Abbandona le consuetudini. Distorce lo sguardo. Forza le proporzioni. Riscrive ossessivamente e disperatamente il corpo, e con esso il suo ritmo. Ne potenzia risonanze e squilibri. Fa sprigionare dal gesto artistico il senso di un lirismo nuovo che, per il suo slancio o la sua ampiezza nell’aria, finisce per oltrepassare il lirismo della carne. Interrompe, infine, l’assoggettamento al linguaggio visivo dando il senso di una grammatica nuova e più profonda che si nasconde sotto i gesti e sotto i segni.
L’indagine di Roger Weiss non teme le fragilità e le imperfezioni del corpo. Guarda all’immagine femminile liberandola dalla nozione di stereotipo, di codice, di modello. Proiettandola nello spazio, con un’azione a tratti perturbante, quasi volesse risvegliare la sensibilità generale. Dà vita a forme altre, diversa bellezza, restituendo il senso di una creazione nuova. Come se, spezzando il soggetto in una moltitudine di frammenti, l’artista dapprima lo interiorizzasse e poi lo esternasse attraverso una reinterpretazione comprensiva del suo stesso nucleo di creatore, delle sue stesse particelle costitutive. Forse, un’epifania.
©Roger Weiss, hd070816_129ph human dilatations
Sono sempre stato attratto, fin da piccolo, dalla fisicità della donna. Qualcosa di irraggiungibile, una idealizzazione che mi porto ancora dietro e dentro. Accade poi, nella vita di un uomo prima ancora che in quella di un artista, di immettersi in una strada e percorrerla, dovendo in qualche modo fare i conti con sé stessi. Alla figura femminile mi sono avvicinato a tratti, è stato il primo approccio verso l’esterno avvenuto attraverso uno strumento meccanico: la macchina fotografica. Non amo molto la fotografia, ma è un mezzo fedele che si interpone tra me e l’altro. Una sorta di fil rouge, funzionale e necessario affinché io possa sentirmi libero di accorciare le distanze, seppur con una protezione.
©Roger Weiss, th150718_801ph_001-004 human dilatations, the hug
Scomporre, ricomporre, sperimentare. Creare linee nuove. Ogni opera vive in centinaia di fotogrammi assemblati insieme così da garantire che ogni immagine conservi una ricchezza di informazioni fotografiche che sarebbe altrimenti impossibile ottenere. Garantendo altresì all’autore la possibilità di creare distorsioni e prospettive accentuate, utilizzando una varietà di angoli di ripresa che spezzano in qualche modo la percezione automatica, l’automatismo dell’osservatore. Costringendolo a una rielaborazione che culmina nello stupore della scoperta, quasi un incantamento.
©Roger Weiss, mth170716_292ph human dilatations, monoliths
Indagare l’essenza femminile in una dimensione che vada oltre il ‘logos’, ecco la sfida. Per fare ciò ho guardato al Neolitico come punto di partenza. Il simbolismo della Dea e il mistero della vita, della morte e della rigenerazione. Un ciclo rappresentato da una grande varietà di simboli, sopravvissuti a millenni di tempo e presenti ancor prima delle religioni patriarcali. Analizzando le statuine (in osso, pietra o terracotta) risalenti all’età della pietra ho subito percepito la loro pura essenza e fragilità.
Trattando la questione da un punto di vista squisitamente narrativo val la pena menzionare il primo progetto I am Flesh: 35 figure femminili nude, per lo più amiche e conoscenti tutte relativamente giovani, colte con le mani dietro al corpo, alcune in punta di piedi, cristallizzate in una tensione plastica e drammatica insieme, in cui l’erotismo cede il passo a una sorta di crudezza primordiale. Direi crudeltà, alla maniera di Artaud, come “rigore, applicazione e decisione implacabile, determinazione irreversibile, assoluta. […] La creazione è un atto di necessità e, come tale, crudele.”
©Roger Weiss, hd130316_111ph l’origine du monde human dilatations
O ancora la serie Human Dilatations – un lavoro in divenire e composto dai capitoli: Human Dilatation, Monolith e The Hug – in cui le distorsioni corporee prevalgono su teste e volti che progressivamente si dissolvono senza lasciare traccia. Una mancanza di identificazione funzionale a che l’autore possa compiere la sua traslazione da un piano individuale a uno universale, riconoscendosi in questi corpi svuotati della loro identità.
Vado cercando il mio totem contemporaneo. Una figura-contenitore che possa accogliere la totalità delle nostre paure, dei nostri desideri, delle nostre fragilità, della nostra vita insomma. Superando confini, spezzando costruzioni e convenzioni, provo a conquistare una nuova libertà.
In tutto il lavoro di Weiss, polisemico e aperto all’interpretazione, è l’inverosimiglianza di questi corpi dalle proporzioni singolari a diventare elemento attivo e concreto di riflessione. Corpi anarchici, senza legge e senza norma, spogliati del vestito e del testo, che si manifestano in tutto il loro carnale appetito di vita.
©Roger Weiss, 006_mth020615_263ph - mth070816_194ph human dilatations, monoliths
©Roger Weiss, mth300516_198ph human dilatations, monoliths
©Roger Weiss, hd300413_38ph human dilatations
Cover story: ©Roger Weiss, hd080315_156ph human dilatations