MIKRO COUTURE, NELLO SPAZIO DELL’ INTIMITA’

Lo spazio come luogo indefinito e illimitato nel quale vi trovano dimora le cose materiali, scenario immobile che fa da sfondo al movimento di un corpo ricoperto di stoffa. E’ proprio lì, nello spazio tra la pelle e l’abito, lo spazio dell’intimità secondo l’insegnamento dei maestri giapponesi, che prende forma l’immagine di una donna lontana da stereotipi e imposizioni.

“Questa per me è una cosa bellissima, pensare che se non c’è spazio non c’è nemmeno intimità. Ecco perché i volumi sono così importanti nel mio modo di lavorare, perché dal mio punto di vista l’indumento non deve sottolineare il corpo, lo deve avvolgere. Credo che una donna che si veste e sceglie un abito perché la rende femminile abbia sbagliato tutto in partenza. La mia utopia è che una donna decida di indossare un mio abito perché già consapevole della propria femminilità e quindi perché non ha bisogno di scoprirsi o di evidenziare alcuna parte del suo corpo.”

Nato e cresciuto in un piccolo paese in provincia di Reggio Emilia, Mirko Frignani arriva alla moda dopo aver studiato Scienze Sociali con l’obiettivo di diventare giornalista.

“Mi è sempre piaciuto molto scrivere. Ma poi mi sono reso conto che oltre alla scrittura c’è un mondo più immediato, e a volte più superficiale, che è quello dell’immagine e mi sono avvicinato alla moda proprio per il tramite dell’immagine. Sono quindi partito dalla fotografia, che era la cosa che mi interessava di più, e sono passato subito agli abiti. Dalla fotografia al soggetto delle fotografie quindi.”

Dopo una esperienza professionale in qualità di assistente stilista nel gruppo Max Mara, si trasferisce a Milano dove frequenta la NABA, la Nuova Accademia di belle Arti.

“Esco dalla NABA con l’idea di spaccare tutto, di entrare in una grossa azienda, di fare carriera… e invece mi sono accorto che le porte erano tutte chiuse. Ho pensato che dovevo forse cambiare qualcosa, che magari ero io a dovermi porgere in maniera diversa. Ma alla fine ho realizzato che entrare a far parte di una azienda strutturata non era proprio la strada giusta per me. Ecco perché ho iniziato tre anni fa a realizzare abiti su misura, un prodotto confezionato ad hoc in base alle esigenze della clientela che pur lasciava un certo margine alla mia inventiva .”

Forte di una solida preparazione nel campo della modellistica, della buona conoscenza dei tessuti e della volontà di sperimentare e sperimentarsi, arriva di lì a poco a realizzare una piccola capsule collection, fatta solo di sei pezzi, che ottiene un immediato riscontro. Dentro tutti i suoi contenuti: una creatività in cui linee pulite si mescolano ad ampiezze e interagiscono con una estetica in cui i confini uomo-donna non sono nettamente e strettamente definiti. E, pur seguendo in prima persona tutte le fasi di realizzazione del prodotto dal concept fino alla produzione, quello di Mirko è sempre un investigare, un domandare, un confrontarsi, un approccio critico che fa felici incursioni nel territorio dell’altro, nel mondo dell’arte in particolare modo.

“Nel concept del brand ci sono sempre anche le collaborazioni che giocano un ruolo di tutto rilievo. Io non sono un artista, ma quando collaboro con gli artisti è come se riuscissi a dare concretezza a un sogno. Non sono una persona che cerca le cose a tutti i costi e anche le collaborazioni, devono accadere. Ma quando accadono producono sempre risultati sorprendenti.”

Dalla pittrice Ilaria Franza “mi piace perché fa delle cose che raccontano un mondo e abbiamo trovato molte affinità in comune: dal modo di lavorare al modo di concepire l’arte” alla quale per due stagioni ha affidato un tema da lei sviluppato in massima libertà attraverso delle stampe poi riprodotte sui tessuti delle collezioni. A giovani emergenti come Alessio Barchitta che ha da poco concluso la sua prima personale Lo Psiconauta presso la GAR – Galleria Artepassante Repubblica di Milano. Fino all’artista austriaco, d’avanguardia e sperimentale, Hermann Nitsch che ha ispirato con la sua ricerca la collezione SS/17.

“Un artista feroce, che fa delle performance molto forti utilizzando anche il sangue. Eppure il suo lavoro ha portato in qualche modo alle mie parole perché è così che nasce il concept di una collezione: annotando su un figlio bianco delle parole, delle frasi, ora tristi, ora leggere. Un contrasto che vive anche nei miei abiti.”

Lì dove i tessuti spaziano dal jersey di lana al neoprene leggero fino al raso di seta e cotone. Dove il ricco si accompagna con il povero, dove il panno va bene per i cappotti e la fodera per i vestiti. Lì dove le tasche, componente imprescindibile di tutti i capi, assecondano un criterio di comodità altrettanto imprescindibile “perché questa cosa che la donna quando esce di sera non può mettersi le mani nelle tasche la trovo inconcepibile!”

L’aria scivola tra la pelle e il vestito, procede sulle vibrazioni del tessuto, si disperde nelle sue curve, nelle lunghezze, nelle grandezze. Costruisce uno spazio nell’immenso vuoto, spazio vestito, spazio dell’intimità.

Desidero ringraziare per la cortese intervista Mirko Frignani – websiteFacebookInstagram

Foto di Elisabetta Brian

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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