Inaugura oggi alle ore 17 a Genova, presso la Sala Dogana del Palazzo Ducale, la mostra collettiva dal titolo «Lo davamo per scontato» a cura di Marco Arrigoni e Giacomo Pigliapoco. Il percorso espositivo, attraverso lo sguardo di dieci artisti internazionali under 35, vuole far luce su quanto ancora urgente e significativa sia la necessità di lottare per i diritti alla persona. Esacerbato dalla crisi bellica, pandemica e climatica, il regresso del riconoscimento politico delle minoranze è ad oggi in corso e in continuo peggioramento.
I temi intorno all’aborto, al riconoscimento dei figli di coppie non eteronormative, alla parità carrieristica tra i sessi, alla libertà di parola ed espressione, al rispetto della manifestazione artistica sono continuamente presi in esame dai sistemi di governance mondiali, non tanto per procedere verso la protezione e il consolidamento degli stessi, ma per metterli in discussione e al più abolirli.
La base di questa mostra è la sua stessa essenza: la generazione di artisti coinvolti. Cresciuti in un contesto culturale progressivamente sempre più favorevole al riconoscimento dei diritti e, soprattutto, al rispetto del concetto di diversità della persona, vedono oggi sgretolarsi il sistema di valori su cui hanno fatto affidamento. Questo significa che le battaglie di donne e uomini che prima di loro hanno strenuamente combattuto per ottenere piccoli ma essenziali miglioramenti sono in pericolo. Le opere presenti in mostra dimostrano come gli artisti under 35 di oggi portino all’attenzione questi aspetti. Le modalità per farlo sono differenti, con un messaggio esplicito o con lievi suggerimenti di direzione, ma ben riflettono quanto sia necessario riportarci a porre attenzione alla centralità del rispetto della persona nella sua unicità come base di una società democraticamente contemporanea.
Alien (Monza, 1992) con l’opera Jenkin, shadow e Spook, shadow (2022), parte del progetto fotografico Bodybuilders by Alien, nato per documentare la comunità alternativa new drag & club kids del Regno Unito, attraverso i ritratti di trenta performer della scena contemporanea.
Gaia De Megni (Santa Margherita Ligure, 1993) presenta il lavoro Tutto si fa, nulla si immagina (2018) è la citazione di una frase apocrifa di Leopardi, così come è anche citata nel film La voce della luna di Federico Fellini. Come accade spesso in De Megni, il linguaggio filmico diventa protagonista dell’opera, e qui si incontra con il materiale scultoreo per eccellenza, il marmo.
L’artista, giornalista e attivista curda Zehra Doğan ((Diyarbakır, Turchia, 1989) con l’opera Dîlan 2 (2021) riprende invece i disegni e dipinti realizzati durante la sua reclusione in carcere durata 2 anni 9 mesi e 22 giorni per “propaganda terrorista”, a causa dei suoi scritti giornalistici e di un acquerello che ha postato su Twitter.
Victor Fotso Nyie (Douala, Camerun, 1990) esplode l’opera Io (2017). Realizzato in terracotta smaltata e rame, è il ritratto di un giovane uomo che urla e freme, esprimendo la propria voglia di esistere, di affermare la propria identità. Il suo urlo, tra l’umano e il bestiale, risuona nello spazio come un appello di liberazione.
Alice Ronchi (Ponte dell’Olio, 1989) con Voglia di tenerezza (2022) – immagine di copertina – riproduce con disincanto, sintesi e tenerezza il bisogno di vicinanza della nostra epoca, estremamente basata su concetti di esclusione e solitudine. Come un bacio a fior di labbra, ci rende attenti a chi ha più bisogno di noi o a chi con un soffio di voce richiama la nostra attenzione.
Selma Selman (Bihać, Bosnia ed Erzegovina, 1991) partecipa con il video You Have No Idea (Election Day 2020) (2020). L’artista grida, urla, sibila e pronuncia la stessa frase “You Have No Idea” più e più volte, modificata dall’alternanza dei toni vocali determinati anche dalla fatica fisica ed emotiva.
Davide Stucchi (Vimercate, 1988) propone l’opera Ironed moon (2023) con cui ricrea l’iconografia romantica della luna riflessa nel mare, a partire però da elementi appartenenti all’ordinaria sfera quotidiana della nostra contemporaneità.
Pescatarians in the hands of an angry God (2017) di Chloe Wise (Montreal, Canada, 1990) è il ritratto di un’amica dell’artista che, fedele alla sua pratica, si adopera nella rappresentazione della performatività della normalità, cosicché possa essere monumentalizzato il momento non epocale o la banalità del gesto.
TOMBOYS DON’T CRY (Milano, 2011), la piattaforma queer transfemminista basata a Milano che dal 2011 promuove avventure post-identitarie, in una cultura di ricerca e sperimentazione visiva, sonora, performativa e connessa alla comunità LGBTQAIXYZ+, presenta il lavoro Inhale-Exhale. Si tratta di un’esperienza sonora che fonde voci, campionamenti e altre forme di strumentazione in un flusso emotivo che trascende il respiro.
Xiao Zhiyu (Huai Hua, Cina, 1995) con l’opera Un uomo inutile (2022) continua la serie di lavori in cui riproduce nella forma, nelle dimensioni e nel peso libri a lui cari, riflettendo sulla dialettica tra dipinto e libro, tra suggestione visiva e letteraria, tra due diverse modalità di narrazione.
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Lo davamo per scontato
Con opere di: Alien, Zehra Doğan, Victor Fotso Nyie, Gaia De Megni, Alice Ronchi, Selma Selman, Davide Stucchi, TOMBOYS DON’T CRY, Chloe Wise, Xiao Zhiyu.
A cura di Marco Arrigoni e Giacomo Pigliapoco
6 maggio – 18 giugno 2023
Opening 6 maggio, dalle ore 17:00
Sala Dogana, Palazzo Ducale, Piazza Giacomo Matteotti, 9, Genova
Cover story: Alice Ronchi, Voglia di tenerezza, 2022. Ferro, 53×133×10 cm. Courtesy dell’artista e Francesca Minini, Milano