Sebbene ci venga impressa nella mente la convinzione che tutto debba scorrere veloce, che così debba essere il fluire della vita e delle cose, mi affascina questa totale occupazione del tempo e dello spazio che è, in Elle Venturini, priva di tracotanza. Anzi, è lei stessa a porgere con discrezione l’esperienza di una vita, in un’opera che complessivamente deve essere rapportata alla sua persona. Perché, quando non veste sé stessa, Elle veste le sue esperienze e le sue riflessioni, la sua memoria, quella di chi ha appreso l’alfabeto e i numeri di un certo modo di abbigliarsi e da certe finezze, diventate oramai strutturali, non può più separarsi.
C’è un tempo fuori dal tempo in cui è necessario sostare, noi e l’abito. Un tempo intagliato nelle pieghe delle gonne, nei groppi delle maglie, nel groviglio della stoffa che qui, in queste immagini, mi copre fuori e mi scopre dentro.
Un tempo in cui gli oggetti muti di Anna Zullian svelano il nocciolo primordiale della materia, il radicamento a luoghi conosciuti, ora aspri e duri, ora arrotondati e gentili.
Un tempo in cui anche il movimento è come cristallizzato dentro l’aria nera, specchiante, che precede la tempesta. O dentro i raggi bianchi che si incrociano, la vera luce delle cose catturata dalla fotografia di Matteo Guariso.
Quanto a me, rivedo in queste immagini il bandolo di un’arte che saetta dentro e fuori regole e confini. Rivedo nel suo ultimo fondo di pietra la moda. Nel flusso di istanze subitanee, una poesia orfana del tempo.
…al chiaro e al buio, soste ancora umane
se tu a intrecciarle col tuo refe insisti.
(Montale, Mottetti)
Foto, Matteo Guariso
Abiti, Elle Venturini Collezione 2033 – work in progress
Gioielli, Anna Zullian
Stylist, Daniele Tomasin