SELENE GIORGI, LA LINEA DI SEPARAZIONE

Nella linea fluida che separa l’arte dalla vita. Nella linea mobile, mutevole, che interseca le increspature del tessuto. Nei volumi scultorei, nella tridimensionalità, nello spazio vario e discontinuo. Si manifesta la bellezza, un messaggio poetico espresso con dinamismo plastico in forma di abito. Un’arte tanto più travagliata quanto più subisce il fascino della sfrontatezza della sua libertà.

“Il mio è un percorso iniziato circa dodici anni fa, per difendermi dalla sofferenza. Quando le scuole di design internazionali, di New York o Tokyo per esempio, portavano i loro alunni a conoscermi e io iniziavo a raccontare la mia storia ripetevo sempre di essere una autodidatta, una che aveva imparato da sola, senza l’aiuto di nessuno. Poi invece, con il tempo, ho capito che non è vero. Io ho avuto un grande maestro che credo sia il maestro di tutti, non solo il mio, ed è il dolore. Un maestro eccezionale perché ti costringe a cercare disperatamente rifugio dentro qualcosa che ti faccia stare bene. Allora io ho cominciato a muovere le mani, a creare senza sosta. Senza la fortuna di questo dolore il mio percorso non sarebbe mai stato possibile. Anche se il prezzo da pagare è stato, ed è tutt’ora, altissimo.”

Una laurea all’Accademia delle Belle Arti di Milano: “arrivata tardi e senza sapere disegnare, ma ugualmente hanno premiato, con 110 e lode, la mia creatività.” 

La decisione di occuparsi finalmente di sé stessa: “è stato dopo la laurea che ho detto basta, che ho iniziato a pensare a me, diventando la bambina che non mi era mai stato concesso di essere.” 

La perpetua ricerca della bellezza, tracce di cose esistenti che sapevano inconsciamente di dover riemergere dalla vastità della superficie del tutto: “amo la bellezza, ho bisogno di bellezza, perché ho sofferto troppo e ho visto troppi orrori nella mia vita.”

Una Milano nascosta e segreta, che si svela per piacere e non per dovere, e che incornicia la tensione creativa di abiti simili a opere: “il legno e il ferro, la contaminazione della materia, le mie cose vivono in queste atmosfere suggestive, in questi luoghi nei quali lavoro in solitudine.”

E una affezione perfino spasmodica per le proprie creazioni: “quasi fossero i bambini che non ho mai avuto, che non ho mai voluto e che adesso, paradossalmente, faccio fatica ad abbandonare.”

Elementi tutti che concorrono a definire il concetto di un vestire che si fonda sulla ricerca della natura dell’arte. E che elabora e sviscera tutte le sue implicazioni con segno e timbro propri, un approccio diretto che non nasce dallo schizzo e non necessariamente prende forma in un cartamodello ma plasma la seta, materiale d’elezione, in coreografie rarefatte e scenografie impalpabili.

“Invento il capo a manichino. Mi metto a manichino e lavoro. Diciamo che ho capacità di proporzione, moltissima manualità e sono velocissima. Capisco a priori quello che devo fare, credo sia un talento innato che non dipende da me. E poi la passione per il costruire, il creare, il fare. Anche se non lo sapevo, anche nel preparare la tavola quando ero la moglie, c’era sempre una cura, un amore per il dettaglio e per tutto. Di nuovo, per la bellezza.”

Avvolta nei metraggi di tessuto una donna intellettuale che non desidera apparire lei per sé stessa ma vuole fare emergere la sua personalità, esaltarla con la forza della sua rappresentazione. Una donna che ha carattere, capace scegliere anziché di subire le scelte altrui.

“La moda cos’è? Io non lo so, io la moda non la concepisco. Secondo me ogni donna dovrebbe trovare un proprio modo di essere, decidere da sé senza essere condizionata dai ritmi delle stagioni, dalle tendenze, dalle regole imposte dal marketing. Tutte cose che io non prendo nemmeno in considerazione. E’ una scelta di rinuncia economica la mia, ne sono consapevole, ma in ogni caso non potrei essere diversa da così. Quando parlano di me mi definiscono senza tempo, usano la parola stile anziché moda. E’ una linea di separazione netta tra i due concetti. E’ la linea di separazione mia.”

Desidero ringraziare per la cortese intervista Selene Giorgi – web site – Facebook – Instagram

Foto e video di Margherita Spatola

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