Sachi, parola che nella lingua giapponese significa felicità, ha qui per radice il cuore di una donna e per esito le forme del legno. Una luce che scintilla in questo bozzolo di preziosa seta esistenziale, dove per prima viene la consapevolezza del valore umano di quello che si fa. Tra le fenditure del legno sensazioni dimenticate che si affacciano di nuovo limpide alla memoria, rimettendo in moto la ruota del tempo e della vita.
“Sono molto attratta dall’estetica giapponese, dalle sue forme squadrate e dritte, dalla simmetria. Mi piacciono le cose perfette ma nello stesso tempo quelle imperfette. Mi piacciono i difetti, i mobili rovinati, quelli rotti, mi piace dargli vita nuova. E’ la mia storia, mia di persona, provare a trasformare il dolore in qualcosa di positivo, cercando di mettere l’oro dentro le crepe per poi far uscire da quelle la bellezza, sachi appunto.”
Nata e cresciuta in un piccolo paese in provincia di Padova, Sara Bezzon è l’anima creativa di Sachì, lo studio di interior design, con annesso laboratorio e showroom, specializzato in restyling, laccatura e verniciatura di mobili e nella creazione di accessori di arredo.
Figlia di una madre di origini pugliesi “la classica donna meridionale, calda e accogliente” e di un padre “imprenditore che ha lavorato per lungo tempo in Brianza” Sara studia per diventare stilista di moda attratta dal mondo di Yohji Yamamoto e Rei Kawakubo, attratta dal nero insistente, dal taglio a vivo, dalle linee a uovo.
“Solo che poi non ho avuto il coraggio di trasferirmi a Milano per proseguire quel percorso che pure avevo intrapreso con successo. Sono rimasta qui, perché in fondo ho sempre amato fare le cose con le mani, fin da bambina, quando scendevo in laboratorio a giocare. Ho iniziato così, impastando, facendo piccoli lavori artistici, decori veneziani. A poco a poco, il minuscolo spazio che mi ero ricavata è diventato una stanza tutta mia e poi quella stanza è diventata doppia e poi tripla e poi ho invaso tutto il laboratorio di mio padre finché, quando lui ha deciso di ritirarsi dal lavoro, ha lasciato tutto in mano mia. Solo quando è mancato però, nel 2014, ho deciso di fare veramente quello che volevo io, di essere davvero me stessa. E allora ho demolito il fabbricato e realizzato qui, contro tutto e tutti, il mio sogno. Mi dicevano che era un errore, una follia dal punto di vista economico, eppure io lo volevo qui, non saprei neanche dire il perché. Forse perché sono proprio le cose inattese, quelle che non ti aspetteresti mai, ad essere le più belle. E adesso leggo nelle persone lo stesso stupore quando mi dicono: non pensavo che potesse esistere un posto come questo proprio qui.”
Poesia del legno, del suo mondo vivo e appassionato, inafferrabile e cangiante nella mani di Sara che lo sa spogliare e rivestire, gli sa dare voce nuova, un nuovo modo di rivivere che unisce la sua incredibile forza e l’altrettanto incredibile friabilità.
“Una parte del mio lavoro consiste nella mera esecuzione di quanto richiesto dal falegname o dal mobiliere, la parte più standard direi, perché si tratta di fare il restyling di singoli mobili come porte o sedie o elementi di arredo, secondo specifiche direttive. Ma c’è poi una parte che mi diverte tantissimo, perché molto più creativa, ed è l’interazione con il cliente privato. Quando mi chiede un consiglio, vuole un suggerimento, quando viene qui e mi osserva lavorare, mentre riporto il legno all’origine modellando la sua base viva e pulsante.”
Si mescolano l’ocra, il viola e l’ottanio in un gioco di cromie ben definite che rimandano ai colori della terra, ai suoi toni caldi, il rosso della Puglia, il verde spento degli ulivi. Tenui chiarori che ricordano il vento dell’autunno.
“Non è facile fare i colori perché si tratta di sentirli, serve una grande abilità per dosarli, per capire cosa mettere e quanto mettere e calibrare il tutto. A me riescono, quasi subito, credo proprio per il fatto di essere donna, per quella sensibilità speciale che noi abbiamo. Ci vuole forza ed energia ma nello stesso tempo precisione e delicatezza e qui ci sono tutte. Certo questo è un mondo a netta predominanza maschile e tanti uomini, specie all’inizio, quando venivano qui rimanevano sorpresi e il primo impulso era quello di andarsene convinti che noi donne non fossimo all’altezza. Ma si sono ricreduti subito quando mi hanno vista al lavoro.”
Va purtroppo perdendosi sempre di più l’istintiva capacità di tenere in vita le cose, capendo che vale la pena insistere, che esiste qualcosa di buono nelle fratture, che qualcosa sempre resta in quel luogo remoto dei ricordi che il legno conserva. E anche i segni strisciati sopra dal chiodo, se trattati con cura, possono perdere di consistenza e trasformarsi in qualcosa di bello.
“Quando studiavo moda dicevano che la mia bravura era nell’esecuzione, nel trasferire un’idea dall’astratto al concreto della sua realizzazione. Adesso, nel mio lavoro, direi che faccio la stessa cosa. Solo che vesto la materia, non più le persone, le costruisco un abito nuovo e non so se ci sia una definizione per questo. Artigiana? Decoratrice? Arredatrice? Una a cui semplicemente piace fare in maniera concreta le cose? Tutto questo direi e tutto in continua evoluzione.”
Desidero ringraziare per la cortese in intervista Sara Bezzon titolare di Sachì – Facebook – Instagram
Crediti:
Foto Barbara Pigazzi
Io indosso abiti Agata Della Torre e orecchini Elena Brasa