MIROSLAW BALKA, IN RELAZIONE AL TEMPO

Milano dedica un momento di riflessione approfondita al lavoro dell’artista polacco Miroslaw Balka con la prima retrospettiva italiana, a cura di Vicente Todolí, negli spazi di Pirelli HangarBicocca e con la mostra dal titolo In Bezug auf die Zeit (traducibile con l’espressione in relazione al tempo) presso la Galleria Raffaella Cortese. Rispettivamente le grandi installazioni da una parte e un percorso a tappe che investe le tre decadi della sua produzione artistica dall’altra instaurano un dialogo costruttivo e sintonico che scandaglia tutti i temi portanti della sua indagine.

Un itinerario caratterizzato da un pathos quasi religioso, fortemente evocativo e suggestivo, quello che si snoda lungo il tragitto delle tre sedi espositive della Galleria Raffaella Cortese, tra il legno, il sale, la cenere, il ferro, il vino. Elementi di uso comune, espressione della realtà più consuetudinaria, che nella poetica dell’artista assumono significati nuovi e toccanti e veicolano la memoria del suo vissuto personale da una dimensione implicita, quella del sé, a una dimensione esplicita, quella del pubblico.

Nello spazio di via Stradella n. 7 sono raccolte le opere realizzate nel biennio ’89 -‘90, quelle che segnano in Balka il passaggio dal figurativo, apprezzabile nell’opera The Skull, un autoritratto ridotto ai minimi termini, il suo volto che sta scomparendo, sta diventando teschio appunto ma ha ancora le fattezze di figura umana, all’astratto di Blue Wave. La prima opera in assoluto che lo vede cimentarsi con l’uso del sale, un materiale povero e ampiamente disponibile nell’esperienza quotidiana eppure importantissimo nella sua arte, astratto e materico al contempo, bellissimo eppure doloroso a contatto con una ferita. Infine, quel che rimane delle lacrime e del sudore umano.

I fogli di giornale recuperati nel 2015 durate l’atto di disimballo del teschio diventano essi stessi un fatto scultoreo. E’ Paper from the Skull l’opera realizzata con le pagine del suo primo giornale pornografico e ancora una volta oggetti legati alla memoria di particolari momenti della propria esistenza diventano paradigmatici di una intera generazione o di un ambiente sociale, quello della Polonia del dopoguerra, in una Varsavia che è una sorta di città fantasma popolata di negozi chiusi e case deserte.

La stessa doppia data, 1989 – 2015, anche in Heaven un lavoro realizzato con della carta ritrovata sulla scrivania dopo aver proceduto a disimballare altre opere. Il colore blu allusivo al Paradiso come luogo da raggiungere, luogo imposto dalla cultura religiosa e dalle tradizioni di una famiglia appartenente alla minoranza cattolica, una minoranza spettatrice suo malgrado della sparizione, durante il conflitto mondiale, della maggioranza della popolazione ebrea.

Il bisogno di partire da sé e di fare dell’affettività che lega l’io al mondo il motivo primario del proprio lavoro anche nella scultura 149 x 14 x 16 (1990)  residuo solido di legno in posizione verticale e colorato di azzurro ritrovato davanti al Museo di Arte Contemporanea di Varsavia mentre l’artista era lì impegnato in una sua personale.

Il lavoro con gli oggetti, intriso di suggestioni poetiche e aspetti simbolici, prosegue anche nell’altra sede espositiva, in via Stradella n. 1, dove sono collocate tre sculture realizzate in quest’anno appositamente per la mostra. Granito e cemento incontrano elementi diversi, legati al vissuto dell’artista, rimasti per tantissimi anni all’interno del suo studio o della sua abitazione come per il bisogno di farli sedimentare nell’inconscio e nella memoria prima di dargli giusta collocazione.

Ecco allora una pompa da giardino, una pallina da ping pog, in tutta la loro valenza ironica anche, e una asticella di vetro colma di vino rosso. Un’opera, quest’ultima, legata in modo particolare alla sacralità del rito perché il vino è inevitabilmente destinato ad evaporare e perciò diventa necessario compire il gesto di riempire l’asticella, in maniera continuativa, una occasione esperenziale, uno spunto per innestare relazioni interpersonali. Anche qui muovendo da sé e dal proprio corpo (l’altezza dell’asticella equivale a quella di Balka con le braccia alzate verso l’alto) l’artista si pone in relazione alla collettività umana.

Infine, nello spazio di via Stradella n. 4, protagonista della dimensione narrativa è una scultura di acciaio e sale a forma di candelabro dal titolo 215 x 135 x 60 (2005) insieme a un altoparlante che ricorda quelli dei campi di concentramento. A ritmo cadenzato si propagano nel silenzio elegiaco della stanza le parole “Sereno è” del cantante Drupi che molto successo riscosse in Polonia con questo motivo e che per la mostra ha accettato di registrare nuovamente il ritornello della canzone. Un crescendo emotivo di segni che, seppur già esistenti, rivelano qui nuova vita e nuova efficacia nell’urgenza, ascrivibile a tutto il lavoro dell’artista, di comunicare ciò che accade nella propria sfera esistenziale e renderlo pubblico in un percorso di oblio e rivelazione, di ferite e guarigione.

Desidero ringraziare per la gentile collaborazione Nicla Calegari e tutto lo staff della Galleria Raffaella Cortese – web siteFacebookInstagram

La mostra di MIROSLAW BALKA “In Bezug auf die Zeit” è visitabile a Milano presso la Galleria Raffaella Cortese, Via A. Stradella 7 – 1 – 4 fino al 29 luglio 2017

Le foto sono di Elisabetta Brian

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