Il 23 giugno alle 14.30, in occasione della chiusura dell’Anno Accademico, l’Accademia di Brera ospiterà presso la sala Napoleonica, la testimonianza di due protagonisti assoluti della fotografia d’arte del Novecento: Giorgio Colombo e Paolo Mussat Sartor.
Vi siete mai chiesti cosa conosceremmo noi dell’arte degli anni 60-70-80 se non avessimo avuto la possibilità, attraverso la fotografia, di identificare i volti e le azioni degli artisti che hanno segnato le poetiche del fare arte? Il medium fotografico ha pertanto assunto nel Novecento sempre più un ruolo fondamentale nella diffusione delle opere d’arte e degli artisti,ed è diventato un mezzo capace di raccontarci in modo vivo e intenso la storia dell’arte e i suoi protagonisti.
Giorgio Colombo (Milano, 1945) è stato recentemente definito da Carlo Antonelli sulle pagine de «Il Foglio» «il segreto meglio nascosto dell’arte del Novecento». Inizia il suo percorso artistico nella Milano degli anni Sessanta con una serie di fortunati eventi, dall’incontro con Ettore Spalletti, Achille Mauri, Ettore Sottsass e Olivetti fino alla collaborazione con la Galleria Toselli in veste di fotografo dei vernissage.
Colombo stringe rapporti di amicizia di lunga durata con gli artisti italiani, uno su tutti Alighiero Boetti, e con collezionisti come Giuseppe Panza di Biumo. Grande appassionato bibliofilo, nell’arco della sua carriera raccoglie, cataloga e conserva un’immensa quantità di materiali riguardante gli artisti che ha frequentato, e le sue fotografie sono oggetto di un archivio consultabile online che raccoglie l’esperienza quarantennale nella fotografia d’arte.
Paolo Mussat Sartor (Torino, 1947), di cui si è da poco conclusa la mostra personale Inattese visioni alla Galleria Gracis di Milano, inizia la sua attività da autodidatta dalla metà degli anni ’60, grazie all’incontro con il grande Gian Enzo Sperone e Tucci Russo. Nei suoi scatti riconosciamo grandi figure iconiche dell’arte Povera, come Jannis Kounellis, Alighiero Boetti, Giuseppe Penone, Giovanni Anselmo, Luciano Fabro e tanti altri. Negli anni Ottanta si fa viva in Mussat Sartor la necessità di spostare altrove il linguaggio fotografico e dopo aver elaborato per anni particolari tecniche pittoriche con olio e pigmenti e di viraggio su carta fotografica in bianco e nero, è riuscito a distillare esemplari unici di stampe di grande poesia in cui i temi della visionarietà e del nomadismo interiore emergono in oniriche e delicate immagini. Un viaggio senza sosta attraverso l’ossessione allucinata della fotografia intesa come metafora di un percorso esistenziale per inseguire figure di una celata bellezza, visioni intraviste per un attimo e poi improvvisamente scomparse.