La doppia personale ‘visual HAIKU|OLIVETTI poems’ di Francesco Thérèse e Hiromi Suzuki, in scena a Roma fino al prossimo 30 settembre, è una suggestiva conversazione che si articola in un rapporto di vicendevole scambio e mutua reciprocità tra i visual HAIKU di Thérèse e le parole scritte con l’italiana OLIVETTI nei poems di Suzuki. Una dualità dinamica creatrice di rapporti estetici nuovi e stimolanti. In questa commistione di versi poetici e immagini in movimento, il progetto espositivo assume la connotazione di un’esperienza sensuale che si spinge oltre la capacità della vista e parla direttamente ai cinque sensi.
La mostra, realizzata con il Patrocinio dell’Istituto Giapponese di Cultura-Japan Foundation, il sostegno del Teatro Brancaccio e Fineco Center, si avvale della curatela di Sveva Manfredi Zavaglia e Azzurra Immediato, che ne ha redatto il testo critico. E seguendo il filo della dualità, si sviluppa in due sedi differenti: la prima all’interno del parco del Teatro Brancaccio e la seconda, a partire dal 14 settembre 2021, al Fineco Center (in via Tiburtina 352d Roma).
Hiromi Suzuki, visual HAIKU|OLIVETTI poems, Installation view, Roma, 2021
Linguaggi diversi eppure inclusivi allargano il punto di vista sulla contemporaneità restituendone una lettura interpretativa creativa. L’arte visuale di Francesco Thérèse – artista romano che lavora tra cinema sperimentale e video arte e che qui presenta le sue opere in un percorso creato in modalità site specific – incontra il lirismo di Hiromi Suzuki – poetessa, sceneggiatrice e artista con base a Tokyo. In questo viaggio di comunanza, entrambi incontrano il fascino del linguaggio segreto della natura del giardino di Palazzo Brancaccio, che evocando sottilmente i giardini zen sembra creare, nel centro di Roma, un ponte con il Giappone e i suoi stilemi estetici. Assonanza e risonanza tra uomo e natura, il senso del trascorrere delle stagioni con la partecipazione diretta e fisica dell’uomo alle loro variazioni e un’architettura appositamente concepita per sottolineare questa comunione, finiscono per sottolineare l’aspetto transeunte della realtà e la mutevolezza di quanto circonda i protagonisti.
Francesco Thérèse, visual HAIKU|OLIVETTI poems, Installation view, Roma, 2021
Molto probabilmente, scrive Suzuki in “Zen and Japanese Culture”, l’elemento più caratteristico del temperamento degli orientali sta nell’abilità di afferrare la vita dal di dentro e non da di fuori e lo zen si è centrato proprio su questo aspetto. E dal di dentro, da dentro l’arte, “Oriente ed Occidente si incontrano mescolandosi, pur mantenendo forti le personali composite ramificazioni” scrive Azzurra Immediato, che nel suo testo critico presenta la mostra come “una sorta di nuova dimensione, evocativa ed effimera, palco di una immaginifica meta realtà che si tradurrà in una sorta di piccolo sogno di una notte di… fine estate.”
Francesco Thérèse, visual HAIKU|OLIVETTI poems, Installation view, Roma, 2021
Negli haiku, i brevissimi componimenti poetici di diciassette sillabe, dimora la bellezza della semplicità trasparente ed essenziale che si oppone all’ostentazione e alla ridondanza.
“Un haiku: 3 righe composte da 5 sillabe, 7 sillabe, 5 sillabe. Dentro questa struttura si muove una poesia calma e concisa. Si muove un’emozione. I miei visual Haiku” – afferma Francesco Thérèse – “nascono dal desiderio di declinare questa forma poetica attraverso il linguaggio della video art. Mantenendo le sue proporzioni e riconducendo la portata delle clip alla somma di 5+7+5, i miei lavori ricercano un dialogo prettamente emotivo con lo spettatore, attraverso la selezione di immagini evocative e la manipolazione dei suoni.”
Francesco Thérèse, visual HAIKU, still frame da video, Untitled #22
“Due anni fa mi è capitato di imbattermi in una macchina da scrivere in un rigattiere di quartiere” – racconta la poetessa giapponese Hiromi Suzuki – “era una Olivetti dei primi anni ’80. A differenza dei computer, i tasti della macchina da scrivere emettono suoni e danno così vita ad un ritmo. Mi sono seduta davanti alla Olivetti e ho iniziato a battere sui tasti. Ogni suono mi ha portato al successivo. Le mie poesie da macchina da scrivere sono una specie di haiku. Scrivo le poesie lasciandomi trasportare dal flusso del tempo e di quello che vedo nella mia quotidianità.”
Hiromi Suzuki, OLIVETTI poems, Virtual Water
Cover story: Hiromi Suzuki, visual HAIKU|OLIVETTI poems, Installation view, Roma, 2021
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visual HAIKU|OLIVETTI poems
doppia personale di Francesco Thérèse & Hiromi Suzuki
Con il patrocinio dell’Istituto Giapponese di Cultura in Roma – Japan Foundation
A cura di Sveva Manfredi Zavaglia
Testo critico di Azzurra Immediato
Roma, 8 – 30 Settembre 2021 Installazioni nel Parco del Teatro Brancaccio e Fineco Center