Rimettere radicalmente in gioco la storia della pittura attraverso un processo di decostruzione analitica delle sue componenti primarie e concrete. Utilizzare il colore come mezzo di liberazione facendolo diventare elemento fondante della pittura al punto che il gesto dell’artista, la pennellata, il “tocco inimitabile” perde di importanza al cospetto della pura sensibilizzazione cromatica. Ecco allora lo spruzzo che inonda la tela di un liquido polverizzato e dà vita ad aloni e chiazze di diverso colore e differente intensità.
E’ una riduzione agli elementi primari ed essenziali del linguaggio pittorico la mostra di Claudio Olivieri dal titolo “La luce è sempre la prima luce” curata da Giorgio Verzotti e presentata da Osart Gallery a Milano fino al prossimo 24 febbraio.
“E’ lontano il giorno in cui, ad Olimpia, Prassitele mi fece capire che la luce non si posa sul mondo, ma lo rivela fondandolo; io da quel giorno vivo di quella sorgente, sempre temendone lo svanire, inseguendone il bagliore, perdendone le tracce, per poi, brancolando rinvenirle e continuare a vivere.”
Claudio Olivieri, La luce è sempre la prima luce - Installation view, Ph. Credit Bruno Bani - Courtesy of Osart Gallery
Racconta così Olivieri, in versi dai toni di poesia, un rapporto di lungo corso con la luce che lo vede partecipe fin dagli inizi degli anni ’70, insieme a maestri come Claudio Verna o Riccardo Guarnieri, del movimento della pittura analitica italiano e che lo condurrà poi nei decenni successivi lungo la rotta della propria ricerca individuale senza mai venir meno ai presupposti iniziali.
Tutto ha origine, e il ricordo pare sbiadire nella memoria, quando ad Olimpia una statua di Prassitele “interamente circonfusa di luce naturale” è come una folgorazione per l’autore che scopre così il ruolo della luce e la sua funzione che non è soltanto quella di illuminare le cose d’intorno bensì di fondarle, alla stregua di un principio di verità.
Tele come luoghi di sperimentazione in cui la luce e il colore creano spazi sempre cangianti a seconda di come si combinano e di come trovano un loro equilibrio. Spazi allo stesso tempo evanescenti perché non materici, per l’assenza di tocco, “perché il segno si è annullato nel colore, e la pittura è aerea, è soffiata” ci spiega Olivieri.
Claudio Olivieri, La luce è sempre la prima luce - Installation view, Ph. Credit Bruno Bani - Courtesy of Osart Gallery
Il titolo della mostra, tratto da un aforisma dell’artista, sintetizza un viaggio dentro e attraverso una evoluzione cromatica che dai toni scuri degli esordi, il blu che prevale su tutto perché è il colore dell’immateriale, dell’atmosfera, dell’aria, della luce stessa, vira fino al verde, viola, lilla, azzurro, indaco e giallo che caratterizzano la produzione degli anni ’80 e che dalle forme accennate delle vele si avvicina, nelle opere più recenti, quasi a delle forme antropomorfe, sebbene appena sussurrate.
Nella luce “Blu in ombra” (1976), o in quella “Viola Verde” (1977), nella “Knossos” (1981) come nella “Aphrodysia” (1986) si consuma la dialettica tra spettatore e opera, tra materico e astratto, tra ciò che è solido e ciò che è incorporeo. Nell’ineffabile contemplazione della luce un invito ad accorciare le distanze e trascenderle.
Claudio Olivieri, Knossos (1981) - Ph. credit Raffaele Cioffi - Courtesy of Osart Gallery
Claudio Olivieri, Aphrodysia (1986) - Ph. credit Raffaele Cioffi - Courtesy of Osart Gallery
In copertina: Claudio Olivieri, La luce è sempre la prima luce - Installation view, Ph. Credit Bruno Bani - Courtesy of Osart Gallery
CLAUDIO OLIVIERI, LA LUCE È SEMPRE LA PRIMA LUCE
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fino al 24 Febbraio 2018