Frammenti di stelle in forma di scultura. Polveri di colore che s’addensano, in un rimando continuo di pieni e di vuoti. Lacerti di natura. Ali di farfalla. Un invito a guardare ciò che ci circonda prima che l’oscurità l’inghiotta: “Prima che la notte cada”. La terza personale in galleria che Renata Fabbri dedica a Sophie Ko (Tbilisi, 1981) è un’ode all’impermanenza e alla transitorietà della vita. Come si legge in un brano tratto da I quaderni di Malte Laurids Brigge di Rainer Maria Rilke, che l’artista assume a testo guida del suo progetto espositivo:
Noi passiamo, così, e mi sembra che tutti siano
distratti e occupati e non prestino la giusta
attenzione al nostro passare. Come se cadesse una
stella e nessuno la vedesse e nessuno formulasse
per sé un desiderio
La mostra, visibile sino al 18 novembre, raccoglie una serie di inedite Geografie Temporali, lavori scultorei e fotografici che si confrontano con il tema del tempo in relazione con la materia, con la sua caducità e la sua forza di resistenza. Frutto di stratificazioni di pigmenti e ceneri contenute all’interno di gradi cornici geometriche, la produzione di Ko abita lo spazio modellabile della metamorfosi, che è anche spazio dell’attesa, quello che precede l’arrivo della notte, come recita il titolo dell’esposizione. Momento estremamente creativo che apre la porosità dell’opera allo sconosciuto e all’indefinito, conseguenza dei continui e impercettibili smottamenti della materia sottoposta alla forza di gravità. Come in un rituale di passaggio, l’artista accetta dentro lo stesso ambiente la coesistenza di frammenti divergenti e contemporanei, evitando che la forma si irrigidisca nella sua definizione più statica.
Al piano inferiore della galleria, collocate sul pavimento, tre sculture in bronzo realizzate con la tecnica della fusione a cera persa, accoppiando foglie a residui di corteccia e ottenute trasformando le prime in vele e i secondi in scafi. Le opere sono parte di un progetto installativo più ampio, pensato dall’artista per Parco Caprotti a Bergamo, nell’ambito della quindicesima edizione di Contemporary Locus, e fruibile dal pubblico fino al 5 novembre. Chiudono il percorso della mostra la rappresentazione di due mani, quella di un adulto e di un bambino, appoggiate sulla superficie di uno scanner. E l’incisione, che corre lungo le pareti della stanza, della citazione “Voleva che il ruscello fosse un fiume e il fiume un torrente e questa pozzanghera il mare” tratta dal libro Elogio dell’infanzia di Peter Handke.
Quello di Ko è un mondo onirico, affettivo e poetico. Allusivo invece che descrittivo, sentimentale invece che razionale. Aliena da descrizioni oggettivanti, la sua concezione estetica seduce perché conserva sempre una fragranza di mistero e imperscrutabilità, che accoglie lo spettatore in forma lieve, eppure intensa.
Cover story: Sophie Ko, Prima che la notte cada. Veduta della mostra presso Renata Fabbri, Milano, 2023. Foto: Mattia Mognetti