Land Art è il titolo di un film di Gerry Schum del 1969 che documenta i lavori di Walter De Maria, Robert Smithson, Michael Heizer, Dennis Oppenheim, Richard Long, Barry Flanagan e Marinus Boezem. A questo movimento, a cui sono ascrivibili le operazioni artistiche che a partire dal 1967-1968 intervengono direttamente sui territori naturali spingendosi oltre gli spazi espositivi dell’arte e oltre le stesse aree urbane, Loom Gallery di Milano dedica la collettiva dal titolo “Beyond Mud and Stones” realizzata in collaborazione con L’Arengario Studio Bibliografico che ha messo a disposizione documenti come libri, poster, foto.
Un contributo ancora più rilevante se si considera la quasi inaccessibilità dei luoghi e il progressivo degrado degli interventi nel tempo che hanno reso queste opere praticamente invisibili e immateriali perché destinate a essere riassorbite dai processi di erosione e trasformazione degli elementi naturali.
Gerry Schum Television Gallery | Land Art, 1969
Noti anche con l’etichetta di Earth Works – titolo di una mostra alla Dwan Gallery di New York nel 1968 – questi lavori hanno conosciuto il loro più grande sviluppo negli Stati Uniti dove gli artisti hanno subito la fascinazione dei grandi spazi incontaminati come i deserti, i laghi, le praterie. Non si è trattato di collocare le sculture nella natura quanto piuttosto di utilizzare lo spazio e i materiali naturali come mezzi fisici dell’opera attraverso interventi su grande scala.
Le forme scavate, tracciate o costruite attraverso accumulazioni di terra, roccia, sabbia e ghiaia mettono in evidenza la forza primordiale e i tempi lunghissimi della natura in contrapposizione all’artificialità e alla geometrica monumentalità delle metropoli.
Michael Heizer è uno dei primi a realizzare opere di grandi dimensioni. Incomincia a progettare i suoi lavori nel 1967, anno in cui realizza nella Sierra Nevada il suo primo grande scavo cubico, il primo di quattro da situare nei quattro punti cardinali. Nel 1968-69, sempre nel deserto del Nevada, realizza Dissipate: cinque enormi fosse rettangolari bordate all’interno con lastre d’acciaio. E così fino al 1971 quando porta a termine il suo intervento più grandioso: due enormi scavi lunghi 560 metri e profondi 15, sempre nel Nevada, che si presentano come dei misteriosi reperti archeologici di una civiltà sconosciuta e fanno riflettere sul destino della nostra. Proprio quest’anno è prevista l’inaugurazione di “City” l’opera architettonica monumentale iniziata da Heizer nel 1972 quando, a soli vent’anni, realizzava insieme agli altri del movimento sculture totemiche all’aperto, spesso nelle maestose terre desolate dell’ovest americano.
Lewis Baltz | Castelli Photographs, 1981
Christo è noto per i suoi interventi spettacolari di “impacchettamento” sia di monumenti cittadini che di luoghi naturali, mentre Robert Smithson è affascinato dai grandi processi di trasformazione naturale, dalla confusione della materia, dal caos cosmico, dal disordine e degrado determinati dal processo generale di entropia. Oggi la sua Spiral Jetty – una grande banchina a forma di spirale nel Great Salt Lake (Utah) costruita accumulando più di 60.000 tonnellate di terreno circostante – è stata quasi riassorbita dal lago. Rimangono le foto e un film a documentare le fasi della sua realizzazione.
Robert Smithson | Great Salt Lake Utah, 1970
L’unica vera opera esposta in questa mostra è quella dal titolo “Birth” (1970) di Charles Simonds, artista prolifico che attraverso sculture, performance, film e architettura ha costruito un corpus originale e potente di lavori. Numerosi sono i suoi riferimenti, sia quelli antropologici che letterari, e forte il suo interesse per le origini dell’umanità. Non a caso dalle immagini di questa azione performativa collocata in mezzo al deserto, il suo corpo emerge dal fango, con fatica, come a simulare la nascita.
Richard Long | Anthony d’Offay, 1980
Il rapporto tra cielo e terra, gli effetti di luce, il cortocircuito che si produce tra spazio naturale e spazio culturale quando lo spazio espositivo viene riempito da uno spesso strato di terra, l’opera d’arte che deve coincidere con la materia primaria, sono tutti temi indagati da Walter De Maria, altro importante esponente di questo movimento, che a un certo punto della sua ricerca entra in collisione con il tema della documentazione dell’opera d’arte. Ecco allora che la fotografia di una bella donna su di una barca, esposta in galleria, diventa elemento di rottura: quello che rimane da vedere di questa corrente artistica – progetti, foto, filmati – si trova solo nelle gallerie e nei musei, proprio quegli spazi separati da cui volevano sfuggire gli artisti.
Peter Hucthinson | alphabet series, 1974
Cover story: Michael Heizer | Nevada complex one,1972
Loom Gallery, Beyond Mud and Stones – Land art and documents
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Fino al 22 febbraio 2020
Fonti: Arte e Ambiente, Arte Contemporanea, le ricerche internazionali dalla fine degli anni ’50 a oggi, (a cura di) Francesco Poli, Ed. Electa