Sperimentazione, deregulation e sagome non definite. E un’attitudine anti-formale che si fonda sull’utilizzo dei materiali e sulla percezione sensoriale. La manipolazione non organizzata della materia grezza produce esiti sorprendenti che spaziano dal gioiello contemporaneo all’arredamento di interni: oggetti da indossare, complementi di arredo funzionali ma anche installazioni di forte impatto visuale. Quello di Federica Cristaudo è un fitto e instancabile processo creativo, un atto di scoperta costante che lascia trasparire un’inequivocabile insofferenza per gli schemi rigorosamente logici e per i processi standardizzati.
Francesca Interlenghi: Partendo dall’esperienza dell’azienda di famiglia hai deciso poi di intraprendere il tuo personale percorso, lasciando la strada nota per quella ignota si potrebbe dire. Come è iniziato tutto?
Federica Cristaudo: Tutto è iniziato quando è finita la voglia di sottostare e soccombere a quello che era una sorta di futuro predestinato. Provengo da una famiglia che da tantissimo tempo si occupa di restauro e che conduce un’attività ormai consolidata in tutta Europa, per cui quella doveva essere la strada da seguire e infatti ho studiato restauro e conservazione delle opere d’arte a Roma. Ma per quanto meraviglioso potesse essere quell’ambito, a un certo punto ho sentito di non riuscire più ad esprimermi, mi sono resa conto di stare stretta dentro un sistema fatto di rigidi protocolli dai quali, in fondo, non ci si può scostare più di tanto.
Francesca: Come sei arrivata a questo tipo di soluzione formale? C’è stato un evento che potresti definire scatenante?
Federica: C’è stato un evento casuale, si. Stavo facendo dei ritocchi finali a un affresco e la mia attenzione si è spostata su alcune piccole gocce di materia e sulle sagome che creavano, un effetto simile a un gocciolamento che appena rientrata a casa ho provato a riprodurre. E’ iniziato tutto così. Con me che la notte sperimentavo e il giorno restauravo. I primi esperimenti li ho fatti sul gioiello perché mi sembrava più immediato, ma ho capito subito che il mio poteva essere un approccio valido tanto per il micro quanto per il macro.
Francesca: Il tuo è infatti un mondo vasto in cui la materia è la protagonista e la regola è la non regola. Un approccio volutamente a-sistematico in cui la struttura è sempre il frutto di una tensione inventiva, mai qualcosa di determinato aprioristicamente. Eppure nulla trascura mai la funzionalità.
Federica: La mia libertà si esprime al massimo quando lavoro sul gioiello perché non ci sono vincoli, se non chiaramente quelli imposti dal materiale. Posso utilizzare il poliuretano espanso per esempio per realizzare una poltrona che oltre ad essere un’installazione assolve anche alla sua funzione di seduta o creare un tavolino il cui utilizzo è propriamente quello tradizionale. Ma so anche confrontarmi con le realtà che mi circondano, trovare giusti compromessi con le norme, come quando devo ristrutturare per intero un ristorante – oggi sono alla mia quarta esperienza di ristrutturazione – e allora la creatività deve dialogare con le regole.
Francesca: C’è un momento ben preciso in cui la tua produzione passa da una dimensione privata a una dimensione pubblica ed è quando ti confronti per la prima volta con i frequentatori della design week milanese, in occasione del Fuorisalone. Cosa è accaduto in quel momento?
Federica: Devo ringraziare Gabriele Cavallaro ed Elif Resitoglu, project manager di Isola Design District, per aver creduto in me e scommesso su di me. Era una situazione completamente nuova, non mi ero mai esposta e non avevo mai mostrato le cose che facevo perché le facevo soltanto per me. Ma lì è accaduto qualcosa, il riscontro è stato incredibile… davvero non me lo aspettavo! Subito dopo ho registrato il mio marchio e l’anno successivo di nuovo ho preso parte alla settimana del design del vivace quartiere Isola come main partner ed espositrice.
Francesca: Rispetto agli esordi, e siccome tutto di te è in divenire, c’è stata sicuramente una evoluzione sia della tecnica che della resa estetica del tuo prodotto. Mi riferisco in particolare modo al gioiello.
Federica: Sicuramente rispetto agli inizi c’è stata un’evoluzione importante: ho cominciato con sagome amorfe, poco controllate, prevalentemente accessori trattati con la colatura inversa, per arrivare poi pian piano a una produzione più definita. Mi sono specializzata nell’applicazione della foglia d’oro che eseguo quasi con la stessa tecnica del 1200 e che mi permette di ottenere effetti diversi. Amo la lucentezza di questo metallo esaltata soprattutto dalla giustapposizione dei contrasti: l’oro abbinato alla plastica produce effetti interessanti che hanno sorpreso persino me. Al contempo lavoro anche con la resina termoplastica che restituisce massima duttilità agli oggetti superando il problema della loro termo sensibilità. Inoltre la continua sperimentazione mi porta a cose sempre nuove: tagli netti, vivi, supporti in camoscio con interventi di materiale plastico e in oro zecchino. Mi piace aprirmi a nuove possibilità, mi piace lavorare fuori dalla mia comfort zone.
Francesca: Nel tuo immaginario, durante la fase di progettazione, hai in mente una donna di riferimento? Una donna che potrebbe indossare le tue creazioni?
Federica: Nel tempo mi sono resa conto che il mio è un prodotto versatile, tendenzialmente adatto a chiunque. E io mi riconosco in ogni cosa che faccio altrimenti, semplicemente, non la farei. Tutto quello che creo nasce da un’intenzione forte e altrettanto forte deve essere l’intenzione di chi lo acquista. Solitamente le donne con grande apertura mentale, quelle che desiderano possedere e indossare qualcosa in cui riconoscersi, sono quelle che apprezzano il mio lavoro.
Francesca: Federica Cristaudo ora non è solo un marchio registrato ma anche un luogo fisico, uno spazio di co-working e condivisione di idee. Come nasce Wonderloft?
Federica: Uno spazio creativo, questo avevamo in mente quando, facendo una specie di scommessa, tra Gabriele Cavallaro – come Blank agenzia di comunicazione, me – come Federica Cristaudo design – e Francesco Piccolo – come Coco Produzioni foto e video maker – abbiamo preso questo posto con il proposito di dare vita a un incubatore di creatività. Qui nascono sinergie, qui le diverse professionalità interagiscono tra loro in maniera proficua.
Francesca: A settembre, in occasione della prossima fashion week milanese, avrò il piacere e l’onore di partecipare ad un evento performativo in cui le tue creazioni incontreranno quelle della designer Elle Venturini. Il mio corpo e la sua azione, un tramite per il vostro dialogo.
Federica: Un evento per e con Elle Venturini, mi piace definirlo così. Si svolgerà nella prestigiosa location del Carlyle Hotel nel cuore di Milano in collaborazione con Ammu, realtà imprenditoriale di origine siciliana che opera nel campo dolciario prettamente siculo. Quello con Elle è stato “il bel incontro” come recitava la frase del celebre sceneggiatore Eli Wallach, perché fino a quel momento una persona che avesse saputo analizzarmi con tanta lucidità e darmi, in maniera del tutto naturale, degli spunti così importanti su cui lavorare ancora non l’avevo incontrata. Un bel incontro perché attraverso lei mi sono incontrata anche io, per la prima volta.
Desidero ringraziare per la cortese intervista Federica Cristaudo
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Foto Francesco Piccolo, Coco Produzioni
Make up Gaia Lo Frano