FABIO REFOSCO, IL CASO NON ESISTE

Fabio Refosco (1968) vive e lavora a Trissino (VI), ha esposto le sue opere in numerose mostre personali e collettive. La sua tecnica pittorica, votata alla sperimentazione, produce forme astratte, antropomorfe e imprevedibili. Forme aperte all’interpretazione che esaltano la continua dialettica tra finito e infinito. Un percorso intimo e riflessivo con il quale cerca di esprimere i suoi stati interiori attraverso combinazioni fatte di mescolanza e tensione, trasparenze e coperture dense.

8. Fabio Refosco

Francesca: Vorrei partire dall’inizio e chiederti della tua formazione e di come ti sei avvicinato all’arte.

Fabio Refosco: Negli anni Ottanta nel mio paese venivano organizzate delle Biennali d’arte con artisti importanti. Da bambino, percorrendo i corridoi della scuola elementare, ricordo di essere rimasto folgorato dai grandi cavalli rossi di Aligi Sassu o dalle trame intrecciate di Piero d’Orazio. Solo ora capisco la grande fortuna che ho avuto. L’arte è sempre stata, sin dalla giovane età, uno strumento per esprimere il mio carattere sensibile e riservato, una necessità. Mi sono formato da autodidatta apprendendo le varie tecniche pittoriche, poi nel 2010 la svolta: esco dallo studio di casa ed entro a far parte di Spazio In Art, un capannone in co-working insieme ad altri creativi. Nel mio nuovo grande studio ho la possibilità di sperimentare nuove tecniche pittoriche, usando anche degli strumenti del tutto inusuali.

4. Fabio Refosco

Francesca: C’è qualche figura, un maestro, un artista, che è stato particolarmente incisivo per il tuo percorso o dal quale sei stato influenzato in maniera speciale?

Fabio: Ho avuto la fortuna di essere stato allievo di un grande Maestro vicentino come Otello De Maria, che mi ha insegnato la disciplina ed il rigore della pittura. Condivido inoltre l’amicizia con Gilberto Perlotto, virtuoso del ferro battuto, con un grande artista contemporaneo come Arcangelo Sassolino, entrambi del mio paese. Credo molto nel rapporto umano e il mio studio, nello Spazio In Art, è anche un luogo di incontro di artisti, curatori, musicisti, scrittori o anche “balordi”…  dove ognuno può esprimere liberamente il proprio pensiero.

6. Fabio Refosco

Francesca: Tutta la tua pratica artistica si dipana nell’interregno tra quello che tu definisci incontrollabile e controllato, tra Chaos e Kosmos dico io. In quello spazio di mezzo agisci e imprimi forme agli oggetti, crei segni fluidi mescolando acqua e pigmenti. Come si sviluppa il tuo processo artistico?

Fabio: Sperimento equilibri sempre nuovi tra l’acqua (elemento vitale) e pigmenti (materia), ne ricerco la trasformazione, l’accompagno ma non la forzo. Unisco l’informe con la forma e mi faccio da tramite tra il pensiero e il supporto. Alla base dei miei lavori c’è sempre una geometria ben calcolata, nulla infatti è lasciato al caso.

Francesca: Infatti tu dici: “Il caso non esiste. Sono io che creo, che parlo, che ottengo da un gesto unico, ben preciso e scelgo l’attimo per far dialogare l’informe con la forma.” Posso chiederti quand’è quell’attimo in cui la forma si svela? Quando avviene questa specie di epifania?

Fabio: Il caso non esiste, c’è sempre un nesso, un significato che va oltre i singoli accadimenti della vita. Vado tutti i giorni in studio, mi alleno come fa uno sportivo per la gara, in modo da essere pronto a cogliere l’attimo. Quando tutte le condizioni sono ideali perché venga compiuta l’opera, essa si manifesta.

1. Fabio Refosco

Francesca: Le tue opere rimandano a mondi altri, a orizzonti lontani, a linee di confine tra terra e cielo. A un Altrove che si svela nella visione dell’invisibile che è nascosto nelle cose e forse anche nei rapporti umani. Tutto il tuo lavoro è un esercizio a documentare ciò che non si vede, l’ignoto, i moti dell’anima. La dissoluzione dei confini tra dentro e fuori dà vita a geroglifici poetici, aperti all’interpretazione. Quale il messaggio che vuoi veicolare? E quale il rapporto che intendi instaurare con il fruitore dell’opera?

Fabio: Mi piacerebbe che il fruitore avesse una suggestione in cui immergersi, che individuasse una propria chiave di lettura. Nei miei lavori si possono trovare tracce di biologia, tempo passato e futuro, galassie ed universi: il moto dell’anima.

5. Fabio Refosco

Francesca: Utilizzi tecniche come la decalcomania o strumenti del tutto inusuali come la frusta o le bolle di sapone. Un approccio nuovo e sperimentale, me puoi parlare?

Fabio: Il mio approccio all’arte è sperimentale e scientifico, le tecniche più inusuali sono quelle che mi affascinano maggiormente. Trovo emozionante pensare che da un soffio possa compiersi un ciclo vitale, o che da una frustata violenta possa nascere un fiore. Un gesto preciso, nel momento preciso: qui e ora.

Francesca: Infine, la tua Bolla è un contenitore di visioni, suggestioni, emozioni e parti di noi stessi. E’ la densificazione di quell’impalpabile che sembra tanto attrarti, come se volessi dare consistenza all’inconsistenza. Tracciando, e forse superando, la nostra finitudine di esseri umani. 

Fabio: Il mio respiro per creare una forma tridimensionale e poi lasciarla libera di appoggiarsi sulla carta, attendere il momento in cui avviene la trasformazione, una traccia che resterà per sempre. E’ la nostra storia. L’arte è cosa seria e difficile, e prevede da parte di chi esercita una assoluta costanza e una grande umiltà.

7. Fabio Refosco

Fabio Refosco, sitoFacebookInstagram 

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