Questo è un teatro. Ma è anche uno studio televisivo. Gli applausi finti, provati, le risate registrate, le luci che rimbalzano sui volti. Questo è il romanzo sorprendente di Federico Guerri. Uno scritto potente, capace di entrare fin dentro le viscere. Questo è l’avvincente adattamento teatrale di Corrado d’Elia che affida la messa in scena al regista Alessandro Castellucci. Questa sono io. Questa è Laura Prete alla quale una superlativa Monica Faggiani dà anima e corpo. Questa è una donna. E tante donne. Questa è nefandezza e purezza. Questa è una profonda riflessione sul tempo presente, su un secolo che l’autore stesso definisce come infame. Questa è la storia di una ex reginetta della tv che si costruisce una nuova immagine aprendo una scuola per la bellezza, l’eleganza e lo spettacolo per aiutare le giovani a diventare come lei e che durante una diretta televisiva dedicata alla sua vita uccide, sparandogli in testa, il famoso presentatore. Questa è una vicenda e tre vicende insieme. Una narrazione unica e tre registri narrativi differenti. E’ la storia della ragazza di provincia, piena di tutti i suoi limiti e della sua ingenuità, che riesce nonostante tutto a realizzare i suoi sogni di starlette senza mai dover scendere a compromessi. E’ la storia della donna che racconta con dolore e crudezza, senza voler muovere a compassione, lo schifo del nostro tempo, della televisione e della politica, di un mondo in cui tutti usano tutti. Ma è anche la storia di un piano magistralmente architettato fin dall’infanzia: visionario, immaginifico, inaspettato, rivoluzionario. Dentro la sua mente, osservando il gioco degli scacchi dalla casa popolare in cui abitava, Laura preparava da sempre la mossa che l’avrebbe portata a fare scacco matto, a quel gesto eclatante, lo sparo in diretta.
Questa è Laura Prete.“Una che non ha avuto scelta. Con gli occhi che piangono e la bocca che sorride parla della sua condotta di vita riprovevole, di tutto quello che le è successo e di tutto quello che ha accettato. E’ questo, per me come attrice, interessante interpretare. Lo struggimento. Il dolore acuto del cuore. L’impossibilità nello scegliere. Perché non è tanto una questione di forma il teatro, non conta tanto la forma che si dà allo spettacolo. E’ quello che lo spettacolo ti lascia. E’ l’emozione, la riflessione con la quale il pubblico se ne torna a casa.”
Questa è Monica Faggiani. E’ la donna che pur consapevole dell’immensa fatica ha sempre cercato la verità, di sé e delle cose. E l’ha cercata nel fondo.
E nel fondo non trovi solo il bello. Tutto sta a cosa decidi di farne delle cose che trovi. Puoi tenerle lì, immobili, e allora cresceranno come un cancro. Oppure puoi rielaborarle e saranno ancora ferite. Ma non più aperte. Saranno cicatrici
Questa è Monica Faggiani. E’ l’ attrice intensa che non si è mai risparmiata nel fare il suo mestiere, che è andata incontro a donne cattive, negative, e ha saputo interpretare in modi diversi il buio dell’anima, il vuoto di dentro. Trasfigurandosi addirittura, ridisegnando con la recitazione i confini di donna e quelli di attrice, travalicandoli quei confini, contaminando le emozioni.
“Hedda Gabler io dico mi ha cambiato la vita. Una donna che diventa cattiva perché deve sopravvivere. Una donna che soccombe ai suoi intrighi e alla sua stessa cattiveria e si suicida. Una donna difficile che è arrivata in un momento mio altrettanto difficile. Una donna dalla quale la regista Cristina Pezzoli non mi ha mai dato tregua, smascherando tutto, mettendomi lì nuda e facendomi lavorare sul personaggio e in parallelo sulla mia persona. Sempre in bilico tra me e il personaggio, su di un baratro che è diventato spazio creativo tanto da consentirmi di approcciare il testo con una certa libertà. Non c’è stata sera di spettacolo uguale all’altra. E non c’è stato giorno di prove in cui io non abbia pianto. Mi rompevo e mi ricostruivo e tutte le emozioni di quell’atto spossante finivano dentro Hedda e io così me ne liberavo. Per 15 giorni di repliche io ogni sera nello spararmi rinascevo, grazie a quel gesto mi ricomponevo.”
Questa è Monica Faggiani. La direttrice della Scuola Teatri Possibili. Una che unisce spirito imprenditoriale e passione, tratto manageriale e amore per le relazioni accorciando la distanza tra chi organizza e chi frequenta la scuola, evitando di ridurre il teatro ad elite. Dentro un progetto che si chiama Teatro Libero, Liberi Teatri (T.L.L.T.) fortemente voluto da Corrado d’Elia quasi fosse una comune della testa, una residenza sempre aperta alle tante compagnie che hanno idee, creatività, iniziativa ma sono prive di dimora.
“In questo luogo ognuno mantiene la propria poetica ma nello scambio nasce un nuovo modo di sentire il teatro. E questa cosa è arricchente perché il teatro si fa insieme, anche nei monologhi.”
Questa è Monica Faggiani. La mamma che esorta il proprio figlio a sognare, immaginare, a trovare il proprio modo creativo di stare nelle cose. “Perchè la vita non è solo quello che vedi” gli dico. “E’ anche quello che hai dentro e che proietti. E sarà bella. Ma non sarà facile, dovrai combattere e conquistartele le cose.”
Questa, infine, sono io. Che esco dallo spettacolo piena di emozione. Che tra quella ingenua e quella puttana scelgo la terza versione di Laura Prete: inattesa, intelligente, rivoluzionaria. Perché questa sono anche io. Una donna. Tante donne. Imprevedibili.
Foto di Nils Rossi
Desidero ringraziare per la cortese intervista Monica Faggiani in scena al Teatro Libero di Milano (www.teatrolibero.it) con “Questa sono io” fino al 15 luglio 2015. Tratto dal romanzo di Federico Guerri, adattamento teatrale di Corrado d’Elia, regia di Alessandro Castellucci.
Foto di Viola Cadice