Si intitola “Four walls – one room” la personale che Loom Gallery di Milano dedica all’artista concettuale Peter Downsbrough (New Brunswick, N.J., 1940), prorogata fino al prossimo 30 aprile nella nuova sede di Via Lazzaretto 15.
Una riflessione sullo spazio che ne ribalta la percezione. In mostra, infatti, lo spazio dell’assenza inteso non come vuoto ma come momento estremamente creativo che apre la porosità dell’arte all’immaginazione, a linee che sono niente altro che indicatori di posizioni che fanno riferimento a un possibile luogo in cui le opere potrebbero essere collocate. In perfetto accordo con l’idea di arte concettuale – un’arte i cui materiali sono i concetti – che privilegia forme artistiche che non possono essere giudicate e comprese sulla base di creazioni manifeste e concrete, ma che si fondano su procedure e processi, sottraendo così importanza alle qualità formali e stilistiche delle opere.
Formatosi come architetto, divenuto poi scultore e fotografo, Peter Downsbrough crea interventi spaziali utilizzando un vocabolario visivo minimalista fatto di sole lettere e linee: lettere nere adesive per formare parole e nastri in tessuto per formare linee. Applicate alle pareti, esse interagiscono con l’architettura esistente, riconfigurano gli spazi e sovvertono la loro stessa logica convenzionale. This or that? Here or there? As, And, Then… come citano anche i suoi testi, sempre con lo stesso rigoroso font, pulito e lineare. A noi spetta la scelta di capire, o voler capire.
L’artista inizia la sua ricerca a New York agli inizi degli anni Sessanta e le sue Notes on Location da allora sono divenute storia. Dopo diversi anni di lavoro e di sperimentazioni sui materiali, tra cui cartone, legno, acciaio, piombo e tubi al neon, nel 1970 inizia la sua indagine con Two Pipes, Two Lines, Two Poles Dowels, riassunte nel suo primo libro d’artista Notes on Location (1972). Nello stesso periodo inizia a scattare fotografie da diverse angolazioni e distanze, riprendendo “tagli” che già esistono nel paesaggio urbano. Alla fine degli anni Settanta risalgono il primo lavoro audio, FROM, pubblicato come vinile nel 1982, e una serie di lavori realizzati con i dadi.
Nel 1980 proietta sulla Spectacolor Board di Times Square a New York uno spot di 30 secondi che appare una volta ogni ora e lo documenta in un cortometraggio dal titolo “7 come 11”. Negli stessi anni inizia a spedire cartoline con due linee che tagliano i paesaggi, completate successivamente dall’utilizzo di parole. Il lavoro con le maquette come mezzo per esplorare lo spazio e la struttura inizia intorno al 1983, mentre dalla fine degli anni ’80 iniziano le opere pubbliche su commissione e i Wall Pieces e i Room Pieces. A Rennes, nel 1990, realizza UNITE/ DE, LA, la sua prima opera pubblica su commissione.
Caratterizzate da una rigorosa elementarità geometrica e da un controllo accurato e analitico della procedura operativa, le linee di Downsbrough non hanno però la fredda e rigida impersonalità del minimalismo più tipico. Privilegiando il gioco dei vuoti e rifiutando non solo la moltiplicazione inarrestabile degli oggetti ma anche la confusione dei messaggi che ne consegue, esse si astengono da verità assolute e prevalenti. Ed é proprio facendo leva su questa situazione di incompiutezza che la mostra ci catapulta dentro l’affascinante universo dell’irrisolto e dell’asimmetrico dell’artista, decifrabile a seconda delle chiavi di lettura impiegate dall’osservatore e delle risonanze che egli è capace di produrre nel proprio animo.
PETER DOWNSBROUGH
FOUR WALLS – ONE ROOM
Loom Gallery, Milano Via Lazzaretto 15
11 Marzo – 30 Aprile 2021
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Credits:
Foto: Barbara Pigazzi
Abito: Rita Capuni