Si intitola Transitum la personale di Fabrizio Cotognini (Macerata, 1983) che BUILDING GALLERY presenta sino al 19 luglio 2025. A cura di Marina Dacci, la mostra raccoglie oltre 90 opere realizzate appositamente per l’occasione: microfusioni, sculture, installazioni e disegni (alcuni dei quali realizzati su incisioni del XVIII secolo, di cui è appassionato collezionista), danno conto della ricchezza espressiva di questo autore, che attraverso la storia, la letteratura, l’architettura e il teatro indaga i temi del tempo, della memoria e del mito.
“Il progetto espositivo, il primo dell’artista negli spazi della galleria – spiega Dacci -, si sviluppa per capitoli ed ha avuto un tempo di gestazione di circa due anni. Il titolo, che evoca l’idea della trasformazione, declinata in modi differenti nelle diverse sezioni della mostra, si esprime sia in riferimento alla questione dell’identità, che alla pratica di produzione e alla dimensione spazio-tempo. Quest’ultima, in particolare, è indicativa di quello che io definisco un atteggiamento mistico di Cotognini, perché l’azzeramento della misura lineare del tempo genera una forma di contemplazione in cui la memoria collettiva si innesta con la memoria personale”.

Natura e cultura dialogano all’unisono al piano terra della galleria dove la microfusione intitolata Alveare (2025) è posta in relazione con La Casa dell’Arte (2025), un plastico in 3D che riproduce gli spazi di BUILDING. “Alveare è una scultura realizzata con la fusione etrusca – precisa l’artista. Si tratta di una tecnica che ho appeso da giovane, quando frequentavo la scuola di orafo, e che ho voluto utilizzare per riprodurre fedelmente, cristallizzandolo nel bronzo, qualcosa che io trovo di una bellezza disarmante. La natura, insieme all’alchimia e alla sperimentazione sui materiali, sono centrali nella mia ricerca”.
“Quasi una provocazione – continua la curatrice. Posta difronte alla vetrina della galleria, l’opera funziona da auspicio affinché l’arte assuma la struttura collaborativa dell’alveare, sia per chi la guarda che per chi la produce, e perché diventi generativa anche verso chi ne fruisce”.
Cotognini muove dall’antico per rivisitarlo in chiave contemporanea, focalizzando la sua attenzione non tanto sull’artefatto in sé, ma piuttosto sul processo di lavoro che diventa il corpus del lavoro stesso. Un approccio molto evidente nel capitolo denominato Distopie (2024) e composto di incisioni ad acquaforte del XVIII secolo, trasformate in vere e proprie aberrazioni del contemporaneo. “Sono incisioni originali – racconta l‘artista – che vanno dal tardo Seicento sino all’Ottocento e che mettono in evidenza un processo in continuo divenire, fatto di studio e giustapposizione di livelli differenti. Questo lavoro è una rappresentazione utopica di una distopia, in cui ho trasformato delle architetture importanti immaginando che alcuni archetipi, quelli che hanno concorso alla mia formazione, potessero in qualche modo colonizzarle creando nuovi immaginari. Muovendo dai tanti esempi di monumenti brandizzati da multinazionali, ho fatto lo stesso utilizzando citazioni mutuate da libri, musica o film fondamentali per il mio sviluppo. Il risultato sono queste mappe concettuali, perché nel mio lavoro la fase dello studio rimane spesso a vista, anche se non c’è la volontà che venga letto il processo. Non è una scrittura leggibile, ma è la scrittura di un processo che tante volte assume la forma di un’architettura”.

La mostra continua al primo piano della galleria, mettendo in luce un’altra grande passione di Cotognini: il teatro. Esposte in questo ambiente ci sono, tra le altre, alcune opere della messa in scena del Parsifal rappresentato a New York nel 1904, installate emulando la struttura teatrale semi-ciclica del teatro di delminiana memoria. E termina al secondo piano, dove la declinazione del concetto di trasformazione è proposto come connessione profonda tra memoria e immaginazione. Protagoniste sono qui due macchine ottiche che divengono loci della memoria, in cui vengono sollecitate ed esaltate le possibilità di visione dello spettatore.
Transitum si estende – dal 3 aprile al 5 luglio 2025 – nella Galleria Moshe Tabibnia, dove l’artista propone un dialogo fra i tessili della Collezione Moshe Tabibnia e la figura del cigno. Il cigno reale, una fusione in bronzo realizzata a grandezza naturale, L’Iperboreo (2025), poggia le zampe su due teschi, trovando la sua collocazione nella Sala Brera al piano terra della galleria, insieme ad alcuni disegni preparatori.

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Cover story: Installation view, Transitum, Fabrizio Cotognini, BUILDING GALLERY, Milano, ph. Leonardo Morfini, Courtesy BUILDING