Una storia struggente e bellissima che si svolge in un’epoca molto cattiva e con poco cervello. Che potrebbe essere il 1943. Quando una domanda si fa strada dentro il buio di una soffitta in cui si nasconde un ebreo al tempo dei rastrellamenti da parte dei fascisti. Ma potrebbe essere oggi. Quando una stessa domanda si fa strada dentro il buio in cui ci nascondiamo un po’ tutti al tempo di una violenza che ci trova come anestetizzati. Una stessa, quella stessa domanda: cosa abbiamo fatto per arrivare fin qui, per arrivare a tutto quello che sta accadendo nel mondo?
Tratto dal romanzo di Nava Semel, la Compagnia Chrons3 porta sul palco del Teatro Libero di Milano la sua ultima fatica Testastorta, La Storia Inventata, uno spettacolo magistralmente diretto dal regista Manuel Renga e straordinariamente interpretato dalla coppia di attori Alessandro Lussiana e Valeria Perdonò. Una prova corale di indiscusso talento. Vera quando emerge, con tutta la forza della sua ironia, dalle pieghe del grottesco. Altrettanto vera quando emerge, con tutta la forza del suo tormento, dalle pieghe del dolore. Profonda: tanto nell’insensatezza dell’odio quanto nella naturalezza dell’amore.
In un tempo storico definito ma al tempo stesso indefinito che attinge ai fatti del passato per raccontare i sentimenti del presente. In un tempo che è Chrons, cifra poetica di una Compagnia da sempre attenta al contemporaneo.
“Quando parliamo di contemporaneità non ci riferiamo tanto alla data di scrittura dei testi. L’obiettivo della compagnia è quello di lavorare su drammaturgie nuove possibilmente, ma anche consolidate, che però in qualche modo parlino a noi oggi, adesso, nel 2016” mi dice Manuel Renga.
E continua “mi chiedo sempre cosa un testo abbia da dire e possa dire a noi oggi. Questa è la domanda da cui muove poi tutto il lavoro. Non significa non poter lavorare sui classici, significa approcciarli in maniera diversa, non il classico tanto per metterlo in scena. A maggio, per esempio, affronteremo gli Innamorati di Goldoni ma con l’obiettivo di capire e comunicare cosa può dire nell’epoca attuale un testo del genere.”
Testastorta è Tommaso, un bambino di 9 anni adottato da 2 donne, madre e figlia. Vive con Maddalena, giovane cantante lirica e Domenica, la vecchia e ruvida zia, in una grande cascina in Piemonte. Un testastorta a dire, nel gergo dialettale, uno che si inventa le storie, che vive di fantasie. Dal soffitto della sua camera dice infatti di sentire degli strani rumori e, nonostante sorella e zia adottive gli ripetano ossessivamente che si tratta solo di topi, inizia a ipotizzare l’esistenza di qualcosa o forse qualcuno che abita la soffitta della cascina. Magari una Principessa? Prigioniera proprio come “la Ida” di cui gli ha raccontato Maddalena? Tommaso decide di scriverle delle lettere e farle dei doni: si arrampica sulla grondaia, cala con una corda i pacchetti e, come per magia, ritirando la corda essi spariscono. La Principessa allora è davvero in soffitta! Tommaso deve liberarla, e ciò potrà accadere solo quando, nell’incalzare delle stagioni, arriverà la primavera e la festa del raccolto, e gli amanti lontani potranno riunirsi. E arriverà così anche l’inizio della fine.
Una regia liquida svela i personaggi nel corso della narrazione e li trasforma nel corso della costruzione dello spettacolo. Una regia che partendo dal tema della memoria e modellandosi lungo il flusso dei ricordi si fa potente e reale, partecipativa nelle svariate volte in cui dal testo vira all’io narrante che interagisce con il pubblico, e domanda e fa confidenze.
“Ho cercato di affrontare questa storia dal punto di vista del ricordo, ambientandola nella soffitta dove Salomone, il padre di Tommaso, è rinchiuso per tutto il tempo. Da lì, dalla soffitta, i ricordi vengono svelati e i 2 attori giocano a interpretare e a far rivivere tutti i personaggi della storia. Che cambiano e si trasformano proprio davanti agli occhi del pubblico.”
Una scenografia mutevole anch’essa, fatta di pochi antichi oggetti che si trasformano e si modellano, e trasformano e modellano a loro volta gli spazi della recitazione adattandosi alle esigenze narrative.
“L’adattamento teatrale di questo testo è stato curato da Tobia Rossi. Siamo una coppia sintonica e consolidata dal punto di vista lavorativo. Quello che interessa a entrambi è la storia. Tutto quello che è performativo, e che in molti casi rimane un atto artistico ed estetico fine a sé stesso, ci è lontano. Un teatro popolare il nostro, con la P maiuscola. Che sfrutta e utilizza tutti i linguaggi contemporanei per raccontare delle storie, per raccontare qualcosa che resti dentro. Qualcosa che rimanga nel sangue del pubblico.”
In un’epoca molto cattiva e con poco cervello. Che potrebbe essere il 1943. Ma potrebbe essere oggi. Una stessa domanda si fa strada dentro il buio: cosa abbiamo fatto per arrivare fin qui? La stessa domanda, ora come allora. E rimane nel sangue. Di una sera d’inverno. Di un gennaio. 2016.
Desidero ringraziare per la cortese intervista il regista Manuel Renga a Teatro Libero di Milano con Testastorta, La Storia Inventata fino al 31 gennaio 2016. Tratto dal romanzo Testastorta di Nava Semel edizioni Belforte Salomone & C. Drammaturgia Tobia Rossi, regia Manuel Renga, con Alessandro Lussiana e Valeria Perdonò, scene Marina Conti e Stefano Zullo, costumi Nicole Leonardi, assistente alla regia Ian Bertolini, produzione Chronos3.
Foto di Ian Bertolini