Merita davvero un approfondimento la mostra che RIBOT gallery dedica a Przemek Pyszczek (Bialystok, 1985), per la prima volta in Italia con la personale dal titolo “Interior Lives”. Nato in Polonia ma cresciuto in Canada, l’artista ha messo a punto un proprio riconoscibile linguaggio espressivo, con opere che si affrancano dalla consuetudine strettamente pittorica e scultorea e in cui sono evidenti i rimandi all’architettura, ma anche alla natura e al cosmo.
A partire dagli anni Duemila, Pyszczek fa frequenti incursioni nella sua terra natale alla scoperta dell’evoluzione post-sovietica che ha investito i paesaggi urbani. Territori lontani eppure vicini, che l’autore si appresta a ricostruire senza nessun afflato nostalgico, ma piuttosto con l’intento di dare sostanza ad un mondo mai vissuto. Egli trasforma lo spazio espositivo in un playground, potenzialmente sconfinato, dove l’immaginazione gioca un ruolo determinante per la sua stessa ricomposizione e in cui lo spettatore può dare vita al proprio alfabeto visuale. Emergono dalle tele incorniciate con strutture metalliche, che sovrappongono motivi geometrici al fondo dipinto ad acrilico, e dalle sculture a muro, gli elementi caratteristici delle città polacche: i colori sgargianti delle facciate degli edifici prefabbricati, le inferriate usualmente poste alle finestre, o le giostre variopinte dei tanti parchi giochi realizzati in serie negli anni di urbanizzazione, al fine di proporre spazi di aggregazione per i bambini.
Nei nuovi dipinti realizzati per l’occasione, l’astrattismo geometrico e l’impiego di unità primarie, elementi modulari standard organizzati in strutture aperte e sequenze seriali, cede il passo a una dimensione interiore (come suggerisce il titolo della mostra), a uno spazio illusionistico e onirico, che pare evocare una galassia celeste. A fare da contrappunto alla riduzione minimale delle forme c’è una certa sottile sensibilità lirica, appena percettibile ma autoreferenziale, che si traduce in linee dagli esiti inattesi e imprevedibili. Con quelle, Pyszczek crea una soglia, una sorta di varco verso l’ “altrove”, che assurge dal fondo dei suoi quadri come una finestra, o una porta, capace di fare luce sull’ignoto.
Non è solo la vivacità cromatica a coinvolgere il visitatore dentro questo spazio estetico-concettuale, ma anche la proposta di un duplice punto di vista: quello di un osservatore che guarda il mondo da un ideale appartamento standardizzato dell’era comunista e quello di colui che da fuori osserva e immagina la vita svolgersi tra le sue mura.
La mostra, visibile fino all’ 11 novembre, si compone anche di uno special project in dieci esemplari differenti. Piccole sculture autoportanti o da muro, che riprendono le soluzioni formali delle creazioni plastiche più grandi e che contribuiscono a popolare un paesaggio astratto individuale e collettivo allo stesso tempo.
Cover story: Przemek Pyszczek, Interior Lives, 2023, installation view @RIBOT. Photo courtesy Mattina Mognetti