Si intitola Figlie di Saturno il progetto performativo di Amedeo Lo Savio che si inscrive nel più ampio progetto di tesi individuale, a conclusione del suo corso di studi di Textile & Fashion presso IAAD Torino, volto a indagare il ruolo della donna nel contesto della realtà urbana. Un lavoro che combina gli insegnamenti del Teatro Laboratorio di Grotowsky, il concetto di abito come habitus – inteso come modo di essere, comportamento, disposizione – oltre che alcune suggestioni di matrice cinematografica, tra tutti i “Comizi d’amore” (1964) di Pier Paolo Pasolini, sull’ispirazione dei quali sono state realizzate una serie di interviste – una sorta di tappeto drammaturgico a sostegno dell’azione corporea – a donne di diversa età, estrazione e cultura. Ne è emerso un universo multisfaccettato che nel sentimento profondo, spesso celato, di iniquità e nel desiderio, parimenti profondo, di produrre un cambiamento e liberarsi dai pregiudizi, trova il proprio punto di raccordo.
Secondo la cosmogonia greca, Crono (Saturno per i latini), essendogli stato profetizzato che uno dei suoi figli lo avrebbe soppiantato e privato del potere, iniziò a divorarli a uno a uno. La moglie Rea riuscì a porre in salvo solo Zeus, il sestogenito, nell’isola di Creta. Qui Zeus crebbe nutrito dalla ninfa Adrastea, con il latte della capra Amaltea, e diventato adulto affrontò il padre, lo obbligò a restituire i figli ingoiati e lo spodestò dal trono, diventando egli stesso il signore supremo di tutti gli Dei.
“Come nell’epilogo del mito greco il titano viene sconfitto da Zeus, così nello spettacolo da me ideato è la figura della donna ad elevarsi a eroina di sé stessa. L’equilibrio, apparente e precario di un’idilliaca condizione iniziale, viene stravolto dal palesarsi di Saturno, impersonificazione della società e delle sue istanze. A questo punto, è solamente attraverso la coscienza delle proprie abilità e del proprio valore che le protagoniste, le donne, riescono a liberarsi del nemico attraverso un processo di auto-affermazione, doloroso e sofferto, che non si limita a sconfiggere la divinità ma ambisce a proseguire nel tempo, secondo il tempo scandito dalla lentezza. Un finale aperto, un figlio bianco, ancora tutto da scrivere.” Amedeo Lo Savio
La volontà di contaminazione di differenti forme artistiche ha riunito a vario titolo, intorno a questo articolato progetto, diverse figure di creativi, in una mescolanza di visioni che affondano tutte simultaneamente nella moda, nell’arte performativa, nella fotografia e nella musica le ragioni della loro coesistenza: pezzi costitutivi della loro identità. “La moda non è abbigliamento visuale”, ci insegna Yunika Kawamura, “ma è composta da tutti quegli elementi invisibili che sono inclusi nel vestire” e che le performer in scena cercano di fa emergere dalle pieghe dei loro movimenti, dalla tensione dei nervi, dai tessuti, dalle costruzioni volumetriche, dalla materia e dalla forma, dando forma all’invisibile appunto. Un racconto che si snoda lungo storie di donne, di corpi e dei loro vestimenti e che invita l’osservatore a farsi anche spettatore attivo e partecipe dell’attuale condizione femminile.
Sullo sfondo un tram in disuso, supporto scenografico di quella modernità che mettendo in moto il mondo – per dirla con Bauman – ha rivelato la fragilità e l’instabilità delle cose e ha spalancato la possibilità (e la necessità) di dar loro una nuova forma.
Credits:
Figlie di Saturno | Un progetto di Amedeo Lo Savio
Performer: Rossella Rapisarda che ringrazio dal profondo del cuore, Barbara Benenati, Mirella Berardino, Paola Brusa, Agnieszka Michalak, Anna Nicoli, Selene Scarcella, Francesca Interlenghi.
Foto di backstage: Pietro Oliva
Video e foto: Pietro Oliva, Nicole Depaoli
Musica: DIPS
Mua: Camilla Peluso, Giulia Noto
Evento: Lo spettacolo si terrà il prossimo 19 giugno alle ore 21:15 a Torino presso Tram Diogene, Rotonda Corso Regio Parco/Corso Verona, alla presenza di un ristretto pubblico e in ottemperanza alla normativa anti-Covid.