EXCITATIO

Non bisogna, mai, adagiarsi nella propria condizione, fortunata o sfortunata che sia, ma progredire continuamente. Soltanto, è preferibile nascondere questa febbre di progresso sotto le apparenze della serenità, dell’appagamento. Adagiatevi ufficialmente, agitatevi segretamente. —Irene Brin, Dizionario del successo dell’insuccesso e dei luoghi comuni

Excitatio, dal latino risveglio e, in senso figurato, incitamento, incoraggiamento, è un espediente retorico che consiste nel dotare l’oggetto di quella chiarezza e vividezza necessarie a eccitare l’occhio e la mente del pubblico, così da tenerlo lontano dalla noia. In altri termini, Excitatio è una sorta di energia che apre una finestra nuova sul mondo, il mondo dell’arte, facendo appello alle leggi istintive delle passioni umane. Affinché le emozioni fungano da ammonimento: una esortazione a non adagiarsi sul comodo letto di cliché e convenzioni.

Nel titolo scelto per l’evento d’esordio di MFM (Marco Flò Meneguzzo) si possono già rinvenire tutti gli elementi che compongono il nodo teorico intorno al quale si articola la sua iniziativa: interdisciplinarità, commistione di linguaggi diversi, sguardo nuovo sul femmineo, carattere dialogico dell’arte, riformulazione dell’esibizione artistica, esuberanza cromatica intesa come inedita sollecitazione sensoriale, lo scorrere di un’energia invisibile attiva, fluida, aperta, che rende complementari le forze creative.

2. ©Debora Barnaba, Resurgence #2, fine art, 160x160 cm, 2021:22

 ©Debora Barnaba, Resurgence #2, fine art, 160x160 cm, 2021-22

Niente di nuovo per chi, come Marco Flò Meneguzzo, ha l’arte intimamente radicata nel proprio dna. Dopo gli inizi come Industrial Designer e dopo aver lavorato in diversi studi di Architettura ed in laboratori artigiani quali il Laboratorio Morselletto, riprende, grazie all’esperienza maturata con il padre GioBatta, la sua ambizione di art dealer. Niente di nuovo si diceva, per chi ha avuto il privilegio di intrecciare la storia della propria vita con la storia dell’arte, specialmente quella dagli anni Sessanta in avanti, registrandone in forma sistematica i movimenti, le tendenze e gli artisti in campo nazionale ed internazionale. Ne è testimonianza il Museo Casabianca di Malo, fondato dal padre, sede della più ampia collezione di grafica d’arte contemporanea anni ’60-’90 del Novecento, costruito in 40 anni di lavoro appassionato e diventato museo in grado di offrire un quadro completo degli sviluppi di punta dell’arte d’avanguardia in Italia e all’estero. Un intreccio inestricabile di umori culturali, costume dell’arte, spaccato di un’epoca che GioBatta fiutava d’istinto, intercettando le trasformazioni del mondo dell’arte: una sorta di dimensione antropologica. Un incastro inscindibile di segni e grafica che Giobatta componeva e ricomponeva con precisione con le opere degli artisti importanti della Pop art, Land art e Body art, Fluxus, Nouveax Réalisme, Poesia Visiva, Informale, Concettuale, Transavanguardia, contaminati con oggetti o arredi di arte popolare di famiglia.

Forte di questo solido background e grazie alla costante presenza nelle fiere d’arte europee più importanti, nonché un’assidua partecipazione alle aste europee (Londra, Parigi e Milano tra le altre), MFM (Marco Flò Meneguzzo) ha inteso mettere a disposizione di un pubblico sempre più vasto ed eterogeneo la propria conoscenza con un format che, collocandosi in un segmento parallelo a quello in cui operano le attuali istituzioni d’arte e beneficiando di una posizione più agile e snella, si propone come spazio di ricerca e promozione dell’arte al femminile.

Sulla scorta di tutte queste considerazioni nasce MFM #1 EXCITATIO: evento che, al suo debutto, vedrà protagoniste le artiste Debora Barnaba e Nayra Martín Reyes. A mia cura, si svolgerà a Milano, nello Spazio Maria Calderara, dal 24 marzo al 3 aprile 2022. 

«Al rientro dall’Olanda, dopo la visita al Maurithuis Museum, con una specie di filo rosso tra le mani a legare il tutto, ho iniziato a costruire questo progetto. Sul tavolo di qualsiasi compositore, libri, oggetti, appunti, tutto si accumula, tutto diventa a volte confuso ed urge una bitta di ancoraggio alla quale legare parte di queste cose e che le faccia diventare altro. A volte il filo che annoda tutto insieme è davanti a noi e semplicemente non lo troviamo. Ma altre volte, magari la visita ad un museo che si ama e che fa parte della propria vita, porta a pensare che tutto abbia un ordine, che tutto si intersechi in maniera precisa. Davanti agli amati pittori fiamminghi, che ammiro e nei quali trovo assonanze – per forme, colori e composizione – con la pratica di Debora Barnaba e Nayra Matìn Reyes, ho iniziato a dipanare il filo rosso della mia storia.» —Marco Flò Meneguzzo

5. ©Nayra Martín Reyes, Self-portrait in Blue, acrylic paint on canvas, 2022, 140x120 cm, ph. credits Ioannis Tsouloulis

©Nayra Martín Reyes, Self-portrait in Blue, acrylic paint on canvas, 2022, 140x120 cm, ph. credits Ioannis Tsouloulis

Dammi un cuore, uno spirito, un’anima femminile nella quale immergermi […] e poi quanto poco avrei bisogno di questo mondo. —Richard Wagner

 Se si considera nel suo complesso il Novecento, ben raro è l’apporto delle donne nell’arte, non assenti ma comunque in netta minoranza anche all’interno dei movimenti caratterizzati per una totale adesione ai valori delle avanguardie. Del resto il patriarcato è una realtà sistemica della storia globale, non soltanto della storia dell’arte. L’essere femmina agisce qui, in occasione di MFM #1 EXCITATIO, al modo delle sostanze note in chimica come catalizzatori, cui si riconosce la funzione utile, talvolta addirittura indispensabile, di facilitare il compiersi delle reazioni chimiche. In altre parole, facilita la sperimentazione artistica e la stessa sua produzione.

Debora Barnaba vive e lavora a Milano dove ha inizialmente studiato disegno e pittura per poi avvicinarsi alla fotografia, che è diventata la sua principale forma di espressione artistica. Nel corso della sua carriera ha collaborato con rinomati professionisti tra cui Giovanni Gastel e Oliviero Toscani. Ha partecipato a mostre collettive e personali e vinto numerosi premi. Lavorando sull’autoritratto, l’artista esplora il tema del corpo in tutte le sue molteplici sfaccettature. Corpo ora controllato, ora sovvertito a favore dell’obiettivo della macchina fotografica. Corpo nudo, corpo scansionato, corpo dilatato. Un espediente linguistico che le permette di materializzare la sua esperienza esistenziale, indagando la questione del tempo e dello spazio e le connessioni con il mondo circostante. Una materialità visiva e mobile che stana i sentimenti più profondi, in una narrazione che mai distoglie lo sguardo dal corpo femminile, dalla sua presenza e dinamicità. Quello di Barnaba è un atto di natura concettuale volto a scomporre e ricomporre il corpo. Atto critico che in qualche modo rifonda la realtà sulla quale agisce e che contamina il nuovo con l’esistente, generando un’apparizione inaspettata, un nuovo semantema.

Debora Barnaba, portrait

Debora Barnaba, portrait

Nayra Martín Reyes (Santa Cruz de Tenerife, 1979) è un’artista poliedrica i cui media di elezione sono la pittura e la performance. Nell’ultimo periodo, lavorando nella linea di confine che separa suggestivo da erotico, si è concentrata in special modo sulla rappresentazione della vulva, offrendo una visione immediata e impertinente della comprensione del sesso femminile. Il suo approccio istintivo e spontaneo alla pittura, l’utilizzo di cromie dense e vivaci, stratificate in una resa materica, la libera associazione di immagini di ortaggi con immagini anatomiche, rivelano il suo obiettivo di abbattere lo stereotipo del corpo femminile come corpo a caratterizzazione prevalentemente sessuale. Una nuova iconografia che, indagando il tema dell’essere femmina nel XXI secolo, tenta di eludere quel senso di vergogna che le donne hanno sempre provato riguardo alla loro sessualità, al loro corpo, ai loro genitali. Un sentire amplificato nel contesto di una società maschilista che ne ha costantemente subordinato il ruolo nel contesto sociale.

Nayra Martín Reyes, portrait

Nayra Martín Reyes, portrait

In  tutte le sostanze naturali che  veniamo a conoscere, noi osserviamo in primo luogo una relazione con sé stesse. E’ vero, suona strano sentir enunciare una cosa tanto ovvia, ma solo se ci si è intesi pienamente su ciò che è noto si può proseguire insieme verso l’ignoto. —Johann W. Goethe, Le affinità elettive

Mi è tornato alla mente questo passaggio de Le affinità elettive, la sensazione che la vita sia sempre un enigma e che non solo l’arte, ma l’arte insieme, possa costituire una sorta di soluzione, mentre cercavo di formalizzare i temi che sottendono questa doppia personale. Un progetto espositivo multidisciplinare in cui fotografia, pittura, performance e video sono trattati alla stregua di elementi lessicali posti in muto rapporto per la formazione di un’espressione compiuta. Vie che si contaminano l’una con l’altra e la cui radice potrebbe forse nostalgicamente rinvenirsi in manifestazioni quali happening, Fluxus, performance, body art e arte relazionale che hanno caratterizzato il clima artistico degli anni Sessanta, quando una nuova definizione dell’individuo come soggetto principale del vivere comune ha avuto, come effetto collaterale, il bisogno di ripensare i rapporti con la corporeità, propria e altrui. (1)

Ma preferisco dare enfasi alla convinzione che la contemporaneità parli con molti voci e che una delle questioni che la mostra si propone di indagare è come trasformare questa polifonia in armonia, impedendole di degenerare in cacofonia. L’armonia non significa uniformità, ci insegna Bauman, ma è sempre un’interazione di numerosi motivi differenti, che conservano ciascuno la propria identità distinta e sostengono la melodia risultante attraverso e grazie a questa identità. (2)

Si incontrano qui un’identità fotografica e un’altra pittorica, identità distinte che contribuiscono individualmente e coralmente al componimento della stessa melodia, rendendo fluide le barriere che tradizionalmente separano le pratiche. Affinità elettive mi piace pensare, come quelle di due artiste che si sono intese pienamente su ciò che è noto e quindi proseguono l’una accanto all’altra verso l’ignoto. L’ignoto è sperimentazione, innovazione, commistione. L’ignoto è anche collaborazione, significa partecipare insieme a una produzione comune che insiste sul corpo femminile e sul colore. Assi portanti di un progetto fatto di consonanze sensoriali, in cui la percezione immediata della composizione fotografica e la vivacità del tratto pittorico traggono ancora più forza dal contrasto nella giustapposizione delle tinte.

1. ©Debora Barnaba & Nayra Martín Reyes, Dentro-Fuori #1, mixed media, 80x100 cm, 2022

 ©Debora Barnaba & Nayra Martín Reyes, Dentro-Fuori #1, mixed media, 80x100 cm, 2022

La condizione di solitudine e isolamento a cui l’emergenza sanitaria ci ha costretti, ha agito sulle artiste come una sorta di catalizzatore di stimoli, dando impulso all’uso del colore nella loro pratica, nella sua accezione più vitale e vitalistica. Una sensibilità calda, con forti valenze visuali e simboliche, caratterizza le opere esposte alle pareti, ponendo a contrasto il potenziale energetico dei lavori con la recente inerzia della conditio humana.

«Dall’inizio del 2020 ho fortemente sentito l’esigenza di cambiare, di evolvere. E ho sentito anche voglia di colore in ogni cosa. Questa sensazione però non si era ancora tradotta nei miei scatti, se non in quelli commerciali. Ho iniziato a fare ricerche sull’uso del colore nella storia, soprattutto nell’antico Egitto, cultura che amo particolarmente, e mi ha colpito una frase a riguardo: secondo gli antichi egizi senza il colore non si poteva avere una piena conoscenza del reale. Questa affermazione mi ha dato da pensare, ma ero come pietrificata, non sapevo come usare il colore. I miei studi mi hanno hanno fatto incontrare un libro meraviglioso, dei nudi di Irving Penn“Earthly bodies”. Un lavoro davvero interessante, quasi un abbozzo di qualcosa di non finito. Ho pensato che mi sarebbe piaciuto proseguirlo, ma ancora non sapevo come. Infine, l’illuminazione che ha cambiato tutto e portato ad una realizzazione pratica del colore è stata semplicissima: i mattoncini giocattolo di mio figlio. I giochi per bambini hanno dei colori molto forti, sgargianti, che non ho mai amato. Ma vedere come lui li impilava e vedere che colori che prima ritenevo orribili, accostati l’un l’altro, diventavano poi armonici, mi ha portato ad un cambio radicale di visione. E ho capito: dovevo usare quei colori, disturbanti, sgargianti, saturi, contrastanti. Ma insieme in qualche modo incredibilmente armonici. Tutto è nato spontaneamente e di pancia, esattamente come il mio lavoro. Ho proceduto in questo senso, anche lasciandomi stupire da quello che scoprivo. Invertendo i colori nell’elaborazione dell’immagine così da generare un ulteriore fattore di sorpresa.» —Debora Barnaba

5. ©Debora Barnaba, Resurgence #5, fine art, 160x160 cm, 2021:22

©Debora Barnaba, Resurgence #5, fine art, 160x160 cm, 2021-22

«Il mio uso del colore è: Crudo, Puro, Autentico, Gioioso, Piacevole, Vibrante. Il colore per me non è un lusso, un capriccio e nemmeno un ornamento: è IL CENTRO della mia espressione. Divento VIVA nelle sue sfumature più pure e audaci. Ha a che fare anche con la mia ribellione al grigio e alla sobrietà del Belgio, dopotutto sono nata a Santa Cruz de Tenerife! La tavolozza che utilizzo è fedele alla mia continua ricerca sul COLORE DEI CIBI, cotti o crudi (erotismo o cannibalismo?). A volte emulo direttamente, così come le percepisco, le forme naturali e il colore della frutta e della verdura stessa. Sento che i colori vibrano nella mente e che quelli che uso suscitano uno stato mentale positivo e sentimenti di GIOIA e PIACERE nello spettatore, come fanno in me stessa. Certi giorni mi sento come se fossi un colore in particolare, che fuoriesce da me come la lava da un vulcano. Allora DEVO fare un dipinto in quella tonalità, proprio in quel momento (sinestesia?). Le mie forme e i miei colori sono simbolicamente e SINERGICAMENTE connessi. Vedo forme e colori come impronte elevate del mio corpo e della mia mente in movimento, che lavorano simultaneamente in armonia e conflitto tra loro.» — Nayra Martín Reyes

3. ©Nayra Martín Reyes, Looking to Your Laurels, acrylic paint on canvas, 2022, detail of the installation of 25 canvases, 300x160 cm, ph. credits Ioannis Tsouloulis

©Nayra Martín Reyes, Looking to Your Laurels, acrylic paint on canvas, 2022, detail of the installation of 25 canvases, 300x160 cm, ph. credits Ioannis Tsouloulis

L’opera è aperta e sottoposta a un cambiamento continuo, perché include lo spettatore. Non si può fare a meno di partecipare a tale opera, anche solo attraverso la semplice osservazione.  —Eric Andersen

L’arte fondata sulla partecipazione e sulla commistione autore-pubblico, è stata ampiamente riscoperta nei tardi anni Ottanta, dopo la fine dell’ondata neoespresionsta, e soprattutto negli anni Novanta, con quella che Nicolas Bourriaud ha definito, sulla scorta del filosofo Mafessoli, “estetica relazionale”. (3)

Qui, in occasione di questo evento, l’elemento performativo intende esplorare la relazione tra il corpo e il colore, mettendo in scena una sorta di risveglio, una excitatio appunto, una rivitalizzazione la cui necessità trova il proprio ancoramento nel contesto presente. Quello della crisi pandemica certo ma, più in profondità, quello di una crisi endemica delle relazioni che ci riguarda tutti e ci riguarda da molto vicino. Sempre Bauman: «In questo mondo i legami tra gli esseri umani sono frazionati in incontri sequenziali, le identità in maschere indossate l’una dopo l‘altra, la biografia in una serie di episodi che durano solo nella memoria parimenti effimera.»(4) L’azione lavora sul doppio binario corpo inattivo vs corpo attivo, colore neutro vs colore vivido, trattando il colore alla stregua di un reagente chimico che, a contatto con il corpo, ne permette la determinazione quantitativa e qualitativa. In altri termini, il colore come veicolo fisico e metaforico di energia che attiva in modo immediato e spontaneo una struttura inerte.

Per quanto è stato scritto, e volendo tirare le fila del progetto MFM #1 EXCITATIO, potrei concludere dicendo che esso si presenta in modo fluido e molteplice, cangiante alla maniera di uno spazio liquido. Un mondo di forme e superfici compenetrate, inteso come un’entità metamorfica in continuo movimento, inscritto in un quadro di grande fecondità espressiva, che prova a sintetizzare la complessità della contemporaneità in una nuova architettura del visuale.

Cover story: Debora Barnaba & Nayra Martín Reyes, portrait

_______

Note bibliografiche: 

(1) Francesco Poli (a cura di), Arte contemporanea. Le ricerche internazionali dalla fine degli anni ’50 a oggi, Angela Vettese, Dal corpo chiuso al corpo diffuso, 2003 Mondadori Electa Spa, Milano

(2) Zygmut Bauman, La società individualizzata, 2001 il Mulino, Bologna

(3) Francesco Poli (a cura di), Arte contemporanea. Le ricerche internazionali dalla fine degli anni ’50 a oggi, Angela Vettese, Dal corpo chiuso al corpo diffuso, 2003 Mondadori Electa Spa, Milano

(4) Zygmut Bauman, La società individualizzata, Capitolo sesto: Uniti nella differenza, Il 2001 il Mulino, Bologna

Comments are closed.