Si è appena conclusa a Torino, nello spazio dell’ex Borsa Valori, la prima edizione di The Phair – sintesi delle parole Photography e Fair – la fiera dedicata alla fotografia che ne ha rimarcato l’importanza in un momento storico in cui, rispetto a questo linguaggio espressivo, c’è grande fermento culturale e dinamicità. Un momento in cui la fotografia riflette sulle sue caratteristiche e la sua fisionomia.
“Un evento a inviti perché si voleva selezionare le migliori gallerie italiane e un allestimento sartoriale più simile ad una serie di mostre che ad un impianto fieristico” spiega Roberto Casiraghi che insieme a Paola Rampini ha fortemente sostenuto il progetto, con l’obiettivo di dialogare, proporre, riflettere sulla natura stessa della fotografia a centottanta anni dalla sua nascita, sulle nuove strade del collezionismo, sulle motivazioni e le scelte delle gallerie.
La mia di scelta ha inteso valorizzare il progetto curatoriale della galleria torinese Davide Paludetto Arte Contemporanea che in occasione di questa fiera ha presentato il lavoro dell’artista Mustafa Sabbagh, considerato oggi una delle voci più autorevoli nel campo della fotografia contemporanea, intitolato Made in Italy@ – Handle with Care e acquisito nella collezione permanente del Museo MAXXI di Roma.
Un’opera corale, costituita di frammenti autosufficienti, che si inscrive all’interno di un percorso creativo mai assoggettato al dogmatismo della fotografia, alle sue omologazioni e astrazioni. Il nero insistente, la bellezza imperfetta – quasi un contro canone estetico che si nutre di contrasti e di strappi, di inquietudini e metamorfosi, di ferite e pelle segnata – sono tutti temi cari alla poetica di questo autore. Sfumature di uno stesso sguardo che indugia sull’Uomo, inteso nella sua interezza, nella sua complessità.
Ed è da questa angolazione, dalle pietre angolari di questa grammatica visiva, che vanno osservate le trenta tavole intenzionalmente poggiate su degli scaffali in un allestimento che vuole ricordare quello di un supermercato. Mercificazione di un’umanità minore – “unpeople” per dirla con George Orwell – ritratta sullo sfondo della linea orizzontale del mare Adriatico, ognuna con la sua etichetta a illustrarne le caratteristiche, dentro pantaloni troppo grandi anche per questi corpi di eroi-fanciulli che si ergono sulla riva, lì sul confine labile che separa le cose dall’orlo delle cose.
“Stavo ragionando sul tema delle eccellenze italiane” spiega Mustafa Sabbagh “e accanto alle tre F, Fashion – Food – Forniture esportate in tutto il mondo, ho pensato anche a una quarta rappresentativa del Fanciullo, quindi del Futuro. Non un lavoro sociale, perché non amo i lavori dichiaratamente sociali, mi interessava piuttosto che rimanesse il gesto artistico, gli adolescenti come portatori di un valore nuovo: la ricchezza della diversità.”
La risultante è la tessitura antropologica di un Paese e del suo Futuro, l’unico possibile: un Futuro di Integrazione. Un Paese fatto di italiani figli di italiani e di italiani figli di immigrati e di immigrati figli dell’Italia. Tutti indistintamente Made in Italy. Tutti indistintamente portatori del valore più proficuo: quello umano.
Davide Paludetto Arte Contemporanea – web site – Facebook – Instagram
Foto di Alberto Nidola