Tutto muove dal filo, dal gesto di intrecciarlo e manipolarlo, da una azione creativa che rivendica per sé totale libertà nell’inventare e nell’apporre nuove chiavi di lettura. E dal filo, come immediatezza successiva, viene la maglieria. E spezza il legame con il significato e l’immaginario tradizionale di riferimento. E approda a una visione diversa e originale. Quasi un gesto autografo.
“Credo che la moda ci sia stata sempre, forse involontariamente, forse inconsciamente non lo so, fin da quando ero piccolo. Il papà faceva il sarto perciò tra gli stracci ci sono cresciuto e di quel mondo ho sempre subito la fascinazione. Poi, con il tempo, è diventata una passione che si è concretizzata in un percorso professionale fatto, all’inizio, di consulenze per diversi studi e aziende. Quando ho intrapreso la mia strada la scelta è ricaduta sulla maglieria in maniera direi naturale. Ho sempre trovato più affascinante l’idea di partire da un solo filo, anziché da un tessuto, per poter da quello costruire una intera collezione.”
La complessità delle figure prodotte ci parla di una razionalità matematica che si avvale di elementi di base e della loro combinazione e interazione ricorrente. Costruzioni geometriche che muovono dalla figura del cerchio, del quadrato, del rettangolo e triangolo, che sviluppano quelle linee e le mescolano e le scambiano. L’immagine si disfa delle categorie apparenti di dritto e rovescio, sopra e sotto, donna e uomo, rivelando così una nuova dimensione esteriore: versatile e piena di enfasi. Dimensione che, proprio nelle sue declinazioni, enuncia chiaramente l’assunto di partenza: l’idea di sperimentazione.
“Lavorando con lo scopo di dare vita a strutture ricercate, tendo a un filato basico che mia dia ampio margine di manovra nella costruzione e massima libertà nella resa. Libertà che non potrei permettermi di avere utilizzando magari un filato fantasia.”
L’atto creativo più o meno consapevole dello stilista si contrappone all’inerzia di un mercato che non è mai stato realmente in grado di esaltare il valore della maglieria. Complice, a suo modo, anche una certa mancanza di sensibilità tra gli addetti ai lavori che ha riservato a questo elemento uno spazio rarefatto e marginale, di realtà quasi accessoria più adatta a respirare l’aria di forme elementari che a vivere di vita propria. L’idea di una maglieria ricondotta dentro il perimetro di una egemonia estetica e culturale sembra, nel progetto di Marzio Benetti, poter superare la divaricazione tradizionale pensiero di moda e pensiero di maglia.
“Ora che finalmente ho individuato la mia cifra stilistica non intendo fare e disfare a ogni stagione, ossequiando i ritmi incalzanti della moda. Alcuni pezzi sono continuativi e tali rimarranno per una questione di coerenza e identità. Li avevo già realizzati nella passata stagione e li ho riproposti per la P/E 2017 cambiando solo filo. Un accorgimento che cambia tutto, che stravolge non solo la resa ma anche e soprattutto le linee e il loro modo di cascare sul corpo.”
Nella mente, sempre, i grandi del passato da cui attingere: Paul Poiret, Cristobal Balenciaga, Madeleine Vionnet, Pierre Cardin e Roberto Cappucci. La loro maestria, il loro spirito innovatore, la loro dirompete pulsione creativa.
Nelle mani, sempre, l’intreccio di fili. Niente altro che intreccio di sogni.
L’intreccio di sogni di un poeta
Più sottile non può ramificarsi,
Più leggero piegarsi al vento
Con più nobiltà levarsi nell’azzurro.
(Hermann Hesse, Il canto degli alberi – La betulla)
Desidero ringraziare per la cortese intervista Marzio Benetti.
Foto, Silvia Morin
Make up, Gaetano Blasa
Location, EntrataLibera