L’immagine di un vuoto oscuro e notturno. Nel buio, un’ombra quasi sacrale. E un suono che, liberato e percepito, svela il visibile dell’invisibile che si annida tra le pieghe dell’esistenza.
Riparte così Galleria Raffaella Cortese di Milano, dopo il lungo lockdown che ha decretato la chiusura, tra gli altri, anche dei luoghi della cultura. Con una mostra acustica dal titolo “L’orecchio di Dionisio” che si snoda lungo i tre spazi della galleria e ospita i lavori di tre artisti: Simone Forti, Miroslaw Balka e Marcello Maloberti.
Una drammaturgia che intenzionalmente è quella del suono e che rimanda a un altrove, lasciato alla libera interpretazione dello spettatore, in cui le opere sono solamente evocate da un rumore visivo che esclude la definizione dello sguardo. Perché se è vero che la proliferazione della comunicazione, in questo scenario pandemico, ha subito un’importante accelerazione in termini di produzione di immagini, è altrettanto vero che da qui si vuole ripartire, dall’Ascolto. Un gesto concreto e significante da cui scaturisce una nuova origine. Un’interferenza volontaria all’interno di un rumore collettivo che si innalza, con l’incisività tipica delle cose lievi, mentre il mondo intorno riprende a scorrere.
Il titolo della mostra fa riferimento alla grotta artificiale che si trova nell’antica cava di pietra detta Latomia del Paradiso, sotto il Teatro Greco di Siracusa, la cui particolare forma ad orecchio d’asino, ne fa un luogo di amplificazione acustica dei suoni.
Galleria Raffaella Cortese, L'orecchio di Dionisio, Simone Forti, Ph. Lorenzo Palmieri
Una sorta di spaesamento percettivo trasforma gli spazi della galleria in una sotterranea abitazione dalla forma di antro il cui ingresso, aperto alla luce, si apre ai lavori degli artisti. In quello centrale di via Stradella 7 vi ritroviamo Simone Forti con un sonoro registrato da una sua performance “Face Tunes” (1967) [10’ 15’’]. Artista, danzatrice, scrittrice, Simone Forti, nata in Italia da genitori di origine ebrea e trasferitasi nel 1938 insieme alla famiglia da Firenze a Los Angeles per sfuggire all’odio anti semita, ha dedicato la propria pratica artistica al raggiungimento di una personale consapevolezza cinestetica, rifiutando ogni approccio coreografico, spettacolare o narrativo. Una vita costellata di collaborazioni artistiche importanti la sua: da Anna Halprin fino ad arrivare a musicisti quali Yoshi e Tashi Wada, Charlemagne Palestine e Peter Van Riper e poi ballerini del calibro di Steve Paxton e Yvonne Rainer insieme ai quali ha contribuito a innovare l’idea della danza e della performance art introducendovi i movimenti della vita di tutti i giorni. Durante la performance del 1967, i profili di sette volti disegnati su un lungo foglio di carta arrotolato scorrevano lentamente da sinistra a destra come fossero uno spartito. I profili vennero tradotti in suoni in tempo reale tramite un flauto a coulisse alla cui estremità era posta un’asta. Il performer, mantenendo il flauto parallelo al foglio, seguiva il profilo di ciascun volto andando così a suonare lo strumento e a realizzare la composizione.
Galleria Raffaella Cortese, L'orecchio di Dionisio, Miroslaw Balka, Ph. Lorenzo Palmieri
Al civico 1 di via Stradella si trova l’opera 61 x 59 x 31 / Sereno è (2006/2017) di Miroslaw Balka, artista polacco il cui lavoro, attraverso installazioni, sculture e video, veicola la memoria del suo vissuto personale da una dimensione implicita, quella del sé, a una dimensione esplicita, quella del pubblico. A ritmo cadenzato si propagano, nel silenzio elegiaco della stanza, le parole “Sereno è” del cantante Drupi che molto successo ha riscosso in Polonia durante gli anni della giovinezza di Balka. La sua urgenza di comunicare ciò che accade nella propria sfera esistenziale e renderlo pubblico si connota, in questo particolare momento storico, ancor di più di un’inflessione poetica. Verso ermetico che suona come un augurio? O una contraddizione? O una previsione? Purissimo distillato di questi nostri tempi incerti.
Galleria Raffaella Cortese, L'orecchio di Dionisio, Marcello Maloberti, Ph. Lorenzo Palmieri
Infine, in via Stradella 4, è presente Marcello Maloberti con Cicerone (2018) [19’ 34’’]. La voce di una guida dell’oratorio Suardi, Roberto Carozzi, descrive l’affresco di Lorenzo Lotto: qualcosa che appartiene alla storia ma che allo stesso tempo, per il fatto solo di essere ascoltato e immaginato, ritrae il presente. E ci riporta alla molteplicità narrativa dell’artista, coniunctio tra performance, fotografia, installazione e pittura, invitandoci a un’immersione nella storia dell’arte in cui converge tutta la sua fluidità immaginaria.
Una mostra la cui fruizione non può che essere affidata all’orecchio interno che ciascuno di noi possiede. Quello che ci permette di guardare, amplificandole, le trame e le forme dell’invisibile: intime e soggettive, gratuite e fragili. E imprevedibili, al pari della vita.
Immagine di copertina: Galleria Raffaella Cortese, L'orecchio di Dionisio, Simone Forti, Ph. Lorenzo Palmieri
L’orecchio di Dionisio | Simone Forti, Miroslav Balka, Marcello Maloberti
Galleria Raffaella Cortese | 23 giugno – 5 settembre 2020