Ha recentemente inaugurato alla Galleria Raffaella Cortese di Milano la mostra di Simone Forti dal titolo On An Iron Post, celebrando così il ritorno in Italia di una delle figure di spicco a livello internazionale per lo sviluppo della performance contemporanea che fin dai primi anni Sessanta ha offerto nuova libertà al corpo insistendo sulla ribellione a ogni rigidità della postura e della sceneggiatura.
Artista, danzatrice, scrittrice, Simone Forti, nata in Italia da genitori di origine ebrea e trasferitasi nel 1938 insieme alla famiglia da Firenze a Los Angeles per sfuggire all’odio anti semita, espone in questa occasione una serie di lavori recenti e un trittico di video correlati che sono certamente il fulcro di questa personale come sottolineano le parole stesse dell’artista.
“Come centro di gravità della mostra On an Iron Post questi video presentano un coinvolgimento intimamente fisico con l’oceano, il fiume, il lago e con la sabbia, l’acqua e la neve. Ogni video si riferisce in qualche modo al mondo più ampio, con una massa di giornali, una bandiera astratta, e una piccola radio nera a manovella. Non è presente un messaggio previsto, ma piuttosto un invito a lasciare che il vostro corpo abbia le proprie idee e pensieri.”
Nei filmati l’esperienza cinestetica del corpo che si relaziona con l’ambiente e con gli oggetti sempre in qualche modo evocativi di un ricordo, come i giornali che il padre era solito leggere e che, dopo la sua morte, la figlia inizia a raccogliere. L’acqua li sottrae alla presa e le mani afflitte dal morbo di Parkinson cercano di riafferrarli. La fisicità entra in crisi, i muscoli iniziano a tremare, i movimenti si fanno repentini, a volte sgraziati, eppure drammaticamente reali come reale è la malattia che l’artista cerca di integrare nella propria vita e nella propria produzione artistica. La telecamera registra il corpo solitario che entra in contatto con il mondo esterno: la lotta, il tormento, la vulnerabilità che si scopre attraverso l’esperienza.
Allo stesso modo sulle sponde ghiacciate del lago Michigan, insieme all’acqua e alla neve, una vecchia radio cerca e non trova il segnale delle onde elettromagnetiche. Nella luce aspra, in cui pare non ci sia alcunché da nascondere, la figura femminile con le sue braccia ora tese ora cedevoli, sempre frementi, che finiscono per piegarsi sotto il peso della malattia, trafigge lo sguardo. “E’ come se il mio corpo mi dicesse che non vuole e non può stare fermo” dice Simone Forti riferendosi al morbo che l’ha colpita.
L’acqua diventa un universo esteso nel tempo e nello spazio, illimitato e privo di direzioni, dove la memoria si intreccia al presente e in cui si intessono trame soggettive. Quasi fosse un rito di purificazione l’artista si immerge nel lago, e con lei due bandiere che sfuggono ripetutamente alla stretta delle mani in una tensione continua che si dispiega in immagini struggenti davanti agli occhi dello spettatore.
Una vita costellata di collaborazioni artistiche importanti la sua: da Anna Halprin fino ad arrivare a musicisti quali Charlemagne Palestine e Peter Van Riper e poi ballerini del calibro di Steve Paxton e Yvonne Rainer insieme ai quali ha contribuito a innovare l’idea della danza e della performance art introducendovi i movimenti della vita di tutti i giorni.
La mostra presenta tra gli altri un video del 1986 in cui emerge in tutta la sua carica espressiva Simone Forti danzatrice, quella che aderendo al pensiero del Judson Dance Theatre ha sempre rifiutato ogni approccio coreografico, spettacolare o narrativo. Complice l’esperienza maturata durante il suo periodo romano, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, in cui la vicinanza allo zoo le ha permesso di osservare con attenzione i movimenti degli animali rivedendo in essi una sorta di danza utile a fare esperienza del mondo, prendono vita nelle immagini di questo lavoro tutte le riflessioni correlate: la sperimentazione del movimento, il concetto di limite, la gabbia costruita con i giornali, il recinto.
Immobili dinanzi a quelli che lei stessa definisce disegni meditativi – realizzati con la tecnica del frottage – o dinanzi all’opera Past Future – in forma di foglio tutto accartocciato – si ha come l’impressione della fluttuazione, dell’irruzione meglio, sulla superficie dell’arte di vere e proprie presenze che designano qualcosa che va ben oltre la percezione estetica. Qualcosa che è rimesso a una lettura per emozioni e sentimenti secondo criteri di discernimento personali affidati alla sensibilità che ognuno di noi possiede.
Simone Forti, On An Iron Post
Galleria Raffaella Cortese, Milano Via Stradella 7 – web site – Facebook – Instagram
fino al 22 novembre 2018 | martedì – sabato h. 10:00 – 13:00 / 15:00 – 19:30 e su appuntamento
Foto di Elisabetta Brian
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