VALENTINA TAMBORRA, SKREI-IL VIAGGIO

Inaugura il prossimo 3 novembre 2020, presso Fondazione Stelline di Milano, la mostra di Valentina Tamborra “Skrei – Il Viaggio”, a cura di Roberto Mutti, organizzata e promossa in collaborazione con Norwegian Seafood Council e con Tørrfisk fra Lofoten AS.

Nata a Milano nel 1983, Valentina Tamborra si occupa principalmente di reportage e ritratto e nel suo lavoro ama mescolare la narrazione all’immagine. I suoi progetti sono stati oggetto di mostre a Milano, Roma e Napoli. Nell’Aprile 2018, in occasione del Photofestival di Milano, vince il Premio AIF Nuova Fotografia. Docente di fotografia presso Istituto Italiano di Fotografia, a Milano, ha realizzato e realizza workshop e speech in alcuni fra i più prestigiosi istituti italiani, quali Naba e IED.

I 50 scatti fotografici oggetto di questa personale, alcuni di grandi dimensioni, vertono tutti sul tema del viaggio: tema d’elezione della fotografa milanese che da tempo concentra la sua ricerca sull’Artico. Dell’imminente mostra, del catalogo che l’accompagnerà, di questa lunga avventura e molto altro abbiamo parlato in questa intervista.

Valentina Tamborra, Skrei-Il viaggio

Francesca Interlenghi: Ci eravamo incontrate più di due anni fa in occasione del progetto fotografico “Nient’altro che finzioni” realizzato insieme all’attrice Federica Fracassi: un viaggio immaginario sulle tracce di Ibsen attraverso i luoghi più suggestivi della Norvegia. Poi so che hai fatto un altro lavoro alle isole Svalbard, il posto più a nord stabilmente abitato del mondo, a 1000 km dal Circolo Polare Artico, e adesso ti ritrovo alle isole Lofoten anzi a Røst, l’ultima delle isole. Come sei arrivata ai confini del mondo?

Valentina Tamborra: Tu sai che ho lavorato a lungo sull’Artico e oggi è questo il mio filone. Succede che per caso scopro che una delle nostre eccellenze italiane, il baccalà alla vicentina, deriva da un naufragio, quello di un navigante veneziano, tale Pietro Querini, che partito alla volta delle Fiandre con una nave con a bordo 68 uomini arriva a toccare le coste delle allora sconosciute isole Lofoten insieme a 10 uomini sopravvissuti del suo equipaggio. Lì stanno un mese senza cibo, nella notte artica, e vengono salvati da alcuni pescatori dell’isola di Røst che pur non conoscendo la lingua e nulla di loro, capiscono che hanno bisogno di aiuto. Li accolgono e li ospitano per tre mesi  e quando li rimandano in patria caricano sulla nave sessanta stoccafissi. Ecco come arriva a Venezia questo pesce che l’Italia ha trasformato in un’eccellenza. Sono partita da qui e mi son detta: ma questa è una storia meravigliosa!

Valentina Tamborra, Skrei-Il viaggio

Francesca: In effetti conosciamo tutti il baccalà alla vicentina ma forse in pochissimi conoscono la storia che si cela dietro questo piatto della tradizione veneta. Curioso…

Valentina: Proprio per questo sono andata alla ricerca dei documenti e ho scoperto che Pietro Querini, nel 1430, aveva scritto un diario oggi custodito nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Sono riuscita ad accedervi, grazie all’aiuto di Maurizio Tuccio della società PIQL, e ti assicuro è stata un’esperienza indimenticabile: quando si aprono quelle porte e ti compare davanti agli occhi tutto il sapere dell’umanità l’emozione è indescrivibile. Ho consultato il manoscritto di Querini ma, non contenta, mi sono messa sulle tracce di altre testimonianze e sono finita alla Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia. Lì ho trovato altri due diari di bordo, quelli di due marinai sopravvissuti che raccontavano la loro esperienza: la sofferenza, la paura della morte, raccontavano di chi era morto in mare e di chi era morto bevendo l’acqua del mare. Così mi sono convinta che questa era ancor di più una storia da raccontare perché non è la storia di un pesce ma è la storia di un viaggio, di una migrazione, dell’incontro tra uomini che pur non conoscendosi e non parlando la stessa lingua capiscono che c’è bisogno di aiuto. Quindi una storia che tocca temi a me carissimi, per tutta la parte di reportage sociale che faccio.

Valentina Tamborra, Skrei-Il viaggio

Francesca: Ma Venezia è importante anche per un altro motivo: pochi sanno che il mercato ittico di Rialto si erge proprio sulle rovine di Casa Querina. 

Valentina: Esatto e proprio al mercato ho scoperto altri uomini che sono in qualche modo collegati a questa storia. Ho lavorato di notte con i pescivendoli, mi sono alzata con loro, sono andata a vederli  scaricare le barche, li ho fotografati. E quindi ho fatto questo lungo lavoro umano, mi viene da dire, che si è sviluppato tra Roma, Venezia e le isole Lofoten per poi tornare in Italia ad aprile, in pieno lockdown. Sballottata da una parte all’altra dell’Europa, non riuscivo più a rientrare a casa. Una sorta di naufragio anche il mio, molto simile al viaggio di Querini ho pensato.

Francesca: Veniamo al titolo della mostra. Skrei è il nome di un particolare tipo di merluzzo che compie ogni anno una vera e propria migrazione dal mare di Barents verso le acque più calde della costa settentrionale norvegese al fine di riprodursi. Ma è anche metafora del viaggio, quello dell’Uomo e di tutta la sua vicenda: la vita.

Valentina: Il termine skrei è di derivazione vichinga e significa viaggiare, migrare, muoversi verso. Mi è parsa una cosa bellissima poter raccontare, attraverso il viaggio di un pesce, un viaggio tra mondi, tra epoche, tra cose umane. Raccontare anche il rapporto tra l’uomo e il mare e il grande rispetto che c’è da parte di questi pescatori per il mare. Una sfida sana, piena di amore, non esiste odio o cattiveria e men che meno violenza. L’uomo testa il mare perché il mare è il suo nutrimento, ma ne vede anche l’immensa bellezza, tutta la sua poesia.

Valentina Tamborra, Skrei-Il viaggio

Francesca: Impossibile, ascoltandoti, non rievocare i temi e le atmosfere di Hemingway ne ‘Il vecchio e il mare’: la potenza della natura, il coraggio dell’uomo, la sua determinazione anche e la morte, sempre incombente.

Valentina: Sono tutti pescatori a Røst, anche chi non lo è. I bambini quando non vanno a scuola aiutano i pescatori e anche le donne adesso si dedicano alla pesca. Le persone che vivono qui sono felici in un modo semplice. Certo si va per mare, si pesca e la pesca non è gentile. I merluzzi sono pesci enormi e la gente non ha bene la percezione delle loro dimensioni. Tirarli a bordo della barca e pulirli è un lavoro duro, veramente duro. Ma per me valeva la pena raccontarlo perché ci sono molti mondi che si reggono ancora così, su quei ritmi quasi ancestrali che non sono più i nostri. Innanzitutto se bisogna uscire a pescare, in tutte le isole Lofoten, si esce a pescare, indipendentemente dal fatto che piova o ci sia vento teso. Poi, tutto quello che si deve fare, tutto il resto intendo, lo decide l’Artico. La più diffusa tra le attività artiche è infatti l’attesa. Cosa di cui noi non siamo più capaci. Ecco che, in questo contesto, anche i miei reportage sono in balia delle decisioni dell’Artico, diventano qualcosa che io non posso controllare fino in fondo.

Valentina Tamborra, Skrei-Il viaggio

Francesca: La mostra sarà inoltre accompagnata dal catalogo edito da Silvana Editoriale. Mi racconti come è nata e si è sviluppata l’idea del libro?

Valentina: Ce l’ho da sempre questa inclinazione a scrivere, una cosa dalla quale non voglio prescindere. E’ un libro fotografico, certo, ma i testi sono importanti. Non riesco a  pensare che fotografia e scrittura non possano stare insieme, io credo invece che l’una possa amplificare l’altra, senza che una delle due debba necessariamente predominare. Quindi è un libro pieno di immagini ma anche di storie sicché foto, parole, uomini, paesaggi e perfino racconti mitologici concorrono tutti insieme a dare la percezione della dimensione umana.

Valentina Tamborra, Skrei-Il viaggio

Francesca: Passano gli anni e sento che più ti allontani, più vai verso l’estremità del mondo, più ti avvicini. Forse, penso io che non ci sono mai stata, l’Artico è un posto e tutti i posti insieme. 

Valentina: Lungi dallo spaventare o dall’essere pieno di desolazione, a me l’Artico mette pace. E’ il luogo più vicino a Dio, se uno crede a Dio, o comunque all’essenziale. Ed è il punto di scomparsa, il punto in cui si può scomparire senza lasciare traccia. Gli Iperborei, che secondo la mitologia greca lì vivevano, a nord del vento del nord, erano dei semidei che non conoscevano la guerra ed erano sempre felici. Erano immortali, ma se si stancavano della loro immortalità potevano gettarsi in mare con ghirlande di fiori tra i capelli. E non parlavano del buio bensì della luce, dicevano di vivere nel luogo in cui il sole si mostra per sei mesi. Ecco, io qui mi sento a casa.

SKREI – IL VIAGGIO

Valentina Tamborra

Milano, Fondazione Stelline | 3-22 novembre 2020

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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