HARIS EPAMINONDA, VOL. XXXII 

Prosegue sino al 19 luglio la mostra che la Galleria Massimo Minini di Brescia dedica a Haris Epaminonda (1980, Nicosia, CY) e che raccoglie opere create per la maggior parte in situ. Vincitrice del Leone d’Argento alla Biennale di Venezia del 2019, l’artista ha intitolato questa sua seconda personale in galleria VOL. XXXII, in accordo con l’abitudine di numerare consecutivamente i suoi progetti espostivi, con la volontà di suggerire un principio ordinatore astratto piuttosto che fare riferimento a contenuti specifici.

Indagando i temi della memoria e del mito, Epaminonda interviene nello spazio con timbro lirico e insieme rigore liturgico, creando ambienti ricchi di simbologie in cui passato e presente si fondono in un continuum senza tempo, che genera una singolare stratificazione di momenti della storia. Piedistalli e piattaforme, tendaggi e indumenti, vasi e statuette, nonché la predilezione per materiali esistenti come fotografie tratte da libri e objet trouvé, testi e collage combinati con strutture e supporti da lei stessa progettati, formano un vocabolario visuale ricco e immaginifico che genera tra i singoli elementi, disposti nella galleria, un ininterrotto dialogo enigmatico. “Corpi semplici, parallelepipedi di minimo spessore commenta Minini con foglia oro, cera, colori tenui, con un tributo ai modi di Carlo Scarpa per la bellezza dei dettagli, la geometria della costruzione, la poetica del risultato”.

Installation view from Haris Epaminonda, VOL. XXXII at Galleria Massimo Minini, Brescia, May – July 2024, Courtesy the artist and Galleria Massimo Minini, Ph. Petrò Gilberti

Leggibili come una versione più elaborata ed espansiva dei suoi lavori precedenti, gli assemblaggi finemente organizzati dall’artista sfuggono a qualsivoglia classificazione. Il loro carattere astratto, concettuale si potrebbe dire, lascia sempre allo spettatore la possibilità di fare e disfare la trama e l’ordito del tessuto narrativo, smontando e rimontando l’ordine degli oggetti a proprio piacimento, ricomponendo, man mano che procede nel cammino, i singoli frammenti per ridurli a unità.

“L’unica cosa diabolica, oggi, è starsene a lavorare di fino su forme, invece di essere come dei condannati, che continuano a fare segni sui loro roghi” ammoniva Artaud. Ed Epaminonda pare averlo preso alla lettera, prediligendo il territorio del non-finito, concepito come tensione verso l’infinito, a discapito del rigore della forma quale retaggio del processo costruttivo della storia dell’arte. Ma è proprio dentro quel luogo dallo statuto incerto e contraddittorio che si può cogliere la pietra angolare della sua estetica aperta all’interpretazione.

Scrive Minini proseguendo nella serie fortunata dei comunicati stampa “fuori dai denti” e originati dal testo Come NON si scrive un comunicato stampa: “Haris Epaminonda è arrivata da noi che era una giovane promessa, abbiamo visto e amato il suo modo di porsi nei confronti dell’arte: essendo lei nata a Cipro, doveva per ragioni di sangue, di cultura, di tradizione concentrare l’attenzione sui miti del passato e sui segnali di un presente fragile ma bello. Haris trascina con sé nei suoi viaggi scatoloni, casse, bisacce piene di oggetti quotidiani che colpiscono la sua attenzione prima e la sua fantasia poi. Oggetti che legano un presente da turista a un passato divenuto mitico, non fosse altro che per il tempo trascorso”.

Haris Epaminonda, Ph. Bjarne x Takata

Cover story: Installation view from Haris Epaminonda, VOL. XXXII at Galleria Massimo Minini, Brescia, May – July 2024, Courtesy the artist and Galleria Massimo Minini, Ph. Petrò Gilberti

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