UN-NAMABLE, ELOGIO DELL’IMPERFEZIONE

Un vocabolario di concetti articolato in un vero e proprio sistema, un impegno a ri-definire che nella revisione del linguaggio e nello svelamento di nuove istanze iscrive il progetto di critica dell’esistente. E impone di leggere da prospettiva altra il senso dominante delle parole per apportare nuove posizioni nel mondo dei significati.

“La mia è una donna che vuole certamente essere femminile, ma cerca una femminilità al di fuori di quelli che sono i canoni tradizionali. Non ama esporsi, non ama i colori troppo accesi, è più votata a un ideale di bellezza interiore che esteriore. Una donna che sposa un concetto estetico diverso, lontano dai cliché di questi anni di consumismo e stereotipi. Abiti dalla forte personalità per una collezione che è quasi un elogio dell’imperfezione, caratteristica che a noi piace molto.”

Originaria di Carpi, in provincia di Modena, luogo in cui ha sempre respirato l’aria della moda, una laurea in Economia e Commercio e un lungo trascorso professionale nell’azienda Max Mara, Patrizia Pierigè è la fondatrice e mente creativa del brand Un-namable.   

“Max Mara è stata la mia grande palestra perché mi ha dato una impostazione e una struttura. Ma pur amando tantissimo quell’azienda e il prodotto che faceva ho sempre avuto un gusto un po’ più alternativo, meno convenzionale forse. E allora 5 anni fa mi sono voluta togliere la soddisfazione di fare una cosa veramente mia, che mi rispecchiasse totalmente. E sono partita con questa avventura.”

Un progetto che ha immediatamente riscosso interesse, selezionato fin da subito per manifestazioni come il White a Milano e il TRANOÏ a Parigi. Che cresce in modo incrementale di stagione in stagione tanto da essere distribuito in realtà importanti e di nicchia sia in Italia che all’estero. Un progetto che non prescinde dall’attenzione per il fare artigianale, per una manualità alla quale corrisponde anche, sul piano della fruizione, una piacevole sollecitazione sensoriale.

“Qualcosa che è del tutto artigianale. Io metto insieme la collezione con il grande aiuto di alcune risorse di Carpi che fanno proprio parte dell’eccellenza dell’artigianato italiano. Persone che hanno una manualità e una abilità nel lavorare, nel cucire, nel realizzare le stampe che è encomiabile. Senza di loro tutto questo non esisterebbe.”

Ogni teoria a suo modo rivoluzionaria ha dovuto inventare le proprie parole. Ecco perché in questo contesto anche l’imperfezione diventa interessante, perché diventa un originale svuotato di senso che fa dell’abito il campo del suo esercizio e gliene fornisce gli strumenti. Atmosfere, colori, scorci, toni e architetture della sovrapposizione per una de-costruzione sia della struttura che della materia cui fa eco una de-costruzione del linguaggio.

“Questo tessuto che pare un jeans é in realtà un lino e in origine nasce perfetto, liscio e uniforme. Siamo noi a sottoporlo a trattamenti speciali per far uscire quella che è la sua imperfezione, questi fili grossi per esempio, in evidenza, assolutamente imperfetti. E’ un po’ questo il concept intorno al quale è stata costruita la collezione SS/17, con la volontà di trovare il bello anche in qualcosa che non è necessariamente perfetto.”

Il rifiuto per la cornice, per il framework e qualsiasi altra forma di sottolineatura del fatto estetico, diventa un punto di intersezione tra la vita e la moda in cui entrambe subiscono contemporaneamente una metamorfosi decisiva. Frutto di una inquietudine creativa che diventa alternativa nomade e spinge ad abbandonare i rituali collettivi per farsi appunto un-namable, non definibile, nemmeno etichettabile. Come è giusto che sia ogni laboratorio sperimentale, ogni territorio di elaborazione anche critica.

Desidero ringraziare per questa nostra conversazione Patrizia Pierigè fondatrice di Un-namable www.un-namable.itFacebookInstagram

Foto di copertina di Elisabetta Brian

Tutti gli abiti fanno parte della collezione Un-namable SS/17

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