Torna l’appuntamento con l’antiquariato, modernariato, collezionismo vintage e rarità. Dopo la sospensione dell’edizione primaverile a causa dell’emergenza Covid-19, le Fiere di Parma rilanciano, dal 3 all’11 ottobre, l’edizione autunnale di Mercanteinfiera, proponendo anche una suggestiva collaterale dedicata alla moda degli anni Venti dal titolo “The Golden Twenties. Vita e moda del decennio de Les Années Folles”.
Curata da Paolo Aquilini, direttore del Museo della Seta di Como e Clara Cappelletti, con la collaborazione della Fondazione Setificio, dell’Associazione Ex Allievi del Setificio ed il contributo di Ostinelli Seta, Clerici Tessuto, Bianca Cappello (storica e critica del gioiello) e Samuele Magri (storico dell’arte), la mostra espone una serie di abiti d’archivio – provenienti dal Museo della seta di Como, Clerici Tessuto e Ostinelli Seta – insieme a una vasta serie di accessori d’epoca. Dai ventagli con le piume di struzzo alle minuscole clutch, dalle scatoline portacipria ai sautoir, fino ai rarissimi dischi di vinile a 78 giri e grammofoni che, complici il charleston e il foxtrot, vivevano proprio in quegli anni la loro grande stagione.
Quasi come reazione violenta agli anni della guerra e a tutte le imposizioni che nel vestire ne erano conseguite, il desiderio di fuga e di glamour porta una ventata di follia dentro la moda. La teatralità diventa parola di uso comune nel suo vocabolario, tutta Parigi viene investita dall’ondata orientalista e si veste per la sera con abiti a più strati di tulle, pantaloni alla turca, giacche di lamé, turbanti e piume.
Con la fine del conflitto, si apre una nuova stagione per le donne che diventano più consapevoli di loro stesse e dotate di una maggiore indipendenza economica dovuta ai loro impieghi negli uffici, sebbene ancora in ruoli subalterni rispetto agli uomini. Quel che è certo è che non si accontentano più di fare le casalinghe, le cuoche, le infermiere o le sarte.
Dopo anni di razionamento del cibo, il fatto di poter tornare ad alimentarsi in maniera adeguata e di poter praticare sport – il tennis in special modo diventa molto popolare in quel periodo – fa mutare radicalmente la percezione della silhouette femminile tanto da far sembrare addirittura ridicola la vecchia figura a clessidra, dominante nel secolo precedente.
Si impone lo stile garçonne: i vestiti sono pensati per donne con la vita stretta, il seno piatto e i capelli corti a caschetto. Coerentemente con il nuovo modo di vivere veloce e dinamico, esplode la moda dell’abito chemise: un abito tubolare ad ampia vestibilità che segue il contorno del corpo, senza più costringerlo, con il girovita abbassato ed enfatizzato da una cintura o fascia orizzontale che poggia sui fianchi.
E’ un’epoca in cui la vita sociale è molto ricca di eventi: cocktails, mostre d’arte, concerti, appuntamenti teatrali, danze, cene. A partire dal 1919, a seguito dell’apertura di molti luoghi in cui è possibile ballare, fa il suo ingresso trionfale in scena la figura della flapper e con essa si può dire che la società femminile abbia trovato una nuova, definitiva etichetta nella quale riconoscersi. Per la prima volta nella storia della moda le donne scoprono braccia, gambe e anche la schiena mostrando l’abbronzatura in accordo con la moderna abitudine di prendere il sole.
Josephine Baker (a machine à danser) diventa la più celebre delle ballerine mulatte dell’epoca. Famosa anche per il suo abbigliamento fatto di bracciali, collane, piume, porta i capelli corti e di colore blu cristallo, le onde come scolpite sull’acconciatura e tutto il suo look e la sua personalità la fanno diventare ben presto l’artista-modella prestata alla moda.
Sono state così tante le influenze che hanno attraversato gli anni Venti, e così tante cose sono accadute in quella decade, che anche i cambiamenti nella moda sono stati radicali. E vengono benissimo sintetizzati in questa mostra che Aquilini definisce essere un simbolo più che un’esposizione fine a sé stessa.
“Così come all’influenza spagnola che segnò il secolo scorso seguirono anni di strabordante vitalità, voglio credere che dopo la pandemia che ci ha colpito segua un nuovo Rinascimento anche per il mondo museale. Un mondo che mi piace vedere sempre più inclusivo, aperto e vicino a pubblici diversi. La collaterale che portiamo a Parma è segno tangibile di questo nostro slancio ed energia.”
Si ringrazia Antonella Maia Ufficio Stampa e Pubbliche relazioni
Foto di Danilo Marchesi