”

Con una prima laurea in architettura e una grande passione per l’arte e la storia dell’arte, Caterina Verardi accantona un futuro piuttosto certo da progettista per dedicarsi interamente a quello che le sta più a cuore. Frequenta allo IULM di Milano il corso di Arti Patrimoni e Mercati e forte di questa laurea specialistica si occupa in prima battuta di storia dell’architettura scrivendo qualche saggio e virando poi verso la professione di critico vero e proprio. Inizia a lavorare come curatore seguendo qualche artista e cercando di capire bene le dinamiche del mestiere di critico. Per far convogliare, infine, tutte le sue energie nel mondo del mercato dell’arte, così estremamente attrattivo dice, perché tutt’altro che sporco e caotico come potrebbe sembrare, ma dominato invece da regole molto rigide e serie.

“Il mio lavoro, l’art advisor, consiste nel fare il consulente nella compravendita di opere d’arte. Mi cerca chi deve vendere un’opera o liquidare una collezione e intende avvalersi della mia professionalità per capire come farlo, in che tempi farlo, se farlo tramite una casa d’aste o un mercante e quale casa d’aste e quale mercante. Oppure chi deve comprare un’opera d’arte, sia che si tratti semplicemente di chiedere un consiglio rispetto al prezzo di un’opera oppure che si tratti di costruire una collezione intera. Anche perché per creare una collezione bella ci sono delle piccole regole da seguire, una certa omogeneità nelle scelte prima di tutto, ed è importante questo aspetto perché una collezione ben costruita dà valore alla collezione stessa, è come se le opere si rivalutassero da sole. Un terzo servizio che io offro, anche se un po’ meno utilizzato, è quello della consulenza rispetto alle valutazioni. Valutare un quadro non è così scontato e non è poi così facile farsi valutare un’opera in maniera corretta.”

Un lavoro che si nutre di certo della passione per l’arte ma che impone un’analisi attenta rispetto a un mercato molto vasto e complesso, che è globale e locale al tempo stesso, che comprende opere piccole e opere grandi, che può includere il design oppure escluderlo. Far bene questo mestiere implica saper leggere e comporre in maniera funzionale la miriade di informazioni da cui siamo investiti ogni giorno.

“La mia è una figura professionale che in Italia non esiste, tranne forse per una piccola presenza all’interno di qualche istituto di credito. Invece all’estero, nei Paesi di matrice anglosassone per esempio, è molto diffuso.

Qui è un mestiere poco praticato perché si scontra con una visione piuttosto statica del mercato dell’arte.

“Si tende in Italia a mobilitare poco le proprietà, la casa per esempio, noi siamo un Paese che mantiene l’abitazione per tutta la vita, fatto inimmaginabile per il popolo americano tanto per dirne uno. Ecco allora che in un contesto culturale come il nostro l’art advisor serve di meno perché se acquisto un’opera perché mi piace accetto il prezzo che mi propone il gallerista e me la metto in casa senza fare troppe analisi. Al contrario, se compro un’opera nell’ottica di movimentarla ovviamente il criterio guida non è più solo quello emotivo: mi piace o non mi piace. Se considero l’opera d’arte alla stregua di un bene che ha un suo mercato di riferimento, come una azione o obbligazione o un immobile, comunque quando vado a comprarla comprendo di avere bisogno di qualcuno che un pochino mi aiuti e mi indirizzi.”

Quello dell’arte è un mercato fatto dei più raffinati tra i beni di lusso, quelli più privati in un certo senso, gli ultimi che si esibiscono, quelli che si mostrano esclusivamente in casa come più intima espressione di sé. Ma al contempo è anche un mercato poco trasparente, che spaventa, e per questo esiste tutto un bacino di utenti che nemmeno si avvicina a questo mondo. Perché i criteri che determinano il pezzo di un’opera in relazione all’unicità della stessa sono difficili da comprendere per chi non è addetto ai lavori e quindi il più delle volte succede di relazionarsi con persone che hanno un potere di trattativa estremamente più alto. A questo serve l’art advisor, ad accorciare le distanze tra chi possiede gli strumenti e chi quegli stessi strumenti non li ha nel proprio bagaglio ma ugualmente ritiene di non doversi sottrarre alla bellezza dell’arte.

“La maggior difficoltà? Legata più alla mia età che all’essere donna direi. Devo lavorare il doppio per evitare di essere scambiata per la ragazzina alle prese con il suo primo stage. Quindi massima serietà, massima preparazione, un abbigliamento adeguato, un linguaggio formale. Un errore, per quanto riguarda la prima impressione, diventa per me quasi irrimediabile. Poi però, superato il primo scoglio di empatia, non ho grossi problemi. E che dirti…succede che vendo anche un Mirò!”

Desidero ringraziare per la cortese intervista Caterina Verardi , art advisor.

Foto di Nils Rossi 

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